10 film di architettura selezionati da WAR

In risposta ai film selezionati da Adam Nathaniel Furman per Domus, una lista di pellicole che partono dall'Italia per ampliare lo sguardo sul mondo, scelta dal trio di Roma che quattro anni fa lanciò una call agli architetti della loro generazione.

Todo Modo, Elio Petri, 1976 Questo capolavoro è stato girato interamente in un edificio che non esiste, pensato da Dante Ferretti – scenografo premio Oscar che ha lavorato ai migliori film di Hollywood – e probabilmente ispirato ad un intervento brutalista progettato da studio Passarelli – cui siamo molto legati. Critica efferata alla politica del periodo, il film è stato poco pubblicizzato per la sorprendente somiglianza del personaggio di Volontè ad Aldo Moro, rapito e ucciso due anni dopo.

Il Ventre dell'Architetto, Peter Greenaway, 1987 Siamo molto affezionati a questo film, che abbiamo spesso utilizzato in apertura alle nostre lecture, perché interamente ambientato a Roma. É la storia di un architetto che viene in città per allestire una mostra su Étienne-Louis Boullée e vi rimane nove mesi, mentre una serie di vicende personali si sovrappongono alla questione professionale. Tutte le scenografie di questo film sono state disegnate da Costantino Dardi – allestimento compreso.

Caro Diario, Nanni Moretti, 1993 Un omaggio alla Roma che solo i romani vivono: quella del mese di agosto, quando solitamente i turisti vanno al mare e tante attività sono in ferie. Le scene di Moretti che gira per Roma con la Vespa sono per noi estremamente poetiche e, anche se non siamo sicuri che altrove sia considerato un film cult, fanno emergere una doppia capacità di lettura della città.

Al di là dei sogni, Vincent Dard, 1998 Anche questo film contiene un omaggio a Boullèe, ma con una chiave stilistica decisamente diversa. Robin Williams, protagonista, compie un viaggio dantesco condito di tutti gli effetti speciali opulenti tipici delle produzioni di fine anni '90 – tant'è che sono proprio questi a far vincere al film un Oscar l'anno successivo. In un passaggio per il purgatorio, il regista ricostruisce lo spazio della Bibliothèque nationale de France ad opera del celebre architetto illuminista nel 1785 circa – che a sua volta si rifà alla Scuola di Atene di Raffaello - creando uno spazio molto suggestivo, ponendo l'acqua al posto del pavimento ed eliminando le pareti laterali della gradinata. Un film con un immaginario unico e ricco di costanti rimandi al mondo dell'arte.

The Truman Show, Peter Weir, 1998 Ambientato a Seaside, località della Florida con edifici di Aldo Rossi, Steven Holl, Leon Krier, Machado and Silvetti e Robert Stern, questo film visionario sintetizza il linguaggio del capitalismo postmoderno, in un contesto che materializza nel più normale – e quindi inaspettato – degli scenari uno dei peggiori risvolti distopici immaginati da Dick, Orwell, Sturges o Scheckley.

L’Amico di Famiglia, Paolo Sorrentino, 2006 Tutti i film di Sorrentino sono capolavori in cui lo spazio diventa uno strumento scenico narrativo senza mai però trasformarsi in simbolo. L’Amico di Famiglia racconta panorami diversi da quella Roma centro che abbiamo imparato a conoscere bene in tante altre sue opere e la storia si svolge sullo sfondo di una città di fondazione tra Sabaudia ed altri luoghi del litorale laziale, all'interno di un immaginario legato alla scala così peculiare della pianificazione urbana di quel periodo. Quello che Sorrentino riesce a fare qui è cogliere alcune caratteristiche che quelle città hanno, senza però un punto di vista moralista – ed è qui che sta la grandezza del regista a nostro avviso.d

La collina dei papaveri, Gorō Miyazaki, 2011 In questo film d'animazione girato da Gorō Miyazaki, figlio di Hayao Miyazaki, alcuni studenti si adoperano per la conservazione di un edificio storico scolastico che era diventato nel tempo la clubhouse di un gruppo di amici e base di una giovane comunità intellettuale. Una struttura molto bella dal nome di Quartier Latin – omaggio alla zona di Parigi dove ha sede la Sorbona e che nel '68 è stato uno dei centri nevralgici della contestazione del maggio francese – attorno alla cui salvaguardia ruota l'intero intreccio, un film sulla lotta per la tutela dell'architettura dello stesso livello eccellente dell'intera produzione di studio Ghibli.

La Città Ideale, Luigi Lo Cascio, 2012 Prima ed unica opera di regia dell'attore siciliano, parla del rapporto tra architettura e cinema. È la storia di un palermitano che decide di andare a vivere a Siena, dal momento che secondo lui ritrae il concetto della città ideale, ma in realtà si ritrova catapultato in una situazione kafkiana e finisce persino per rimanere coinvolto in un caso d'omicidio. Commentando l'idealizzazione di Lo Cascio che, nonostante si fosse spostato per una sorta di dovere morale, ha finito per ritrovarsi po' impacciato con la vita, avviene uno scambio emblematico tra il protagonista ed un carabiniere originario Paternò: 
- “Che fa lei a Siena?” 
- “Sono  venuto a Siena perché Siena è la città ideale” 
- “Mah,  anche Paternò non è male!”

