Negli anni ‘60, con la sua produzione che raggiunge il massimo in intensità e quantità, Vico Magistretti aveva ormai maturato un discorso che integrava una lettura sensibile del paesaggio e la padronanza di un vocabolario modernista profondamente e personalmente elaborato. Prima Arenzano, con la casa Arosio e la Marina Grande, poi, dal 1962, Framura, tra il Tigullio e le Cinque Terre.
Le Case Rosse sono un insediamento dalle risonanze strutturaliste — si tratta di un cluster basato su un una matrice di tre moduli di lato 5 metri — che risulta però in un senso fortemente regionale (attenzione: non vernacolare) con l'uso di intonaci e coperture in ardesia, e con la sua immagine finale di borgo arroccato sugli scogli.

Non è certo un'architettura che si sottragga al figurativo, come già è stato notato, con le finestre bordate di ardesia sui tre lati, oppure completate dalle lunette che conferiscono loro una peculiare immagine a barca. Di sicuro non si è sottratta a quel trattamento che Magistretti diceva a Domus di riservare alle sue costruzioni: “…una volta finita la casa, vorrei potesse rimanere vuota.” (Gli arredi degli architetti, Domus 748, aprile 1993). Ancora di più, le Case Rosse erano il progetto di cui nel 2004 l’architetto si era detto fiero, ma che rimpiangeva di non aver proprio mai più visitato (Intervista con Vico Magistretti, Domus 866, gennaio 2004). C'era poi voluto lo stesso anno Gabriele Basilico perché una loro immagine si formasse anche agli occhi di chi non era un residente. 

Una recente ristrutturazione ha ricavato dentro al cluster una unità da quattro locali, che in questo momento è in vendita. La trasformazione è stata profonda, niente che faccia pensare agli interni di Vico Magistretti si può ritrovare dentro l'appartamento. O forse sì. Paesaggio e panorama, ritagliati dalle finestre ad arco, non potranno mai in alcun modo lasciare l'abitante all’esitazione: qui siamo a Framura.