Diller Scofidio + Renfro ha progettato un “dispositivo performativo” per la biennale più radicale di New York

Uno spazio che non ospita la performance, ma la produce, la accompagna e la rende visibile: è il nuovo Performa Hub progettato da DS+R per la biennale di New York dedicata interamente alla performance. 

Nel panorama culturale newyorkese, c’è un’istituzione che da vent’anni trasforma la città in un palcoscenico: Performa. Fondata nel 2004 dalla storica dell’arte e curatrice RoseLee Goldberg, è la prima biennale interamente dedicata alla performance, invitando autori delle arti visive a estendere la propria ricerca nel territorio performativo. Oltre cento gli artisti internazionali coinvolti nelle diverse biennali, e più del doppio i luoghi di New York che li hanno accolti, dalla rotunda del Guggenheim, a Times Square.

Every Body Knows: Pedestrian Horizontal, Moriah Evans, Performa Studio, Performa Biennial 2025. Photo Maria Baranova, courtesy the artist and Performa

In occasione dell’edizione 2025 – che conta cinquantaquattro artisti e collettivi internazionali, tra cui Tau Lewis, Diane Severin Nguyen, Ayoung Kim, Aria Dean, Sylvie Fleury, Lina Lapelytė, Pakui Hardware e Camille Henrot – il Performa Hub, quartier generale della manifestazione, è stato progettato dallo studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro, come un’infrastruttura concettuale e operativa costruita per rispecchiare e amplificare la natura cangiante e in divenire della biennale.

Performa 2025 Biennial Hub. Designed by Diller Scofidio + Renfro with Scenic + Fabrication by Safwat Riad and furniture by USM. Foto: Bridgit Beyer

Situato nel cuore di SoHo, l’Hub, concepito come spazio aperto, modulare e in costante trasformazione, traduce in architettura la filosofia di Performa. Diller Scofidio + Renfro ha immaginato un ambiente che fosse un habitat fatto di scambi e azioni, e non solo un mero contenitore. 

Al centro dell’Hub si trova infatti anche la piattaforma Performa Studio, dedicata al movimento e alla coreografia ideata insieme a Moriah Evans e Isabel Lewis, con un programma di sessioni quotidiane, pratiche e prove aperte che rendono visibili i processi che accompagnano la nascita di una performance. L’ambiente progettato da DS+R traduce questa logica in un campo d’azione stabile ma flessibile, in grado di sostenere le attività di Performa nella sua duplice natura di evento e processo.

Every Body Knows: Pedestrian Horizontal, Moriah Evans, Performa Studio, Performa Biennial 2025. Foto Maria Baranova, courtesy the artist and Performa

Con una grande vetrina sulla Broadway, l’Hub dall’anima industriale come quella del quartiere che lo ospita, si apre sulla città: una fila di colonne di ordine corinzio – dettaglio tipico delle facciate in ghisa – scandisce verticalmente lo spazio, con pareti in mattoni e un soffitto a cassettoni in lamiera di stagno – i classici tin ceilings di certi edifici newyorkesi del XIX secolo – completamente ricoperti di vernice bianca. A contrasto, soltanto i tubi rossi dell’impianto sprinkler, e un sistema di elementi modulari in legno naturale che a seconda dell’occasione diventa platea o elemento scenografico. Il progetto è completato da una cabina vetrata interna dove poter acquistare il merchandising e le pubblicazioni di Performa.

Nile Harris and Anh Vo. Performa Studio, Performa Biennial 2025. Foto Maria Baranova, courtesy the artist and Performa

La flessibilità di questo ambiente è in qualche modo un’estensione del concetto di “radical urbanism” che Goldberg considera parte di Performa, e che nel nuovo Hub è tradotto in uno spazio che non impone una gerarchia, ma crea un campo di possibilità. L’architettura, in questo senso, è un catalizzatore, una forma che muta seguendo le traiettorie dei corpi, dei suoni, delle azioni che la attraversano.

Robin Rhode, Arnold Schönberg’s Erwartung – A Performance by Robin Rhode, 2015. A Performa Commission. Photo by Paula Court, courtesy of Performa

Quella per il Performa Hub 2025 è la prima collaborazione ufficiale tra Performa e Diller Scofidio + Renfro, anche se il dialogo tra le due realtà dura da decenni. Fin dai primi anni Ottanta infatti, RoseLee Goldberg ha scritto molto sul lavoro di Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio, quando la loro pratica era ancora incentrata più sulla performance e sull’installazione che sull’architettura costruita: dal set per The American Mysteries (1984), a The Rotary Notary and His Hot Plate (1987) opera ispirata al Grande Vetro di Duchamp. E se Goldberg ha definito quel periodo come una sorta di “prova generale” delle idee che lo studio avrebbe poi tradotto in forma architettonica, con l’arrivo di Charles Renfro alla fine degli anni Ottanta, il confronto tra arte e architettura si è ulteriormente ampliato, arrivando negli anni più recenti a performance come The Mile Long Opera (2018) con un migliaio di cantanti sulla High Line, all’ultimo lavoro The Corner Problem (2025) presentato in occasione dell’ultima Triennale di Milano Inequalities.

"Mile Long Opera", performance, High Line di New York, 3-8 ottobre 2018

Immagine di apertura: Performa 2025 Biennial Hub. Designed by Diller Scofidio + Renfro with Scenic + Fabrication by Safwat Riad and furniture by USM. Foto: Bridgit Beyer 

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