Il condominio immaginario di 17 ragazzi sottoposti all'isolamento

Condominy, progetto dedicato all’Istituto Nazionale dei Tumori, racchiude in un microcosmo disegnato per alleviare l’allontanamento della quotidianità.

“Stiamo costruendo un condominio: sarà un palazzo fatto di stanze vicine o lontanissime. Lo stiamo progettando grandissimo, potrebbe occupare l’intero Universo, se lo volessimo. Lo faremo solido e bellissimo. E ci metteremo comodi, perché anche rimanendo fermi si può andare dappertutto.” Così, nel maggio 2018, l’artista Cristina Pancini annunciava il progetto Condominy in fase di avvio nell’ambito del Progetto Giovani dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. E così inizia il suo testo per la pubblicazione, di recente uscita, che sintetizza i suoi due anni di lavoro con 17 ragazzi adolescenti allora sottoposti a isolamento per via dell’immuno depressione causata dalle cure in corso.

Condominy, come il nome suggerisce, è un condominio; un edificio composto da tante stanze concepite dai ragazzi stessi a propria immagine e somiglianza; ognuna un microcosmo che rivela attitudini, desideri, esigenze di persone che, in un’età già di per sé complessa come l’adolescenza, si trovano ad attraversare un momento di estrema vulnerabilità; e che solo in se stessi possono trovare gli strumenti per sopravvivere emotivamente non solo all’apprensione o alla paura, ma all’allontanamento da ogni quotidianità. La sfida è stata di rispettare la loro necessità di distanziamento fisico impedendo però che l’isolamento prendesse il sopravvento. A questo fine il progetto ha fatto emergere e veicolato sogni, desideri ed esigenze, li ha messi in comune affinché potessero essere condivisi.

A partire dal momento della presentazione del progetto, proseguendo con la scelta del nome e delle reciproche stanze, la comunicazione è fluita on line. Gli ambienti immaginati dai ragazzi hanno poi potuto prendere forma grazie allo studio di architettura casatibuonsante architects, che ha cercato di individuare soluzioni progettuali aderenti alle richieste dei ragazzi, dando loro forma tangibile, insieme al modellista Matteo Candiani, al fotografo Louis De Belle e alla grafica Roberta Cesani, anche alle richieste più fantasmagoriche.

Il settecentesco Viaggio intorno alla mia camera, scritto in un periodo di reclusione da Xavier De Maistre, è stato, per Cristina Pancini, una sorta di viatico.

Ma Condominy non nasce da un’iniziativa estemporanea. Ha invece solide radici.

L’artista realizza da tempo progetti legati al tema dell’isolamento e alla possibilità di continuare a desiderare, a sperare, a immaginare anche in condizioni di fragilità. Tra i suoi progetti ci sono stati, negli anni passati, UN’ORA SOLA TI VORREI, più 23 minuti, dedicato a un gruppo di grandi anziani, realizzato a Milano per e con Il Lazzaretto, la Casa Museo Boschi Di Stefano e la Casa di Riposo Don Leone Porta; e Caterina, realizzato a Palazzo Strozzi e dedicato alle persone con Alzheimer e a chi se ne prende cura.

Stanza di Viola, da Progetto Giovani, pubblicato nel libro ‘Condominy’

E d’altra parte l’invito a Cristina Pancini era arrivato da Paola Gaggiotti, artista a sua volta, da sempre attenta ai temi della cura e attiva per alcuni anni, fino alla fine del 2019, come coordinatrice artistica del Progetto Giovani nel reparto di Pediatria Oncologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori; desiderosa di dare modo di incontrarsi, esprimersi e dialogare anche a quei ragazzi che si trovavano nell’impossibilità di partecipare alle attività per i giovani in quanto  confinati in una stanza per via del decorso delle cure.

Contemporaneamente a Condominy Gaggiotti stava seguendo un altro intervento, affidato a Valerio Rocco Orlando, artista che da sempre tende a partire dalla dimensione di ascolto di una comunità per poi procedere con un’attività di regia. Tra gli esiti del suo lavoro c’è il video Manuale di Sopravvivenza, la cui realizzazione è tuttora in corso, che riguarda il periodo del reinserimento dopo la malattia, e il bagaglio di esperienza che, con tutte le sue implicazioni, questa lascia in chi l’ha attraversata.

Oggi l’intero lavoro sul tema dell’isolamento realizzato dal Progetto Giovani insieme agli artisti assume un senso paradigmatico e suona come una premonizione. Basti leggere qualche riga del testo introduttivo del suo responsabile, il dottor. Andrea Ferrari: “Il tempo è sospeso, la vita è chiusa fuori e non può entrare neanche con la mascherina, e ci vuole grande determinazione e fantasia e matura consapevolezza per non sentirsi prigionieri senza un perché, senza un futuro.” Ma non solo. Questo progetto e la relativa pubblicazione costituiscono un’occasione per riflettere sul senso e sul valore dell’arte in relazione a situazioni reali, in cui lo stato di necessità è tangibile e cogente, ma le risposte vanno ancora individuate. Proprio l’arte ha la libertà indispensabile per poter procedere oltre e al di là di qualsiasi premessa disciplinare, di qualsiasi griglia di lettura preordinata. Imprevedibile, magari insubordinata rispetto alle richieste che le possono arrivare, ma sensibile, capace di captare e far emergere questioni irrisolte ed energie sotterranee inespresse. “L’arte non cura - scrive nel libro Gaggiotti. […] Non è terapia, svago, pretesto comunicativo. È invece la voce della comunità in cui si colloca; è la possibilità di parlarci dritto al cuore. Di costruire significati anche dove non li troviamo più”.

Immagine di apertura: stanza di Andrea, da Progetto Giovani, pubblicata nel libro ‘Condominy’

Condominy, Progetto Giovani dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (Int). La pubblicazione: Condominy, Boîte Editions. Per riceverla, gratuitamente: condominy@gmail.com

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