Jugoslavia 1945-1991: un patrimonio da riscoprire

“Architecture. Sculpture. Remembrance” è una ricerca che è diventata un libro e una mostra itinerante, ora disponibile online. Abbiamo intervistato il curatore Boštjan Bugarič, discutendo sul perché il patrimonio della RSFJ porta un messaggio per l’oggi.

Parco commemorativo di Dudik (1980), Vukovar, Croazia, Bogdan Bogdanović

Monumento alla Rivoluzione (1972), Kozara, Bosnia ed Erzegovina, Dušan Džamonja

Memoriale Jasenovac (1965), Jasenovac, Croazia, Bogdan Bogdanović

Memoriale alla Rivoluzione del Popolo di Moslavina (1967), Podgarić, Croazia, Dušan Džamonja, Vladimir Veličković

Monumento ai minatori (1973), Mitrovica, Kosovo, Bogdan Bogdanović

La collina della Libertà (1965), Ilirska Bistrica, Slovenia, Janez Lenassi, Živa Baraga

Complesso commemorativo della battaglia di Sutjeska (1971), Tjentište, Bosnia ed Erzegovina, Miodrag Živković, Đorđe Zloković

Kosmaj (1971), Kosmaj, Serbia, Vojan Stojić, Gradimir Medaković

Parco della Memoria Popina (1981), Vrnjačka Banja, Serbia, Bogdan Bogdanović

Monumento all'ospedale partigiano Bosanska Krajina (1979), Grmeč, Bosnia ed Erzegovina, Ljubomir Denković

La mostra itinerante “Architecture. Sculpture. Remembrance. The Art of Monuments of Yugoslavia 1945–1991” è ora online a causa della pandemia globale. Dopo la presentazione nel 2019, l’evento avrebbe dovuto viaggiare dalla Galleria Dessa di Lubiana verso gli altri paesi che un tempo formavano la repubblica – vale a dire, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia. Nell’ambito di una più ampia ricerca condotta da un gruppo di curatori, la mostra e il catalogo raccolgono parte di questo patrimonio architettonico e artistico dell’ex Jugoslavia.

In questa intervista, il curatore Boštjan Bugarič parla della necessità di riscoprire questo patrimonio, al di là del fascino brutalista che lo ha portato a essere sfruttato in termini commerciali. Il prossimo 29 novembre, in occasione dell'anniversario della Repubblica Socialista Federale Jugoslava (RSFJ), Bugarič e i curatori di “Architecture. Sculpture. Remembrance” svilupperà questo tema nel corso di un seminario di un giorno, coinvolgendo, fra gli altri, anche gli esperti della mostra del MoMA “Toward a Concrete Utopia. Architecture in Yugoslavia, 1948–1980”.

Petrova Gora Monument (1981), Petrova Gora, Croazia, Vojin Bakić, Berislav Šerbetić

Pensi che la mostra al MoMA “Toward a Concrete Utopia: Architecture in Yugoslavia, 1948–1980” abbia cambiato la comprensione di quel patrimonio del modernismo?
Quando si parla del patrimonio architettonico jugoslavo e della sua parte relativa ai monumenti, non dobbiamo dimenticare la mostra nel padiglione jugoslavo alla 39a Biennale di Venezia del 1980. Qui Bogdan Bogdanović, Dušan Džamonija, Slavko Tihec e Miodrag Živković presentarono le loro opere con l’idea di costruire la nuova società. Poco dopo quell'evento la Jugoslavia ha iniziato a cadere a pezzi. Le guerre balcaniche degli anni Novanta hanno distrutto una parte enorme del patrimonio dell'architettura jugoslava. È stato introdotto nuovamente quasi un decennio fa dall'Associazione degli architetti croati in collaborazione con la Galleria d'arte Maribor nel progetto “Unfinished Modernisations – Between Utopia and Pragmatism”, concepito a livello regionale. La mostra al MoMA ha fatto seguito alla rete di collaboratori già esistenti. La presentazione del modernismo jugoslavo al MoMA di New York è stata un’opportunità per raggiungere il pubblico globale. La mostra ha rivelato quanto innovativo e potente fosse il linguaggio dell'architettura moderna su tutto il territorio della Jugoslavia. Vladimir Kulić, il co-curatore della mostra del MoMA, ha spiegato che “l’architettura innovativa e interessante esisteva anche in quello che un tempo era il mondo socialista. La Jugoslavia è un grande esempio che racconta che la storia è molto più complicata”.

