Guggenheim Museum

Dal sodalizio tra un filantropo, una curatrice e il più grande architetto statunitense del ‘900, Frank Lloyd Wright, nasce un museo senza precedenti, che vuole dialogare con le opere di arte astratta che ospita.

Frank Lloyd Wright, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, 1943-1959. Fonte: Wikicommons / Karl Döringer

Il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, completato nel 1959, è l’ultimo grande progetto di Frank Lloyd Wright, oltre che una delle sue realizzazioni più conosciute. Segna per molti versi la conclusione della ricerca sull’architettura organica, intrapresa da Wright a cavallo tra Ottocento e Novecento con il gruppo delle “prairie house”, e proseguita negli anni Venti e Trenta con edifici iconici come la Casa Kaufmann di Bear Run, Pennsylvania (1935-1939) e il Johnson Wax Administration Building di Racine, Wisconsin (1936-1943).

Il sodalizio tra Wright, il filantropo Solomon R. Guggenheim e la curatrice Hilla von Rebay si costituisce nel 1943. All’epoca la collezione di Guggenheim, composta prevalentemente di opere delle avanguardie europee, soprattutto di arte astratta, è esposta al Museum of Non-Objective Painting, fondato nel 1939 su proposta di Rebay e situato in un generico spazio in affitto a Midtown Manhattan. Mentre il patrimonio dell’istituzione si espande, Guggenheim e Rebay chiamano Wright a progettare un edificio museale non convenzionale, pensato specificamente per dialogare con l’arte contemporanea non figurativa che dovrà ospitare. Rebay parla espressamente di “un tempio per lo spirito, un monumento!”.

Da questa richiesta scaturisce la soluzione più sorprendente del progetto. Prendendo le distanze sia dalla configurazione classica dei musei della tradizione beaux-arts, organizzati in enfilade di stanze racchiuse, sia dalle ermetiche “white box” moderniste, Wright organizza la visita al Guggenheim Museum lungo un’unica rampa elicoidale, affiancata dalla sequenza delle nicchie espositive e avvolta attorno all’atrio a tutt’altezza, illuminato dalla luce zenitale naturale di un enorme lucernario. L’intero percorso espositivo si affaccia su questo singolo vuoto di ordine gigante, attraverso il quale si stabiliscono connessioni inattese tra le opere in mostra. I visitatori le osservano da punti di vista molteplici e variabili, mentre procedono lungo la “promenade architecturale” che li conduce, in direzione discendente, dalla sommità alla base dell’atrio.

La sua geometria caratteristica si riflette direttamente sulla volumetria esterna del Guggenheim Museum. Wright conia il termine “taruggiz”, l’inverso di ziggurat, per definire il tronco di cono rovesciato con cui il museo risolve l’angolo tra la Fifth Avenue e l’88th Street. Al “taruggiz” si aggiunge un secondo volume cilindrico, pensato inizialmente per ospitare gli appartamenti di Guggenheim e Rebay, e poi trasformato anch’esso in spazio espositivo. Le forme organiche dell’opera di Wright ne fanno una chiara eccezione nel paesaggio urbano di New York, e in particolare nella cortina continua di edifici alti che delimitano Central Park nel tratto di Fifth Avenue in cui si trova, conosciuto come Museum Mile.

Al di là di questo elementi iconici, la proposta originaria Wright è stata alterata in diverse parti. Non è mai stata realizzata, ad esempio, la colorazione rossa prevista inizialmente per il “taruggiz”, né un secondo corpo di fabbrica alto, che sarà costruito solo negli anni Novanta su progetto di Gwathmey Siegel & Associates. Nella stessa occasione, nell’ambito del restauro complessivo degli interni, sarà riaperto anche il lucernario dell’atrio, elemento cruciale del progetto che era rimasto chiuso per molti decenni.

Nel tempo le caratteristiche atipiche del Guggenheim Museum hanno attirato molte critiche, soprattutto da parte degli addetti ai lavori. Già nel 1959, l’anno dell’inaugurazione, avvenuta pochi mesi dopo la morte di Wright, il Time pubblicò la lettera di protesta di 21 artisti che rifiutavano di vedere esposti i propri lavori in un’architettura che ritenevano del tutto inadatta allo scopo. Negli anni, poi, diversi curatori hanno lamentato le difficoltà di allestimento di uno spazio dalle molteplici irregolarità e imperfezioni (su tutte la pendenza del pavimento, la forma concava delle nicchie, le altezze d’interpiano limitate, la pervasività della luce naturale).

A prescindere da questi limiti pratici e dei tanti aneddoti ad essi collegati, il Guggenheim Museum è oggi universalmente riconosciuto come un’opera capitale dell’architettura del Novecento, ed è protetto sia come National Historic Landmark degli Stati Uniti (dal 2008), sia come Patrimonio Unesco (dal 2019, con altri sette edifici di Wright). Con il Guggenheim Museum Bilbao di Frank Gehry (1991-1997), la Peggy Guggenheim Collection di Venezia e il futuro Guggenheim Museum Abu Dhabi (sempre di Gehry, attualmente in fase di cantiere e dal destino ancora incerto) è parte della rete di istituzioni museali che fanno capo alla Solomon R. Guggenheim Foundation, tra le più importanti al mondo per consistenza delle collezioni e numero di visitatori.

Frank Lloyd Wright, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, 1943-1959. Fonte: Wikicommons / Antony22
Frank Lloyd Wright, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, 1943-1959. Fonte: Wikicommons / Antony22

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