Strettamente connesse alla vita quotidiana, attraversando su scala globale le storie dei prodotti che consumiamo, dei telefoni che usiamo, delle strade che percorriamo, le infrastrutture sono sia una “cosa” tangibile – la rete ferroviaria, le falde acquifere – sia la relazione tra cose diverse tra loro. Dei flussi, degli scambi e delle strutture di supporto che modellano la nostra quotidianità si occupa “The Geopolitics of Infrastructure. Contemporary Perspectives”, mostra collettiva ospitata al M HKA di Anversa, (fino al 21 settembre). Un percorso articolato, allestito dallo Studio Para tra superfici inclinate che lasciano respirare le opere – documentari sperimentali, dipinti e ologrammi – di tredici artisti, provenienti da Belgio, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Georgia, Indonesia, Paesi Bassi, Pakistan, Palestina e Turchia.
Le infrastrutture sono geopolitica, anche quando sono invisibili: ce lo racconta una mostra ad Anversa
Paesaggi acquatici, Nuova Via della Seta, satelliti abbandonati: “The Geopolitics of Infrastructure. Contemporary Perspectives” riunisce al M Hka le ricerche di artisti da Asia, Africa ed Europa sul valore delle infrastrutture nella forma del mondo che abitiamo.
Courtesy l'artista
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Photo: We Document Art
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- Lorenza Pignatti
- 06 settembre 2025
Quali forme possono assumere le infrastrutture, quali storie di infrastrutture possono essere rese visibili? Che siano pubblici, privati o una combinazione di entrambi, i progetti infrastrutturali infatti sono simboli di modernizzazione, influenza e potere tra partner internazionali. Tale complessità li rende visibili e invisibili, concreti e astratti, delineano scambi diplomatici, cooperazioni strategiche, e talvolta, tensioni. Un esempio emblematico è la Belt and Road Initiative promossa dalla Cina: un ambizioso piano infrastrutturale che rilegge in chiave contemporanea l’antica Via della Seta, con forti implicazioni economiche e geopolitiche.
La videoinstallazione di Shahana Rajani intitolata Four Acts of Recovery si immerge con un poetico documentario negli interventi di ingegneria dei paesaggi acquatici, iniziati alla fine del XIX secolo nell’India coloniale, che hanno portato a un grande squilibrio ambientale in Pakistan. Vediamo una famiglia di pescatori disegnare una mappa su un grande murale dipinto a Ibrahim Hyderi nel distretto di Karachi, dove vivono molte comunità di pescatori sfollate dal delta del fiume Indo, a causa del collasso ambientale provocato dalle infrastrutture idriche.
A differenza dell’approccio coloniale, secondo cui le mappe delimitano confini e territori, la pratica comunitaria di dipingere paesaggi è un rituale sacro che si basa sull’antica tradizione islamica del disegno di talismani: ed ecco che, oltre al video, – la ricerca compiuta da Rajani con l’associazione Karachi LaJamia, da lei co-diretta per proteggere gli ecosistemi acquatici – sono esposti alcuni dipinti di paesaggi costieri.
Le infrastrutture sono strettamente connesse alla vita quotidiana, attraversando su scala globale le storie dei prodotti che consumiamo, dei telefoni che usiamo, delle strade che percorriamo.
Altrettanto attenta alle conseguenze delle infrastrutture è l’artista e filmmaker georgiana Tekla Aslanishvili. Il suo film-saggio A State in a State ripercorre la non ultimata costruzione della rete ferroviaria Baku-Tbilisi-Kars, pensata per collegare Europa e Asia, parte del Middle Corridor della Nuova Via della Seta. Le infrastrutture ferroviarie, ideate per unire territori, merci e persone, possono essere strumenti di esclusione, come accade per questo progetto, ideato per unire Azerbaigian, Georgia e Turchia, emarginando l’Armenia.
Nonostante ciò i lavoratori e gli abitanti dei diversi paesi attraversati dall’incompiuta rete di trasporto riescono a creare azioni solidali oltre i confini nazionali. I film di Shahana Rajani e Tekla Aslanishvili sono co-prodotti dalla Han Nefkens Foundation di Barcellona, che da diversi decenni sostiene la produzione audiovisuale di artisti residenti in Asia.
Anche il turco Köken Ergun riflette sulle dinamiche geopolitiche legate alla Belt and Road Initiative cinese, con una serie di dipinti riguardanti l’accordo firmato dal Nepal con la Cina nel 2017 per costruire la diga idroelettrica Tamor, la ferrovia Kerung-Kathmandu e l’impianto idroelettrico semi-sotterraneo Phukot Karnali. I dipinti mettono in luce sia gli aspetti positivi, sia le potenziali criticità legate all’impatto umano e ambientale. Oltre ai dipinti, due brevi video immaginano come i progetti possano influenzare il futuro del Nepal nei rapporti con i suoi due grandi vicini: Cina e India.
È sulle rotte della Via della Seta Marittima che si snoda invece il film d’animazione China, Beijing, I Love You!, sempre di Ergun, insieme a Fetra Danu. La Via, che si dirama dall’isola di Sulawesi, in Indonesia – dove viene estratto il nichel – attraversa lo Stretto di Malacca e diversi porti dell’Oceano Indiano, dove transita anche il cobalto proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo, fino a raggiungere l’Europa, attraverso il Canale di Suez. I protagonisti del film sono Nickel Dust e Cobalt Dust –polveri di nichel e cobalto – che, esiliati dalle loro terre d’origine (rispettivamente Sulawesi e Repubblica Democratica del Congo), chiedono di essere restituiti alla terra e di non essere sfruttati nella produzione globale di batterie per veicoli elettrici e smartphone.
L’infrastruttura può anche attraversare un tempo: è quello che racconta l’installazione di Mirwan Andan & Iswanto Hartono, ideata per riportare in superficie la storia dei Giochi delle Nuove Forze Emergenti (Ganefo), che si tennero nel 1963 a Jakarta, in Indonesia, a cui parteciparono 51 stati provenienti da Asia, Africa, Europa e America Latina. La rete “intangibile” del Ganefo è ancora presente nella società indonesiana, nei nomi di persone, luoghi e strade, a oltre 60 anni di distanza. Anche l’installazione Future Archaeology di Winnie Claessens attraversa il tempo, nello specifico quello delle infrastrutture geostazionarie e le classificazioni dei satelliti abbandonati, ritenuti “detriti spaziali” che fluttuano senza meta per l'eternità. Strutture di difficile visualizzazione, ma significative per le reti di comunicazione.
Scenari attuali e futuri: questo esplorano quasi tutti i lavori raccolti nella mostra al M HKA, creando dialoghi tra geografia, storia e economia. Opere e linguaggi diversi indagano come le trasformazioni globali stiano influenzando la storia dei vari paesi, evidenziando interessi economico-strategici e le conseguenti implicazioni politiche, sociali e ambientali.
Immagine di apertura: Shahana Rajani, Four Acts of Recovery, video still, 2025. Produced by the Han Nefkens Foundation. Courtesy l'artista