Lebbeus Woods 1940—2012: un omaggio collettivo

Steven Holl, Neil M. Denari, Christoph A. Kumpusch, Zaha Hadid, Thom Mayne e altri dieci tra amici, ammiratori e collaboratori ricordano il "coraggioso creatore di mondi", scomparso lo scorso ottobre.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 965, gennaio 2013

Steven Holl
Nel 1979, per il sesto numero di Pamphlet Architecture, Lebbeus Woods fece un progetto intitolato Einstein Tomb. Era l'idea strabiliante di una tomba in viaggio nello spazio, su un raggio di luce. Oggi, la immagino occupata da Lebbeus stesso. Il 30 ottobre 2012, fu lanciato in orbita da Lower Manhattan, attraverso un uragano. Le sue opere avevano il carattere di una rivolta originale, metafisica. Lavorava "fuori dal tempo", lontano dalle tendenze postmoderne (1975-1985), in una posizione distinta rispetto al decostruttivismo (1985-1995) e nettamemente differente dall'architettura blob generata a computer (1995-2005). Woods scrisse di Guerra e Architettura animato da uno spirito di rivolta contro lo Stato. Analogamente scrisse di 'resistenza', ma come fosse una riflessione scettica, nella quale s'invocava "un'idea indipendente tanto dell'architettura quanto del mondo". Ecco alcuni precetti tratti dalla sua Resistance Checklist:
• Resisti a quanto appare inevitabile
• Resisti alle persone che sembrano invincibili
• Resisti a qualsiasi idea con la parola algoritmo
• Resisti all'impulso di disegnare forme blob
• Resisti al desiderio di partire per Parigi, in primavera
• Resisti al desiderio di trasferirti a Los Angeles, sempre
• Resisti all'idea che l'Architettura sia un edificio
• Resisti all'idea che l'Architettura possa salvare il mondo
• Resisti alla speranza di ottenere quell'incarico importante
• Resisti all'impulso di procurarti lavori
• Resisti alla voglia di prendere la strada con minore resistenza
• Resisti alla tentazione di parlare veloce
• Resisti a chiunque ti chieda di progettare solamente la parte visibile
Resisti all'idea di avere bisogno di un cliente per fare architettura

Stefano Boeri
Di Lebbeus Woods ricordo una vicenda emblematica. Quando uscì sugli schermi L'esercito delle 12 scimmie, fu chiaro a tutti che la scenografia era totalmente ispirata alla sua Neomechanical Tower (Upper) Chamber. Lui protestò e chiese ragione di questa dimenticanza. Tutti capirono, comunque, che il cinema aveva involontariamente consacrato l'architettura di uno dei più visionari progettisti urbani del pianeta. Ecco, Lebbeus era questo: un architetto dell'immaginario che, come pochi altri nella storia (Cedric Price e Yona Friedman tra loro), ha saputo costruire scenografie potenti (perché inquietanti e rivelatrici) del pensiero collettivo del mondo.

In apertura: Lebbeus Woods, <i>Underground Berlin</i>, 1988. Qui sopra: Lebbeus Woods, DMZ, 1988-1989. Le immagini di questo articolo sono pubblicate per gentile concessione della famiglia Woods.
Ad Aleksandra Wagner, moglie di Lebbeus
Woods, i nostri più sentiti ringraziamenti
In apertura: Lebbeus Woods, Underground Berlin, 1988. Qui sopra: Lebbeus Woods, DMZ, 1988-1989. Le immagini di questo articolo sono pubblicate per gentile concessione della famiglia Woods. Ad Aleksandra Wagner, moglie di Lebbeus Woods, i nostri più sentiti ringraziamenti