Nell’architettura modernista jugoslava l’innovazione estetica e strutturale ha avuto un ruolo molto importante, è stato così anche per i monumenti?

Il modernismo socialista è specifico per la Jugoslavia dal 1948 alla metà degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta. Miško Šuvaković afferma che il Modernismo socialista era tipico per la Jugoslavia a causa della politica culturale di Tito, che mirava a collocarla tra gli USA e l’URSS. Ciò ha creato la necessità di un nuovo tipo di arte, contemporanea nel suo spirito e socialista nei suoi contenuti. Si è creato così un insolito complesso di arte tardo-modernista altamente stilizzata, con una richiesta di ideologia patriottica comunista. L’autogestione ha anche trasformato la cultura, che è stata creata con lo scopo di educare, emancipare e controllare la società del lavoro. I monumenti erano prevalentemente concepiti come strutture scultoreo-architettoniche astratte, molte delle quali in cemento armato, che fu il materiale favorito in quel periodo in virtù della modellatura e della finitura.

Kadinjača Memorial Complex (1979), Užice, Serbia, Miodrag Živković, Aleksandar Đokić

La commemorazione ha avuto un ruolo molto importante nella società jugoslava, e gli architetti hanno fatto la loro parte in modo responsabile. Come spiegheresti la differenza nel modo di vivere questi luoghi tra quell’epoca e oggi?
Per capire l’importanza della commemorazione, vorrei menzionare come i siti legati alla memoria sono stati utilizzati per scopi commerciali. Uno dei casi più evidenti è l’utilizzo del sito commemorativo Jasenovac, un cimitero per migliaia di serbi, ebrei e rom assassinati, che è diventato il palcoscenico di uno spot di occhiali da sole, sfruttandolo per l’aspetto visivo e cancellando l'intero contenuto del luogo. L’altro caso è legato alle riprese di un video spot pubblicitario per una birra tedesca sul luogo del monumento di Petrova Gora. Oltre a questo, la location sarà utilizzata per un reality show, in questa occasione lo spazio pubblico sarà affittato a una multinazionale. Gli “Spomeniks”, i monumenti dedicati alla Lotta di Liberazione Nazionale, sono noti per la loro estetica unica e sembrano creature aliene o resti di un’altra civiltà.
Tra il 1945 e il 1990 sono stati eretti migliaia di monumenti di questo tipo. Dopo il 1947 l’erezione dei monumenti era supervisionata da un comitato speciale composto da esperti, ex combattenti e rappresentanti politici della Federazione delle Associazioni dei Combattenti della Lotta di Liberazione Nazionale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i monumenti sembravano per lo più semplici sculture realistiche, che più tardi divennero enormi monumenti sociali realistici come quelli dell’Unione Sovietica o dell’Europa dell’Est. Dopo la disputa con Stalin nel 1948 nasce una nuova espressione artistica - il Modernismo Astratto divenne la principale espressione artistica nel territorio della Jugoslavia con il suo approccio innovativo, la monumentalità e la grande espressività nel paesaggio, come quelle di Jasenovac, Tjentište e Kozara. Questi monumenti operano non solo come strutture astratte che ricordano un passato orribile e una vittoria contro il fascismo, ma anche come strumenti politici per articolare la visione del paese di un nuovo domani. Non direi che questi monumenti sembrano i resti di un’altra civiltà. Questa immagine è stata creata con il libro fotografico intitolato “Spomenik” e pubblicato nel 2012 da Jan Kempenaers. Più che un approccio scientifico, l’autore ritrae i monumenti come creature del paesaggio. L'interesse di Kempenaers è una presentazione estetica della forma perfetta senza il contesto. Le sue immagini non riportano nomi di monumenti, ma solo numeri. Una tale visione estetizzante nega sia il contesto che il perché e il luogo in cui sono stati creati i monumenti.