Silence, Martin Scorsese, 2016 Capolavoro poco conosciuto del regista newyorkese, questo film è un esercizio di stile impeccabile, quasi manierista, tratto da un romanzo storico del '66 sulle persecuzioni subite dai cristiani in Giappone nel diciassettesimo secolo. Si tratta di una pellicola lunga e cruenta, dove l'architettura è molto presente perché svariate scene accadono in microspazi caratteristici della vita domestica giapponese – e persino in alcune celle di detenzione – luoghi raccolti, angoscianti, dove si acuisce il ruolo del controllo sul pensiero e su ciò che accade negli interni. In aggiunta è evidente in Silence un rapporto con gli oggetti al quale viene data molta importanza, anche simbolica.

Roma, Alfonso Cuarón, 2018 La nona opera del regista messicano è dedicata al suo territorio e segue le vicende di una famiglia che abita a Colonia Roma, un quartiere di Città del Messico. In Roma – a cui ci siamo affezionati ormai anche per il titolo – le scene si svolgono in spazi di vita domestica evocativi e poetici, ed iniziano tra le secchiate d'acqua che lavano il vialetto d'ingresso, si spostano attraverso i piani della casa e culminano nella zona dove si stendono i panni. É un film di un regista-maestro diventato ormai di culto, dove la casa viene intesa come nucleo irriducibile e come organismo fondante per la società e le comunità.

WAR, acronimo di Warehouse of Architecture and Research, è uno studio di architettura romano fondato nel 2013 da Jacopo Costanzo, Valeria Guerrisi e Gabriele Corbo. Da una loro idea, nel 2016, ha preso avvio la serie di lecture Generazione: a call from Rome, divenuta poi mostra itinerante (a New York, Roma e al RIBA di Londra)  dal nome Re-Constructivist Architecture, che ha visto la partecipazione di quattordici studi di architettura emergente ora decisamente più affermati. Qui hanno conosciuto Adam Nathaniel Furmancon cui abbiamo aperto questa rassegna “d’autore” di film che parlano di architettura e design, ed è proprio con la selezione del designer londinese che quella di WAR instaura un dialogo anglo-mediterraneo.

  La visione di WAR (ultimamente concentratosi su una corposa ricerca per la Biennale di Shenzhen), è quella di portare avanti una modalità del progettare che sta tra il manierismo architettonico e la ricerca indipendente più tipica della pratica contemporanea europea, senza però mai perdere di vista la loro affezione alla “scuola romana”. Tant’è che presso il loro studio di via Nomentana si può persino andare a consultare una delle più nutrite collezioni di libri e riviste d'architettura private, salvata dal trasloco dell’ex studio Passarelli. Una stratificazione storica che prende forma negli spazi dove lavorano – la loro Warehouse – tanto quanto nei riferimenti progettuali che tengono sempre a mente e che hanno marcato indelebilmente il loro percorso, sempre pronti a essere ripescati e rimescolati. Allo stesso modo attingono dal cinema muovendosi con disinvoltura tra cinque decadi di storia del film mettendo insieme colossal hollywoodiani e produzioni indipendenti italiane, taglienti drammi cruenti, film autoriali diventati mainstream e pellicole quasi sconosciute di registi famosissimi. Una selezione densa dove la cifra estetica è il minimo comun denominatore e in cui prevalgono scelte decise di fotografia e di potenza.

Todo Modo, Elio Petri, 1976

Questo capolavoro è stato girato interamente in un edificio che non esiste, pensato da Dante Ferretti – scenografo premio Oscar che ha lavorato ai migliori film di Hollywood – e probabilmente ispirato ad un intervento brutalista progettato da studio Passarelli – cui siamo molto legati. Critica efferata alla politica del periodo, il film è stato poco pubblicizzato per la sorprendente somiglianza del personaggio di Volontè ad Aldo Moro, rapito e ucciso due anni dopo.

Il Ventre dell'Architetto, Peter Greenaway, 1987

Siamo molto affezionati a questo film, che abbiamo spesso utilizzato in apertura alle nostre lecture, perché interamente ambientato a Roma. É la storia di un architetto che viene in città per allestire una mostra su Étienne-Louis Boullée e vi rimane nove mesi, mentre una serie di vicende personali si sovrappongono alla questione professionale. Tutte le scenografie di questo film sono state disegnate da Costantino Dardi – allestimento compreso.

Caro Diario, Nanni Moretti, 1993

Un omaggio alla Roma che solo i romani vivono: quella del mese di agosto, quando solitamente i turisti vanno al mare e tante attività sono in ferie. Le scene di Moretti che gira per Roma con la Vespa sono per noi estremamente poetiche e, anche se non siamo sicuri che altrove sia considerato un film cult, fanno emergere una doppia capacità di lettura della città.