Neil M. Denari
Conoscere Lebbeus voleva dire conoscere un vero essere umano. Una persona che si limitava a vivere, cosa che la maggior parte di noi non fa. Essenzialmente viveva per gli altri, anche quando perpetuava il mito del personaggio singolare. Lavorava per comunicare, non per soddisfare. Amava la lotta per affermare una superiorità morale, ma in nome dei principi. Amava il piacere non per edonismo, ma come esperienza condivisa. Nella sua forma di vita, il mondo era un gigantesco, infaticabile organismo cibernetico che descriveva attraverso i propri disegni, le proprie idee, i propri scritti e il proprio amore per l'umanità. Viveva il proprio lavoro e questo lo faceva vivere. Ti faceva esistere in maniera più profonda. Se Lebbeus è sempre stato ossessionato dalla metrica delle cose e dal modo in cui misuriamo sistemi e fenomeni, la sola cosa che non si sia mai potuta quantificare è stata la sua vita. Lebbeus Woods continua a vivere.

Zaha Hadid
È una terribile perdita. Lebbeus era un amico e un grande architetto. La sua opera, piena di intuizioni e immaginazione, ha esplorato il fantastico potenziale e dinamismo dello spazio con proposte radicali e potenti disegni che hanno esercitato una grande influenza. Il suo Light Pavilion di Chengdu ci ricorderà sempre, in maniera tangibile, che la nostra professione ha perso una grande voce.

Lebbeus Woods, Solohouse, 1988-1989

Christoph A. Kumpusch
In una delle nostre ultime conversazioni, Lebbeus disse: "Vedi, Christoph, il problema maggiore, che puoi avere nella vita, è non avere problemi". Questo fu il suo commento, quando finimmo di guardare le foto del Light Pavilion che Iwan Baan aveva appena inviato da Chengdu. Lebbeus mi spiegò che il padiglione poneva un problema, più che una soluzione. Era di ottimo umore, eccitato dalle immagini che apparivano sullo schermo del portatile e dal pensiero di come la gente avrebbe reagito, una volta che ne fosse stata terminata la costruzione. "È una cosa assolutamente unica. Non è mai stata fatta prima, vero?". Brindammo—generosamente—e festeggiammo, noi due da soli, alle dieci e venti di mattina. Lebbeus prese un bicchiere, lo riempì e proclamò: "Questo è per Steve, il mio primo e migliore cliente". Verso le undici, stavamo già pensando a un altro progetto: "Questo li batte tutti! Quando iniziamo?". Lebbeus adorava la battuta di Kasper Gutman nel film Il falcone maltese, quando, poco prima dell'arrivo della polizia, dice: "I migliori addii sono i più brevi".

Geoff Manaugh
Lebbeus Woods era assolutamente unico e totalmente insostituibile: una vera forza terreste per ripensare il rapporto dell'architettura non solo con il pianeta e la forza di gravità, ma anche con ogni genere di sistema filosofico che nutra una qualsiasi fiducia nella stabilità e nella tranquillità. Lebbeus s'immerse a capofitto nella guerra, nella sismicità, nella crisi dei centri urbani e persino nello spazio profondo, dove la prospettiva e l'orizzonte non hanno senso: non per celebrare l'assenza di fondamenta, ma per aiutare tutti noi a escogitare nuovi modi di far parte di un gruppo, di costruire e trovare un piano di riferimento degno di fiducia (posto che una cosa del genere possa esistere). Questa è l'architettura migliore, quella più immediatamente rilevante e Lebbeus—l'instancabile Lebbeus—sarà con tutto il cuore ed eroicamente rimpianto.

A sinistra: Lebbeus Woods, Solohouse, 1988-1989. A destra: Lebbeus Woods, Aerial Paris, 1988-1989

