L’unicità del Maracanã, teatro di imprese, primati e misfatti

Storia e metamorfosi dell’iconica arena sportiva di Rio de Janeiro, inaugurata nel 1950 in occasione dei mondiali di calcio.

Lo stadio dove scrivere la storia, ma non quella prevista. Così nacque l’arena calcistica più suggestiva e popolare del mondo, quando nel 1947 vennero avviate le gare d’appalto e selezionato il progetto dell’ingegnere Paulo Pinheiro Guedes e degli architetti Waldir Ramos, Raphael Galvão, Miguel Feldman, Oscar Valdetaro, Pedro Paulo B. Bastos, Orlando Azevedo e Antônio Dias Carneiro per la costruzione dello stadio che avrebbe ospitato la finale dei Campionati Mondiali di calcio del 1950. Quelli in cui sarebbe dovuta splendere la stella del Brasile, a caccia del primo titolo dopo tre edizioni e le due saltate (nel 1942 e 1946) per la seconda guerra mondiale. L’intento di creare un qualcosa di grandioso, inedito e in grado di ospitare almeno 155.250 persone portò a mettere sotto contratto 3.500 operai. Grandi numeri e obiettivi per i quali servì un colpo di genio per l’epoca, firmato dall’allora vicepresidente della FIFA e numero uno del calcio italiano, Ottorino Barassi, spedito in Sudamerica per supervisionare i lavori e artefice delle cadeiras perpetuas, 20.000 posti del primo anello venduti nel 1948 per finanziare la realizzazione dello stadio con il diritto per i possessori ad assistere a tutte le partite giocate nell’impianto fino al 2050.

Una mossa di marketing ante litteram decisiva per dare vita al Maracanã, che sorge nell’ex quartiere TijucamTijuca, diventato poi omonimo dello stadio, in un complesso di oltre 304mila metri quadrati che è il pilastro del barrio nella zona nord di Rio de Janeiro, istituito come tale il 23 luglio del 1981. Un’area inferiore ai due chilometri quadrati con una forte urbanizzazione e lontana dal centro, che finisce nella tabella di marcia di pochi turisti, attirati dalla visita allo stadio di proprietà del governo statale di Rio. Quartiere della borghesia e privo di baraccopoli, nonostante la relativa vicinanza della favela di Mangueira, alterna case in stile art deco fedeli simboli di un’era ormai sopita a strutture moderne per costruzione e stile, raggruppa sedi di compagnie importanti, come la Petrobras Distribudora, principale società dell’industria petrolifera dell’America Latina (oltre 34.000 distributori solo in Brasile), le due università Verga de Almeida e la Statale, centri tecnologici e culturali. Al centro di tutto resta sempre lo stadio, facile da raggiungere tramite diverse linee di bus e la stazione della metropolitana che dista pochi minuti a piedi, e nella cui area si trovano anche la palestra Jùlio Cardoso, più nota come Maracanãzinho (per la simile forma circolare) e il centro acquatico Jùlio Delamare, mentre non c’è più la pista di atletica Célio de Barros, trasformata nelle scorse settimane in un’ospedale da campo per curare i malati di Covid-19.    

Maracanã, vista aerea, 1976. Credit Fortepan, Katai Gyulané

Tutt’altro che presentabile, privo di servizi igienici e con le impalcature a penalizzare la visione degli spettatori nel giorno dell’inaugurazione, quando nel giugno 1950 si sfidarono le rappresentative della città e quella di San Paolo, l’imponente stadio un mese più tardi divenne il luogo del misfatto – il Maracanaço, con la sconfitta dei padroni di casa nell’ultimo atto della rassegna iridata per mano dell’Uruguay vissuta per decenni come tragedia nazionale (tanti furono i brasiliani che si uccisero dopo la partita) – con i lavori che terminarono nel 1965, 17 anni dopo il via. L’anno successivo morì Mário Rodrigues Filho, tra i più illustri giornalisti sportivi nazionali (a lui si deve il popolare Fla-Flu, termine che indica il più sentito derby di Rio tra Flamengo e Fluminense, due dei quattro principali club cittadini insieme a Botafogo e Vasco da Gama) e principale fautore del progetto Maracanã, che per renderli omaggio venne ribattezzato con il suo nome, anche se nell’immaginario collettivo resta la denominazione legata al fiume che scorre nel quartiere e alla specie di pappagalli maracanã-guacu presente nell’area prima della costruzione dello stadio.

