Past, Present, Future. Intervista all’autore Gianpiero Venturini

Il curatore della serie di video-interviste a 11 architetti internazionali ci racconta del suo approccio alla ricerca e dei suoi progetti futuri.

"Time for Impact", Venice, 2016. Foto Jade Eleonoire

Come si relaziona la serie di video-interviste “Past, Present, Future” rispetto agli altri progetti del tuo studio Itinerant Office? E con il New Generations Festival?
Itinerant Office da una parte vuole comprendere i cambi che hanno caratterizzato la professione dell’architetto a seguito della crisi economica, dall’altra anche di tutti quegli aspetti ­– sociali, politici, tecnologici – che definiscono la contemporaneità. Fin dai primi lavori, è emersa la necessità di definire ambiti di ricerca e formati mutevoli, che si sono tradotti piattaforme online, video, progetti editoriali più o meno sperimentali, laboratori, dibattiti ed eventi. La piattaforma New Generations mette in dialogo la generazione a me più vicina. Nasce dalla ricerca di Itinerant Office, ed è il primo di tanti progetti che oggi ha raggiunto una sua autonomia. Itinerant Office e New Generations dialogano e si alimentano l’uno della ricerca dell’altro. La serie “Past, Present, Future” rappresenta questa doppia chiave di lettura. Infatti è partito come parte della ricerca di New Generations, diventando poi un progetto indipendente. Sono incuriosito anche da chi è riuscito a costruire un percorso di successo, definendo temi e anticipando tendenze. Anche loro, come i “New Generations”, hanno cominciato da zero, tanti anni fa. Ogni intervista è stata suddivisa in tre sezioni, ognuna delle quali offre ampi spunti di riflessione, rivolgendosi a un ampio pubblico.

Raccontaci del dietro le quinte, di qualche aneddoto delle tue visite agli studi. Quale progettista ti ha colpito di più? Un momento per te significativo?
Past, Present, Future è uno di quei progetti che rappresentano in toto la vita del curatore indipendente. Una call vinta all’ultimo, pochissimo tempo da dedicare agli aspetti organizzativi, un viaggio di cinque giorni tra Amsterdam, Rotterdam e Delft, e di un paio di settimane in Italia, tra Milano, Venezia, Bologna e Firenze, tantissimo lavoro di post-produzione. È difficile scegliere un intervistato preferito: Kees Christiaanse è quello che più mi ha sorpreso, tra i meno mediatici ma capace di esprimere concetti complessi con parole estremamente semplici. Cino Zucchi è senza ombra di dubbio il più simpatico, con uno studio pieno zeppo di rari gadget da collezionista, tra cui una serie di maschere da supereroe, indossate durante il backstage.

Quasi tutti gli intervistati che di ‘Past, Present, Future’ consigliano quella che potrebbe sembrare una banalità: ‘be curious, stay open minded, travel as much as you can’.

Perché il tuo progetto è itinerante? Quali sono le opportunità e gli svantaggi?
Quasi tutti gli intervistati che hanno preso parte a “Past, Present, Future” consigliano quella che potrebbe sembrare una banalità: “be curious, stay open minded, travel as much as you can”. Da Stefano Boeri a Kees Christiaanse, passando per Francine Houben, Cino Zucchi e Nanne de Ru. Nella sua semplicità, è uno dei principi su cui si fonda tutta la mia attività di ricerca, ancor prima che si trasformasse in un vero e proprio lavoro. Dal 2004 vivo all’estero. Dopo un Erasmus a Lisbona e la tesi in Brasile, ho frequentato un corso post laurea a Madrid, ed ho avuto alcune esperienze lavorative ad Amsterdam, Tokyo e Barcellona. Ho proseguito questo percorso, vivendo e lavorando tra Londra, Milano, Rotterdam e Madrid, dove sono da poco tornato, senza definire per quanto tempo rimarrò. Pro e contro: non fermarsi mai apre infinite possibilità dal punto di vista lavorativo e personale. E’ una grande opportunità, ma credo sia importante essere predisposti a questo stile di vita, che presenta anche tanti svantaggi.

Il New Generations Festival è forse l’unico in ambito di architettura a essere organizzato da un curatore indipendente e non da un’istituzione. Vorrei ci parlassi del “lavoro sporco” e di networking che fai, i bandi che segui…
Chi realizza progetti senza trovare la ricetta per renderli economicamente sostenibili lo fa perché, banalmente, ha risorse economiche proprie da investire. Per forza di cose, mi son sempre trovato costretto a definire degli obiettivi raggiungibili in base a dei semplici criteri di sostenibilità. Trovare uno sponsor, partecipare a un bando, scrivere un progetto in grado di convincere un cliente pubblico o privato a finanziare le proprie idee: sono tutti aspetti necessari e che cerco sempre di perfezionare. Gli olandesi mi hanno insegnato quanto sia importante essere “clienti di te stessi” (be your own client), saper sviluppare le proprie idee, trovando anche le risorse economiche necessarie per “arrivare alla fine del mese” – pratica comune nel mondo dell’arte, meno in quello dell’architettura. Ritengo che il nostro sia un lavoro come tanti altri: ma se un architetto lavora il doppio delle ore guadagnando la metà rispetto a uno stipendio normale, è forse arrivato il momento di scendere dal piedistallo che abbiamo costruito, auto proclamandoci più bravi ed interessanti degli altri. 

Parlaci dei tuoi progetti in corso e futuri.
Mi sono da poco trasferito a Madrid, dove ho aperto una collaborazione con il CityLab di IED, e con il quale stiamo studiando un nuovo formato per portare New Generations all’estero. Parallelamente, sto curando una mostra con i risultati di “Past, Present, Future”, che verrà inaugurata il prossimo aprile, all’interno di CANactions, un festival di architettura a Kiev. Il progetto di interviste continuerà con una nuova selezione di grandi architetti che incontreremo nei prossimi mesi. Infine, a breve pubblicheremo online una serie di video-interviste fatte a una selezione di studi che hanno partecipato all’ultimo New Generations Festival.

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