Thom Mayne
Lebbeus, uomo di grandissima statura morale e dall'insaziabile curiosità intellettuale che lo spingeva a esplorare quanto gli sembrava essere in architettura un potenziale— esercizio di una mente libera, non disposta a soccombere al contingente e ai compromessi della nostra disciplina. Un impegno di uguale forza e peso per l'analisi politico-culturale era essenziale nella sua idea di architetto, insegnante e scrittore. Era, soprattutto, interessato ai valori: a che cosa serve l'architettura? La sua concezione etica del nostro lavoro gli ha dato un'autorità morale unica che ha influenzato generazioni di architetti. La sua ricerca mirava a un'autenticità del presente— edificare l'inedificabile, caratterizzato dalle ambiguità del tempo, dalla natura effimera del durevole, dal peso (la gravità), dalla fisicità e da un contenuto emotivo che univa l'ottimismo critico e un senso di melanconia. Ci siamo cercati per discutere, per approfondire e per analizzare criticamente l'uno il lavoro dell'altro per tutto il corso delle nostre carriere. Ogni volta che ho dovuto prendere una decisione importante, mi ha ascoltato e ha lasciato il suo nido remoto e solitario per calarsi nel lavoro di cui mi stavo occupando. Arrivava quasi a identificarsi con me, nel senso che capiva e sosteneva completamente intenzioni e aspirazioni. Tra noi, vi erano un rispetto e un amore straordinari e sentirò terribilmente la sua mancanza. Aveva trovato il suo posto nel mondo e lo ha vissuto liberamente e pienamente sino alla morte.

Eric Owen Moss
Vado a foggiare nella fucina della mia anima la coscienza increata della mia razza e tenterò di esprimere me stesso in un qualche modo di vita o di arte, quanto più potrò liberamente e integralmente, adoperando per difendermi le sole armi che mi concedo di usare: il silenzio, l'esilio, l'astuzia". Così parlava Stephen Dedalus, l'alter ego di Joyce. Io non so se l'obiettivo di Joyce sia raggiungibile. Ma è la difesa più commovente dell'eroica aspirazione di Dedalo che io conosca. Questa aspirazione risuonava anche nella voce di Lebbeus Woods. Questo è l'archetipo Woods. Silenzio. Esilio. Astuzia.

Tomás Saraceno
A ll'interno dei suoi disegni, all'interno del nostro cervello... egli scolpiva come nessuno... spazi che abitiamo, sogni in forma di incubo... e che, come sempre,... erano più reali della realtà...

Michael Sorkin
Lebbeus Woods era un autentico genio. La sua intelligenza era radicale e la sua opera al tempo stesso intensa e naturale, colma di gioia rivoluzionaria. L'ineffabilità del genio è così: lavora in assenza di volontà. L'architettura sgorgava dalla smisurata immaginazione di Leb: era pensiero fatto materia. Leb era veramente il nostro eroe non tanto per il limpido miracolo della sua mano, quanto per quello che sceglieva di fare con essa. Era un uomo di straordinaria integrità e generosità, devoto alla causa dell'architettura come pratica sociale. Produceva arte con uno spirito genuinamente politico, scavando ovunque alla ricerca della verità, mai illustrando, sempre inventando. Sia che si occupasse della devastazione di Sarajevo, della divisione di Berlino, della minaccia dei terremoti a San Francisco o del rischio dell'innalzamento del livello del mare per L'Avana, l'architettura di Leb si collocava nel punto di contatto tra crisi e rimedio. I risultati non erano mai semplice profilassi, ma sempre una ricerca della natura della necessità: l'opera di Leb ha infranto il vincolo del meramente possibile, estendendo sempre i limiti della felicità e della mente. Nel meraviglioso progetto Aerial Paris, Leb immaginò un'architettura acrobatica svincolata dalla forza di gravità, libera e danzante nel cielo. Per tantissimi anni—in progetti urbanistici intricati, misteriosi e splendidamente ordinati, in forme costruttive accese da un potenziale a metà strada tra metafisica e magia—ha creato un mondo che solo lui poteva magicamente far apparire, un mondo che ha definitivamente mutato le dimensioni del nostro. Lebbeus Woods è stato il più grande architetto della sua epoca e la mia vita sarebbe stata molto più piccina, senza il suo esempio e il suo amore.

Peter Noever
Spietato e appassionatamente entusiasta— questo è stato il mio primo pensiero, quando mi è giunta la triste notizia che avevo perso un amico molto speciale: un compagno di strada critico, ma ottimista. I progetti di Woods sono collocati in posti e luoghi, dove realtà contraddittorie vengono brutalmente alla luce sotto forma di crisi. Secondo Woods, il compito dell'architetto è progettare spazi e strutture urbane in grado di reagire alle sfaccettature dell'esistenza umana.