Famosa in tutto il globo per l’immagine di un simil ombelico rintracciabile nelle vedute aeree, la struttura si sviluppa in origine su una pianta ellittica, quasi circolare, con due grandi anelli (100.000 posti in quello più alto) divisi dai palchi dedicati ai più ricchi amanti del lusso dell’epoca, non sempre rispettato considerato che per le gare di maggior richiamo si superava puntualmente la capienza prevista, con il picco registrato dai 199.854 spettatori accorsi per la celebre e indigesta finale del 1950 contro gli uruguaiani. Un siffatto scenario obbligava a un sistema di sicurezza efficace, ottenuto con le due grandi rampe esterne che portavano verso il centro del campo, semplificando e velocizzando un rapito deflusso. Il cemento armato è l’elemento preponderante della facciata esterna, con il secondo anello separato dal primo dai sessanta pilastri a forma di Y che sostengono le travi della copertura, mentre il punto più alto dello stadio si ferma a 24 metri. 

Maracanã, vista interna, 2013. Foto Erica Ramalho, Governo di Rio de Janeiro

Il crollo di una terrazza che nel 1992 provocò due vittime e oltre 50 feriti ha innescato un dibattito sfociato nella ricostruzione dell’opera, che ha generato una costante riduzione della capienza, con la definitiva eliminazione dei posti in piedi. Dopo il primo leggero intervento avvenuto tra il 1999 e il 2000 e la seconda operazione durante il triennio 2005-2007 si è passati a 92.000 posti, ma è nel 2010 che la trasformazione si è compiuta con la discesa a 78.838 posti per l’ammodernamento dello stadio in previsione dei Mondiali calcistici del 2014 (a proposito, il Maracanã è l’unico stadio con l’Azteca di Città del Messico che ha ospitato due finali iridate) e delle Olimpiadi 2016 di Rio de Janeiro (anche qui c’è il primato, perché quello carioca è il solo impianto senza pista di atletica intorno in cui si sono tenute la cerimonia di apertura e chiusura dei Giochi Olimpici).

La scomparsa delle tribune originali per far posto a sedili gialli, blu e bianchi che insieme al verde del terreno di gioco ricreano la bandiera brasiliana, e la sostituzione del tetto in calcestruzzo dell’epoca con una membrana di teflon e vetro per una copertura totale della struttura, a differenza della struttura di sessanta anni prima, sono stati le due variazioni più rilevanti di una metamorfosi costata più di 500 milioni di dollari, che ha provocato le proteste degli abitanti di Rio, ma pure di idoli come Pelé e Zico, non solo per le spese di gran lunga superiori alla cifra stabilita prima dei lavori ma anche e soprattutto per la scomparsa di una cornice di eventi senza pari in tutto il mondo, capace di regalare prodezze sportive, concerti finiti sui libri di storia (come Frank Sinatra e i Rolling Stones che richiamarono oltre 200.000 persone) e la visita di Giovanni Paolo II.

Opera:
Stadio Maracanã
Architetti:
Waldir Ramos, Raphael Galvão, Miguel Feldman, Oscar Valdetaro, Pedro Paulo B. Bastos, Orlando Azevedo e Antônio Dias Carneiro
Ingegnere:
Paulo Pinheiro Guedes
Inizio lavori:
1947
Completamento:
1950
Luogo:
Rio de Janeiro, Brasile

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