Non c’è bisogno di dire quanto Diane Keaton sia stata capace di definire intere epoche, lasciando in una quantità di campi diversi un suo qualche segno unico e fortissimo. Forse però c’è bisogno di ricordare che tutto questo vale anche in termini di architettura.
L’attrice di Annie Hall, Il club delle prime mogli, Tutto può succedere, è stata anche la regista dei video di Heaven is a place on Heart – pilastro glitter pop anni ’80 – come di un episodio di Twin Peaks; la produttrice di Elephant – film fondamentale sulle stragi nelle scuole statunitensi. Era l'alfiera di stili che ha reso iconici, come i completi di taglio maschile, o i cappelli enormi.
Ed è stata anche l’abitante, e la restauratrice, di più di una casa a Los Angeles, firmata Lloyd Wright.
Quasi omonimo di un padre non poco ingombrante, Lloyd era figlio di Frank Lloyd Wright, l’architetto della Falling Water House; quasi un coetaneo di Le Corbusier e Mies van der Rohe, per farci un’idea, Lloyd ha ripreso dal padre molti elementi linguistici lungo la sua carriera di progettista.
L’esempio perfetto è proprio la sua Samuel-Novarro House, a Los Feliz. Wright la progetta nel 1928 per Louis Samuel, manager del divo Ramon Novarro: quest’ultimo si accorge che quella casa esiste grazie a un’appropriazione indebita dei suoi guadagni, e quindi se ne appropria lui, salvo disfarsene poco dopo. Inizia una storia abbastanza lastricata di nomi stellari, tra Leonard Bernstein nel dopoguerra e Christina Ricci negli anni 2000, ma è nel 1988 che proprio Keaton acquista la casa e la restaura con l’architetto Josh Schweitzer: identificata con lo stile del “periodo Maya” di Wright padre, la Samuel-Novarro House è caratterizzata proprio da quel déco idiosincratico denso di riferimenti all’America precoloniale, che Keaton e Schweitzer hanno voluto enfatizzare, ricreando ampiamente degli interni che erano andati perduti nei vari passaggi di mano.
Lasciata Los Feliz a metà anni ’90, nel 2007 Keaton torna ad occuparsi di Wright. Acquista infatti un’altra sua casa, ma stavolta progettata negli anni ’50, a Rustic Canyon, in quelle Pacific Palisades minacciate dagli incendi di inizio 2025, e già indirizzo di diverse Case Study Houses tra cui la leggendaria Eames House. Qui si tratta di un’altra architettura, nata per il compositore Alfred Newman, dove Wright figlio riprendeva temi del padre: il centro del sistema domestico è infatti quel caminetto asimmetrico in mattoni che era stato fondamento delle Prairie Houses primonovecentesche, un’eco dei tokonoma giapponesi. Le finestre d’angolo si ritrovano ovunque, e con loro una finestra a nastro al primo piano, dove Keaton colloca la suite padronale.
La casa di Pacific Palisades – altro punto che avvicina Keaton a David Lynch, anche lui inquilino di una villa firmata Lloyd Wright – torna sul mercato a metà 2025, senza che le venga lasciata la possibilità di essere chiamata “l’ultima casa di..”: Keaton infatti ha continuato per tutta la sua vita a sperimentare coi luoghi in cui abitava, dalla sua prima casa nell’Upper West Side newyorkese degli anni di Annie Hall, fino a quella losangelina creata a partire dalle sue ispirazioni raccolte in un Pinterest, alle esperienze desertiche di quella nel Barrio Viejo di Phoenix, Arizona. Un eclettismo tenuto insieme da lunghi periodi a Los Angeles, dal grado di vulcanicità che potremmo solo riassumere in una citazione proprio di diane Keaton. “La dee dah. La La.”
Immagine di apertura: La Samuel-Novarro House di Lloyd Wright a Los Feliz, Los Angeles. Foto By Stilfehler - Own work, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