Al di là dei sogni, Vincent Dard, 1998

Anche questo film contiene un omaggio a Boullèe, ma con una chiave stilistica decisamente diversa. Robin Williams, protagonista, compie un viaggio dantesco condito di tutti gli effetti speciali opulenti tipici delle produzioni di fine anni '90 – tant'è che sono proprio questi a far vincere al film un Oscar l'anno successivo. In un passaggio per il purgatorio, il regista ricostruisce lo spazio della Bibliothèque nationale de France ad opera del celebre architetto illuminista nel 1785 circa – che a sua volta si rifà alla Scuola di Atene di Raffaello - creando uno spazio molto suggestivo, ponendo l'acqua al posto del pavimento ed eliminando le pareti laterali della gradinata. Un film con un immaginario unico e ricco di costanti rimandi al mondo dell'arte.

The Truman Show, Peter Weir, 1998

Ambientato a Seaside, località della Florida con edifici di Aldo Rossi, Steven Holl, Leon Krier, Machado and Silvetti e Robert Stern, questo film visionario sintetizza il linguaggio del capitalismo postmoderno, in un contesto che materializza nel più normale – e quindi inaspettato – degli scenari uno dei peggiori risvolti distopici immaginati da Dick, Orwell, Sturges o Scheckley.

L’Amico di Famiglia, Paolo Sorrentino, 2006

Tutti i film di Sorrentino sono capolavori in cui lo spazio diventa uno strumento scenico narrativo senza mai però trasformarsi in simbolo. L’Amico di Famiglia racconta panorami diversi da quella Roma centro che abbiamo imparato a conoscere bene in tante altre sue opere e la storia si svolge sullo sfondo di una città di fondazione tra Sabaudia ed altri luoghi del litorale laziale, all'interno di un immaginario legato alla scala così peculiare della pianificazione urbana di quel periodo. Quello che Sorrentino riesce a fare qui è cogliere alcune caratteristiche che quelle città hanno, senza però un punto di vista moralista – ed è qui che sta la grandezza del regista a nostro avviso.d

La collina dei papaveri, Gorō Miyazaki, 2011

In questo film d'animazione girato da Gorō Miyazaki, figlio di Hayao Miyazaki, alcuni studenti si adoperano per la conservazione di un edificio storico scolastico che era diventato nel tempo la clubhouse di un gruppo di amici e base di una giovane comunità intellettuale. Una struttura molto bella dal nome di Quartier Latin – omaggio alla zona di Parigi dove ha sede la Sorbona e che nel '68 è stato uno dei centri nevralgici della contestazione del maggio francese – attorno alla cui salvaguardia ruota l'intero intreccio, un film sulla lotta per la tutela dell'architettura dello stesso livello eccellente dell'intera produzione di studio Ghibli.

La Città Ideale, Luigi Lo Cascio, 2012

Prima ed unica opera di regia dell'attore siciliano, parla del rapporto tra architettura e cinema. È la storia di un palermitano che decide di andare a vivere a Siena, dal momento che secondo lui ritrae il concetto della città ideale, ma in realtà si ritrova catapultato in una situazione kafkiana e finisce persino per rimanere coinvolto in un caso d'omicidio. Commentando l'idealizzazione di Lo Cascio che, nonostante si fosse spostato per una sorta di dovere morale, ha finito per ritrovarsi po' impacciato con la vita, avviene uno scambio emblematico tra il protagonista ed un carabiniere originario Paternò: 
- “Che fa lei a Siena?” 
- “Sono  venuto a Siena perché Siena è la città ideale” 
- “Mah,  anche Paternò non è male!”

Silence, Martin Scorsese, 2016

Capolavoro poco conosciuto del regista newyorkese, questo film è un esercizio di stile impeccabile, quasi manierista, tratto da un romanzo storico del '66 sulle persecuzioni subite dai cristiani in Giappone nel diciassettesimo secolo. Si tratta di una pellicola lunga e cruenta, dove l'architettura è molto presente perché svariate scene accadono in microspazi caratteristici della vita domestica giapponese – e persino in alcune celle di detenzione – luoghi raccolti, angoscianti, dove si acuisce il ruolo del controllo sul pensiero e su ciò che accade negli interni. In aggiunta è evidente in Silence un rapporto con gli oggetti al quale viene data molta importanza, anche simbolica.

Roma, Alfonso Cuarón, 2018

La nona opera del regista messicano è dedicata al suo territorio e segue le vicende di una famiglia che abita a Colonia Roma, un quartiere di Città del Messico. In Roma – a cui ci siamo affezionati ormai anche per il titolo – le scene si svolgono in spazi di vita domestica evocativi e poetici, ed iniziano tra le secchiate d'acqua che lavano il vialetto d'ingresso, si spostano attraverso i piani della casa e culminano nella zona dove si stendono i panni. É un film di un regista-maestro diventato ormai di culto, dove la casa viene intesa come nucleo irriducibile e come organismo fondante per la società e le comunità.