Hans Ulrich Obrist
Con la scomparsa di Lebbeus Woods abbiamo perso uno dei principali teorici dell'architettura. Nel corso di più di 50 anni Woods ci ha introdotto in altre inattese dimensioni. Woods, per il quale l'architettura era una porta aperta verso il possibile, immaginò forme nuove e alternative di pensiero utopico. Ernst Bloch definì l'utopia come "qualcosa di cui si sente la mancanza". In maniera simile a Édouard Glissant, anche l'utopia di Woods era percorsa da tremolii perché trascendeva sistemi di pensiero consolidati e si esponeva all'ignoto. Glissant ha ispirato generazioni di architetti con una profonda dedizione filosofica all'architettura. Una volta, mi disse che si deve dire, sin dall'inizio, che tremare non significa né incertezza né paura; che ogni utopia conosce questo genere di pensiero. L'utopia è una realtà nella quale si può incontrare l'altro senza perdere se stessi. In uno scritto sull'utopia, Lebbeus si chiedeva: "Abbiamo raggiunto la fine dell'utopia come abbiamo raggiunto la fine della storia? Ascoltiamo e osserviamo i più ambiziosi e idealisti della prossima generazione. Sono i soli ad avere la risposta".

Anthony Vidler
Scrivo queste parole in lutto per la morte di un grande insegnante, un artista, e un collega di Cooper Union per decenni. Lebbeus era anche un amico con il quale si poteva discutere dei più reconditi aspetti dell'architettura e che, per il suo senso morale e la sua ferma resistenza allo spettacolo consumista, è stato per tutti noi un punto di riferimento. Molto si racconterà nei prossimi mesi della sua architettura di resistenza, della lealtà e creatività che ispirava nei suoi studenti, dello straordinario insieme di disegni e installazioni tridimensionali e del vuoto incolmabile che lascia nella scuola e in tutti noi. Alla Cooper celebreremo la sua opera con gli studenti. Rivivremo "The Storm", la sua mostra alla Houghton Gallery dopo l'11 settembre, e "The Fall", alla Fondation Cartier di Parigi. E ricorderemo il suo amore per noi e l'umiltà con la quale insegnava e imparava ogni giorno.

Mirko Zardini
Credo che l'eredità più duratura di Lebbeus Woods consisterà nella sua grande—e rara—capacità di dimostrare che è possibile fare coincidere resistenza e ottimismo in architettura. E che l'architettura, proprio come i disegni, "può essere fatta ovunque vi sia abbastanza luce per vedere".

Kenneth Frampton
Lebbeus Woods era un enigma che ha vissuto la propria vita sfidando la società in cui era stato gettato e da cui era assediato. Non è stato un viaggio facile per un uomo come lui, dotato di un crudo senso etico. La frase "A che cosa servono i poeti in tempo di povertà?" avrebbe potuto essere riferita a lui più giustamente che ad altri. Da qui derivava l'incessante distopia della sua immaginazione, la serie continua di visioni angosciose disegnate in maniera compulsiva dalla sua mente talentuosa. Era come rivedere Blade Runner, la profetica mise en scène di un mondo ridotto a macerie, i rottami di astronavi e ponti ferroviari di un'evasione destinata al fallimento. Efesto messo alla berlina dalla ripugnante tracotanza della propria tecnologia, poetica e cosmica, dalla quale persino Lebbeus poteva essere sedotto. Nonostante tutto, rimase sempre l'appassionato paladino dello spirito creativo e questo aspetto lo ha reso un docente motivato e un appassionato educatore di apprendisti architetti. Era un anarchico romantico sino al midollo, cosa che lo rendeva intollerante nei confronti di quelli come me, vecchi studiosi progressisti irriducibili. Una volta, mentre esaminavamo il lavoro di uno studente alla Cooper Union, mi disse: "Questa è la chiesa sbagliata per le tue prediche". Si trattava di questo: un ribelle senza causa contro un socialista senza nazione.