Le architetture incompiute in Italia: 5 esempi che devi conoscere

Con il libro Incompiuto, il fotografo Roberto Giangrande ha mappato i cantieri mai conclusi che punteggiano l’Italia, da Venezia a Palermo, trasformando la fotografia d’architettura in uno strumento di denuncia civile.

Viviamo nel “Bel Paese”. O, almeno, questo è quello che ci viene raccontato attraverso l’epiteto maggiormente utilizzato per riferirsi all’Italia. Eppure, osservando le fotografie raccolte nel libro Incompiuto (ed. Emuse, 2024) del fotografo romano Roberto Giangrande, il dubbio del contrario non può che insinuarsi. Tra 2016 e 2019, Giangrande percorre tutta l’Italia per documentare una fenomenologia che perturba il nostro territorio da decenni, quella appunto dell’incompiuto. L’esito di questo Grand Tour è cristallizzato in una cinquantina di scatti a infrastrutture, centri direzionali, ospedali, impianti sportivi e edifici residenziali – alcuni abbandonati al paesaggio come una carcassa, altri completati e dotati persino di arredi e apparecchiature, ma mai inaugurati.

Foto Roberto Giangrande

“L’origine di questo progetto risiede in un’assenza”, racconta a Domus Giangrande. “Vivo in Francia da anni, e solo qui – dove gli incompiuti di fatto non esistono, non almeno in queste proporzioni e con queste caratteristiche – ho iniziato a capire che si trattava di un fenomeno prettamente italiano. La ricerca preliminare è stata lunghissima: senza un database degli incompiuti, ho dovuto ricorrere a forum, blog e riviste online per individuare gli esempi più significativi. Una volta effettuata la selezione, l’unico modo per misurare l’impatto visivo di ciascun luogo è stato recarmi a fotografarlo personalmente”.

Vero e proprio stile architettonico – il più importante degli ultimi decenni, secondo la nota tesi espressa da Alterazioni Video e Fosbury Architecture – l’incompiuto si presta a sollecitare suggestioni formali che evocano il fascino straniante proprio della rovina. Eppure, inquadrati come un’architettura isolata, o in rapporto al loro contesto, gli edifici incompiuti documentati da Giangrande sono soprattutto un’opportunità per raccontare storie che a questi cantieri perpetui intrecciano il malaffare, la criminalità organizzata, il disastro ambientale e lo sperpero economico. Documentando, ben oltre la spregiudicatezza affaristica e il panegirico burocratico, il collasso di una comunità. E offrendo al genere della fotografia d’architettura un’opportunità per farsi strumento contagioso di indignazione sociale.

Una mostra de l’Incompiuto è presentata in questi giorni (fino al 19 ottobre 2025) alla Torre Viscontea di Lecco nell’ambito della 28esima edizione di Immagimondo organizzata da Les Cultures Aps.

Pizzo Sella, Palermo, Sicilia

Pizzo Sella, “la collina del disonore”. Foto Roberto Giangrande

La storia di Pizzo Sella, nota come “la collina del disonore”, è uno degli episodi più emblematici di abusivismo edilizio e speculazione mafiosa in Sicilia. Nel 1978 il Comune di Palermo rilascia centinaia di concessioni edilizie alla società Sicilcalce Spa, gestita da Rosa Greco, sorella del boss di Cosa Nostra Michele Greco. Qui vengono costruite circa 170 villette, spesso fuori legge e con pratiche di corruzione e riciclaggio di denaro mafioso. Ben presto emergono le irregolarità: la zona era soggetta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, e la magistratura avvia indagini che culminano nel sequestro dell’area e nell’avvio di un lungo iter giudiziario. Negli anni Duemila, dopo la sentenza di confisca, l’area rimane in gran parte abbandonata; circa cinquanta villette vengono regolarizzate, mentre le altre sono lasciate incomplete. Dal 2013, il luogo è stato in parte riqualificato grazie all’intervento di collettivi di street artist che hanno dato vita al Pizzo Sella Art Village, trasformando le costruzioni fantasma in tele per murales e installazioni. Oggi il futuro di Pizzo Sella resta incerto, sospeso tra richieste di demolizione e proposte di riqualificazione, e rappresenta una ferita profonda per la città e un monito sulla devastazione paesaggistica causata da malaffare e omissioni istituzionali.