Monumento alla battaglia di Dražgoše (1976), Dražgoše, Slovenia, Boris Kobe

Quali sono stati i criteri principali per la scelta dei monumenti per la mostra?
Non si sa esattamente quanti oggetti commemorativi siano stati creati in totale, ma se la loro realizzazione si fosse attuata allo stesso ritmo con cui sono stati costruiti dal 1945 al 1961, il numero totale dovrebbe essere di oltre 40.000. La situazione è molto più complicata di quanto sembri, perché non esistono approcci comuni sia per la valorizzazione che per la conservazione di questo patrimonio, che è molto vulnerabile e facilmente lasciato a marcire. Nel 2019, la Gallery DESSA, la rivista di ab-Architect Bulletin e la piattaforma online di architettura Architectuul hanno dato inizio alla mostra “Architecture. Sculpture. Remembrance. The Art of Monuments of Yugoslavia 1945–1991”. Il team curatoriale ha selezionato il numero di opere da presentare in base al valore architettonico e artistico delle strutture e alle eccezionali qualità contemplative dei loro progetti spaziali. I monumenti sono un omaggio senza compromessi all'umanità, al rispetto per le vittime, trasmesso attraverso l’espressione artistica individuale degli autori.

Con la dissoluzione della Jugoslavia in singoli stati indipendenti nel 1991, sembra che l’esigenza di rispettare il ricordo espresso dai suoi monumenti commemorativi stia venendo meno. Di conseguenza, lo stato attuale di conservazione dei monumenti e il loro trattamento varia a seconda della regione. In alcuni luoghi, il passato e gli sforzi delle generazioni precedenti sono tenuti in rispettosa memoria, mentre altrove i monumenti sono stati abbandonati, lasciati alla rovina o addirittura dissacrati. A causa della loro natura astratta, possono essere utilizzati per scopi molto diversi, come la realizzazione di pubblicità televisive e video musicali, o come passerelle di moda. Tale uso dei monumenti da parte di individui che non hanno alcun apprezzamento o conoscenza del passato, e che quindi non possono rispettarlo, rappresenta un abuso e un disprezzo per la dignità delle vittime e per la loro memoria. È qui che abbiamo iniziato a ricercare, presentare e discutere su questo patrimonio, sulla tutela culturale e sulla presentazione di questa importante memoria condivisa.

Quale messaggio possono trasmettere questi monumenti alla società di oggi?
Attraverso il loro straordinario linguaggio artistico, ci ricordano la dignità della vita e della morte umana. Sono potenti segnali nello spazio pubblico aperto, un tempo comune. Il loro design architettonico e artistico unico li ha collocati in un campo senza tempo, che non è vincolato da confini geografici e culturali, dall’età, dalla razza o dalle opinioni politiche. I monumenti sono legati al passato, ricordano la dignità della vita e della morte umana. Sono un ricordo, una speranza che alcune cose non accadranno mai più.


Immagine di apertura: Makedonium, Monumento alla rivolta di Ilinden (1974), Kruševo, Macedonia, Iska Grabuloska

  • Architecture. Sculpture. Remembrance. The Art of Monuments of Yugoslavia 1945–1991
  • Boštjan Bugarič, Kristina Dešman, Maja Ivanič, Špela Kuhar, Eva Mavsar, Špela Nardoni Kovač, Damjana Zaviršek Hudnik
  • DESSA gallery Židovska steza 4, Ljubljana, Slovenija
  • DESSA gallery, ab_Arhitektov bilten, DAL, Architectuul
  • Architectuul
  • 22nd Salon of Architecture Novi Sad

Parco commemorativo di Dudik (1980), Vukovar, Croazia, Bogdan Bogdanović

Monumento alla Rivoluzione (1972), Kozara, Bosnia ed Erzegovina, Dušan Džamonja

Memoriale Jasenovac (1965), Jasenovac, Croazia, Bogdan Bogdanović

Memoriale alla Rivoluzione del Popolo di Moslavina (1967), Podgarić, Croazia, Dušan Džamonja, Vladimir Veličković

Monumento ai minatori (1973), Mitrovica, Kosovo, Bogdan Bogdanović

La collina della Libertà (1965), Ilirska Bistrica, Slovenia, Janez Lenassi, Živa Baraga

Complesso commemorativo della battaglia di Sutjeska (1971), Tjentište, Bosnia ed Erzegovina, Miodrag Živković, Đorđe Zloković

Kosmaj (1971), Kosmaj, Serbia, Vojan Stojić, Gradimir Medaković

Parco della Memoria Popina (1981), Vrnjačka Banja, Serbia, Bogdan Bogdanović

Monumento all'ospedale partigiano Bosanska Krajina (1979), Grmeč, Bosnia ed Erzegovina, Ljubomir Denković