Tra i maggiori esponenti delle neo-avanguardie artistiche della fine dei '60 e '70, Buren indaga i rapporti fra l'opera d'arte, il luogo in cui prende corpo e lo spettatore, valendosi di uno strumento visivo invariabile: l'alternanza di strisce verticali bianche e colorate di 8,7 cm.
Il lavoro di Buren a Basilea, è una grande arena rossa, di forma quadrata e delimitata dalle stesse transenne che furono usate tra il 1985 e il 1986 al Palais Royal, durante la costruzione di Les Deux Plateaux, una delle opere più conosciute dell'artista. Essa consiste in una serie di colonne poligonali a strisce bianche e nere, poste all'interno del cortile del noto monumento parigino. Durante i lavori, chi attraversava Palais Royal poteva osservare il cantiere che fu transennato con lastre di compensato poco più alte di un metro, e partecipare così al dibattito su come l'arte contemporanea si potesse integrare con quella antica, incidendo o scarabocchiando delle frasi sul lato esterno della staccionata. Quelle lastre, coperte di scritte all'esterno e contraddistinte dalle strisce bicolore all'interno, vennero usate due anni più tardi a Le Magazin, dove l'artista creò un percorso che riprodusse quello di Palais Royal, poi in Galleria Continua nel 2010 e infine qui a Basilea, dove un recinto in compensato separa il pubblico da uno spazio quadrato colore "red carpet".
Trentaquattrenne, Hüner si forma a Brera e vive ad Amsterdam, ospite del Rijksakademie van Beeldende Kunsten. Ad Art Basel ha presentato Quixotic, il cui termine tratto da Don Quijote mette in relazione gli atti "inutilmente eroici del protagonista del romanzo di Cervantes con le utopie del Novecento". A dimostrazione della tesi secondo la quale "le utopie di massa sono modelli che non hanno mai funzionato" Hüner espone, esibito su un piedistallo costruttivista, il modello della torre dell'acqua di Fordlândia, invaso da forme scultoree colorate e zoomorfe. Accanto a essa, una scultura in ceramica rappresenta un grande nido di insetti che è la copia fedele di quelli che invasero, dopo il suo abbandono, la "Crespi d'Adda" imposta da Ford nella foresta amazzonica. Fordlândia diventa così simbolo del fallimento di un'utopia importata a dispetto dell'antropologia, della geografia e, in ultima analisi, della natura stessa contro la quale s'infransero il taylorismo e la visione del grande industriale americano.
Il fallimento delle utopie, a Occidente come a Oriente, il rapporto con lo spazio pubblico tra i temi delle opere viste a Basilea
Non meno raffinata e altrettanto intima e poetica è "Kreppa Babies, 2010" la videoinstallazione con la quale i Masbedo, attraverso cinque schermi, documentano la storia della società islandese. Ritratti dal duo torinese come una sorta di "grande famiglia", gli islandesi hanno vissuto in modo traumatico i recenti disordini e i conseguenti scontri con la polizia, sintomo dell'improvviso malessere sociale e conseguenza immediata della crisi economica. I Masbedo, che hanno vissuto nell'isola a cavallo della crisi, esplorano con la telecamera come gli antichi valori della cultura islandese, legata alla terra e a un remoto paganesimo, lasciarono via via il posto a valori più effimeri di matrice 'occidentale', nel contesto di un benessere raggiunto forse troppo velocemente all'inizio del Novecento. Il film, il cui titolo significa appunto "I bambini della crisi", termina con un lungo piano sequenza su uno di loro. Una bambina. Il suo sguardo è illuminato dalla stessa luce di una di quelle torce usate dalla polizia durante gli scontri ed esprime un silenzioso grido di aiuto che attraverso occhi spalancati sul nulla, si espande ben oltre la storia e i confini dell'Islanda.
Pierfrancesco Cravel