Variante ferroviaria di Reggio Calabria, Cannitello, Reggio Calabria

Variante ferroviaria di Reggio Calabria. Foto Roberto Giangrande

Inizialmente progettata come infrastruttura ancillare al futuro Ponte sullo Stretto di Messina, la variante è divenuta parte di una più ampia strategia di potenziamento della rete ferroviaria locale e nazionale, anche nell’ambito della nuova Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria. Negli anni Duemila il progetto riceve l’approvazione dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) che finanzia la prima fase dell’opera con 19 milioni di euro e stabilisce tempi di realizzazione. Il 10 marzo 2010 viene siglato un protocollo d’intesa tra la Prefettura, la Stretto di Messina Spa, Eurolink Scpa e le organizzazioni sindacali, volto a garantire legalità nei cantieri, a fronte delle pressioni mafiose e delle infiltrazioni della ‘Ndrangheta nel ciclo degli appalti. L’opera viene periodicamente ridefinita: da semplice variante logistica si trasforma in nodo strategico per la continuità del servizio ferroviario durante i lavori alla galleria propedeutica al Ponte e, successivamente, per l’integrazione del territorio meridionale nella rete ferroviaria nazionale ad Alta Velocità. Il dibattito pubblico, ripreso tra ottobre 2023 e gennaio 2024, ha coinvolto enti locali e cittadini per discutere impatti, benefici e profili di legalità.

Centro Direzionale Baia dei Campi, Vieste, Foggia

Centro Direzionale Baia dei Campi. Foto Roberto Giangrande

Il progetto nasce negli anni ’80 come “Centro pilota per lo sviluppo integrato del turismo pugliese” con l’obiettivo di ospitare attività per il rilancio economico del Gargano. La Regione Puglia stanzia i primi fondi: 23 miliardi di lire vengono destinati al centro, cui si aggiungono altri 38,86 miliardi elargiti dallo Stato attraverso il Ministero del Bilancio e la Cassa del Mezzogiorno. I lavori iniziano a metà del 1988 e vengono affidati ad una cordata di imprese: Italscavi spa, Icamar srl, Trisciuglio srl di Foggia, Giannotta di Cannole (Le) e Diemme Costruzioni. Sin dalle prime fasi emergono difficoltà legate a varianti progettuali, ritardi cronici e controversie sulla corretta procedura di appalto. Nel 2023 il complesso è stato acquistato dalla MARTUR srl, senza che sia ancora stato raggiunto un accordo per la sua valorizzazione o riutilizzo.

Ponte Nord, Parma

Il Ponte Nord di Parma. Foto Roberto Giangrande

Il Ponte Nord a Parma, ideato nei primi anni 2000 su progetto dell’architetto Vittorio Guasti per collegare la stazione ferroviaria all’area dell’European Food Safety Authority (EFSA), è stato inaugurato nel 2012. La struttura, un tunnel in acciaio e vetro su tre livelli destinato a ospitare spazi espositivi, commerciali e culturali, risulta però incompleta e senza autorizzazioni per usi permanenti a causa della legge Galasso, che vieta costruzioni stabili sugli alvei di fiumi e torrenti. L’opera diventa così un guscio vuoto, utilizzabile solo per eventi temporanei e come passaggio pedonale e ciclabile. Negli anni successivi, il Comune ha tentato invano di ottenere deroghe legislative. Nel 2024 è stato presentato un progetto di riqualificazione per trasformare il Ponte Nord nella sede dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Po attraverso l’inserimento di aree espositive per eventi. I lavori, la cui conclusione sarebbe prevista per il 2025, sono sostenuti da fondi statali. Tuttavia, la gestione e l’apertura completa del ponte restano ancora da definire.

Alloggi popolari, La Giudecca, Venezia

Alloggi popolari de La Giudecca. Foto Roberto Giangrande

Nel 1983 l’Istituto Autonomo Case Popolari di Venezia avvia un concorso architettonico per riqualificare il Campo Marte della Giudecca. Bandito nel 1985, il concorso viene vinto da Álvaro Siza e trova tra i collaboratori anche Aldo Rossi. Nel 2008 viene consegnato il primo lotto dell’edificio a “L” composto da 32 appartamenti, e nel 2009 ne viene annunciata ufficialmente la conclusione. Rimane però incompleta la seconda parte dello stesso edificio, con altri 19 alloggi rimasti per anni al grezzo e rimessi in cantiere dall’ATER solo a partire dal settembre 2024. Le opere di urbanizzazione esterna, come pavimentazioni, reti tecnologiche e la sistemazione del campicello centrale, restano ancora da completare, mentre il cantiere dell’edificio progettato da Rafael Moneo, pensato per chiudere il complesso, non è mai stato avviato a seguito di una controversia tra ATER e Comune di Venezia del 2021 relativa ai finanziamenti per la sua costruzione e alla realizzazione dei servizi.

Immagine di apertura: Foto Roberto Giangrande

Ultimi articoli di Architettura

Altri articoli di Domus

China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram