
Perché Jujol come punto di partenza?
Il punto di partenza del mio lavoro di ricerca è Josep Maria Jujol, architetto che ha lavorato insieme con Gaudí, libero, originale e per questo impossibile da classificare. Il progetto è la sua casa più famosa, la Casa Bofarull, una residenza di campagna del Cinquecento. Le due proprietarie chiedono a Jujol di riparare il tetto e questo incarico diventa vent’anni di lavoro, interrotti e ripresi secondo la disponibilità finanziaria delle committenti. In venti anni (dal 1913 al 1933) Jujol trasforma la vecchia casa in qualcosa di nuovo. Quello che si vuole mostrare è il processo, la maniera di fare. Come si approccia al progetto, quali sono i suoi materiali. Attraverso i disegni originali dell'archivio di Jujol comprendiamo come lavora, la sua idea di una serie di frammenti che hanno una loro unicità, ma creando un dialogo si mescolano. La tesi del padiglione è che questa stessa maniera di lavorare di Jujol si trova anche nell'architettura catalana degli ultimi 100 anni. Da una parte, mostriamo il processo di realizzazione dell'architettura. Dall'altro, il modo in cui percepiamo questi edifici quando l'architettura è terminata, grazie a una serie di lavori video realizzati apposta per la biennale con artisti, attori, musicisti.

Come è avvenuta la selezione delle architetture in mostra? Qual è il filo conduttore?
Abbiamo scelto sedici progetti di architettura che hanno la capacità di mescolare, sanno intrecciare, si innestano. Ogni architetto lavora a suo modo. Quello che rivendichiamo è invece un modo di fare capace di creare un dialogo tra l'architetto e il posto. È interessante come l'architetto non sia mai una star, ha un modo di porsi delicato, il suo intervento non stravolge l'esistente. Siamo parte di un livello temporale, riceviamo quello che ci lascia chi è venuto prima e, a nostra volta, dobbiamo contribuire. Questo vuole dire che abbiamo l'opportunità di migliorare, come avviene con l'innesto. Ci sono interventi di varia natura e di diversa scala: dagli appartamenti all'ultimo piano della Pedrera progettati da Francisco Juan Barba Corsini negli anni Cinquanta, un lavoro di grande dialogo, alla piazza coperta disegnata da RCR arquitectes, recuperando l'assenza di un teatro demolito, con un ponte che collega due parti della città divise da un fiume. È una struttura molto radicale, che lavora sul tema dell'assenza. Cambiando scala e idea, si passa al progetto paesaggistico di Battle i Roig per la Vall d'en Joan, un pezzo immenso di paesaggio, profondo come la Sagrada Família, deturpato dalla ex discarica di Barcellona e quindi tutto da ripensare quando si decise di chiudere la discarica. Gli architetti hanno cercato attraverso quello che c'era di creare elementi che ricordano l'agricoltura e, pian piano, dopo 8 anni, nonostante i gas e l'acqua contaminata, la natura sta facendo il suo corso. L'uomo ha innestato la natura dove era stata distrutta, sempre dal suo intervento.

Che tipo di materiali avete scelto di mostrare oltre alle fotografie?
Abbiamo chiesto agli architetti di mostrare il processo del loro lavoro, per questo ogni presentazione è diversa dall'altra perché ogni architetto segue un processo diverso. Calderon e Folch, due architetti giovani, per esempio, al posto di spiegare con disegni raccontano il loro progetto con parole e concetti. In questo modo, parlano della loro relazione con la casa, con il fabbro e con i committenti. Flores e Prats, invece, hanno raccolto un lavoro lungo diciotto anni dentro a un armadio, e hanno deciso di portare a Venezia l'armadio.
Sono intervenuti a Palma di Maiorca su un palazzo di origine araba che ha diversi strati progettando il centro culturale Casal Balaguer. Nell'armadio hanno messo tutti i modelli che hanno usato.

Quello dell'innesto è un tema ricorrente in Catalogna?
Credo di sì, stiamo parlando di diverse generazioni di architetti, diverse tipologie e diverse scale di progetto, tutte unite dallo stesso approccio: saper riconoscere la fragilità dei posti. Garcés, De Seta / Bonet Arquitectes hanno progettato tre stazioni del metro lasciando tutti gli impianti e le strutture a vista e riconoscono l'opera civile che doveva essere nascosta.
Interventi di diversa scala, progetti nuovi e progetti di recupero, ma con la stessa attitudine. La consapevolezza cioè che non sei il primo ad arrivare in un posto.
Nel centro di psichiatria progettato insieme con i pazienti da Miàs Arquitectes il dialogo, l'innesto non è tanto con la casa che esisteva, ma con il modo di lavorare del medico. Parliamo qui non tanto di un edificio, ma delle persone, è un'altro modo, delicato, di riconoscere il luogo.
Grafting Architecture. Catalonia at Venice
Organizzazione: Institut Ramon Llull
Curatore: Josep Torrents i Alegre
Co-curatori: Guillem Carabí Bescós & Jordi Ribas i Boldú
Cantieri Navali, Castello, 40 (Fondamenta Quintavalle)

Fino al 23 novembre 2014
14. Biennale di Architettura
Fundamentals
Cantieri Navali, Castello, 40, Venezia

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