Nei primi commenti sulle Absolute Towers di MAD, la critica ha ampiamente ceduto alla tentazione di concentrarsi sulla loro importanza simbolica per Mississagua, centro canadese non lontano da Toronto, e per la Cina. E come darle torto? Il progetto nasce, infatti, dall'inconsueta convergenza di due circostanze: un concorso internazionale lanciato da una città decisa a uscire dal suo ruolo marginale e la prima vittoria in una gara del genere da parte di uno studio cinese. L'intera vicenda sembrava, quindi, imperniata sul valore aggiunto dell'architettura contemporanea e sulla crescente concorrenza che gli architetti occidentali devono affrontare sia in Cina sia sul terreno di casa. Ma è veramente possibile ridurre l'intrigante natura di queste torri a un'astuta operazione di marketing e geopolitica? Il messaggio implicito in questa lettura è che solamente dei dettagli minuti distinguono le Absolute Towers da schiere di altri grattacieli curvilinei sparsi per il mondo, e che la loro importanza in termini architettonici è trascurabile. E se invece la loro risonanza non fosse accidentale, se fosse piuttosto il risultato di scelte formali insolitamente accorte, meglio comprese nel quadro di una narrativa più ampia, fatta di grattacieli e forme empatiche? Ecco allora che il vero banco di prova del progetto di MAD è stabilire se esso sia in grado di sostenere un più accurato esame della sua rilevanza in termini architettonici.
Viste dalla strada, le torri paiono enigmatiche e incostanti, persino sensuali. Sembrano meticolosamente controllate; eppure la loro geometria interna è ben lontana dall'essere palese. Passando in auto o a piedi, i loro profili mutano continuamente, tanto che sarebbero necessarie notevoli acrobazie cerebrali per definirne il rapporto o per farsi un modello mentale completo della loro geometria. Da un punto di osservazione più ravvicinato, il rebus geometrico permane, ma inizia a farsi predominante un particolare su scala diversa: i terrazzi continui che avvolgono ogni piano fanno lentamente assomigliare le torri a una serie di piatti accatastati in una pila alta e precaria, in apparenza traballante e pronta a crollare, come in un fumetto.


La differenza tra le due torri non va cercata nella loro pianta, ma nell’effetto cumulativo di piccole rotazioni




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