Landworks Sardinia

Una guida sintetica per comprendere le opere e lo spirito che ha guidato la seconda edizione di "LandWorks Sardinia", intervento collettivo di land-architecture sul sito del parco geominerario, storico e ambientale sardo.

È passato qualche mese da quando le miniere dismesse del sito Unesco del parco geominerario, storico e ambientale della Sardegna di Montevecchio, sono state protagoniste della seconda edizione di LandWorks Sardinia, l'intervento collettivo di land-architecture organizzato sotto la direzione scientifica di Stefan Tischer e il coordinamento di Annacaterina Piras e Paola Serrittu. Questo deserto minerale passato al setaccio vede finalmente consolidarsi – e/o dissolversi – le opere realizzate a fine maggio, nei 10 giorni trascorsi in miniera da oltre 60 partecipanti (provenienti da 4 continenti) e 10 tutor, guidate da 5 project leader.

Partner scientifici dell'iniziativa sono stati il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell'Università di Sassari, la Presidenza del Consiglio della Regione Sardegna, il Goethe Institute, la Chair Unesco per il Paesaggio (Cupeum). Le amministrazioni locali dei comuni di Guspini e Arbus, la società mineraria proprietaria delle ex concessioni minerarie e numerose associazioni locali hanno collaborato all'iniziativa e alla programmazione del workshop operativo e durante la realizzazione delle installazioni paesaggistiche effimere in situ.

Per chi volesse vedere i risultati, ecco una guida sintetica per comprendere le opere e lo spirito che ha guidato la loro costruzione, una stenografia stesa "in diretta" durante la realizzazione delle opere.

Ferdinand Ludwig (Baubotanik, Stoccarda)

Ferdinand Ludwig (Baubotanik, Stoccarda)
I suoi tutor, Sergio Sanna e Paola Riviezzo e i suoi studenti scandagliano attentamente tutto il materiale dismesso stoccato in sito. Semilavorati di cui appuntano forme, dimensioni, fattura, possibili usi costruttivi. Ingegneria del pensiero materico in cui l'unico elemento estraneo al sito saranno 20 esemplari di Laurus Nobilis in vaso 24. Poche ore per capire la materia e si inizia già a ipotizzare il progetto con mezza dozzina di plastici, prove strutturali in scala ridotta della sua durabilità. Ed è subito pratica: "Ecco questo potrebbe funzionare!" Insieme, decidono per l'ipotesi che li farà sudare di più. Ferdinand sa motivare il gruppo. L'ufficio di campo si rivela utilissimo per prendere le decisioni operative. La squadra si lancia nella costruzione di una torre di avvistamento, costruita a secco con traverse e binari dismessi e stoccati in loco. Il terreno è improvvido e impone delle regole. Sveglia all'alba, appuntamento sul cantiere alle 7,30, briefing collettivo, condivisione degli obiettivi della giornata, divisione dei compiti, turni di lavoro. Forza e coraggio. 10 persone almeno per movimentare una sezione di 10 metri e 300 kg di binario. Il primo, il secondo, il terzo binario, fino al sedicesimo. Se i binari tendono la direzione al punto di vista, le traverse vanno su. E poi ancora su. Serve un'impalcatura per continuare a salire. Ai lati della torre quattro gradoni di traverse aiutano al sollevamento dei binari. Non ci sono mezzi di cantiere. Non possono essere utili a questo esercizio. La fatica si sente nei muscoli e nelle giovani articolazioni di progettisti ormai definitivamente valorizzate. Dopo pochi giorni l'opera è completa. La scelta del sito, la direzione suggerita allo sguardo, l'estetica strutturale e l'etica del riuso e della contaminazione natura-artificio, stupiscono il visitatore per semplicità e pulizia. Nessun dispositivo per il fissaggio delle parti, sono tettonica e forza di gravità.

Philippe Poullaouec-Gonidec (Cupeum, Montreal)

Philippe Poullaouec-Gonidec (Cupeum, Montreal)
Il sito è estremo, un deserto striato. Da punti di vista privilegiati, le terrazze d'inerti, residui dell'attività estrattiva, budella rovesciate della montagna granitica, degradano interrogative verso la valle, la piana, il mare. Tutto è fermo. Solo in lontananza il movimento delle pale eoliche. Il progetto è già disegnato sopra la fronte di Philippe e non permette alternative all'idea di sublime. Lo sguardo è dall'alto verso il basso. L'entità dei lavori oltrepassa le condizioni del terreno. L'ambizione è cosmologica, e cosmlogicamente intattile. La scala del gesto è un movimento non umano. Come mettere in opera il cosmologico? I tutor Francesca Marinelli, Antonello Naseddu e Pier Francesco Lisci non si risparmiano. Intanto a singhiozzo arriva una tonnellata e mezzo di calce. Il terreno non da scampo. Che corpo servirà? Linee dritte si tracciano a fatica come miraggi tra i fumi del caldo. Marche, tracce, misure e la miniera tenta la strada della landart, perché il sito si può comunque guadare dall'alto della strada, lontani dalle condizioni impraticabili del terreno. Linee di calce bianca dividono il campo. Sta diventando un campo da combattimento. Ferite che fanno male. Scarificazioni basiche sul substrato acido. Poche volte è assordante l'urlo degli aerei da bombardamento. Anche loro si esercitano per la guerra. Che corpo servirà?

Philippe Poullaouec-Gonidec (Cupeum, Montreal)

Roberto Zancan (Milano) e il suo gruppo all'unisono, guidato da Paolo Tringali e Nadia D'Agnone
Si amano tutti da quelle parti! Un rito collettivo di relazioni continue. Decidono di essere un corpo solo. Si allenano praticando la Body Pressure con Bruce Nauman come coach immaginario. Decidono tutti insieme di non perdersi. Stanno al gioco; il campo di battaglia diventa playground. Il primo gioco è un ritornello che serve a non perdersi. Si inventano un mondo con luoghi e nomi [A-TOPIC GRID , HUMAN PARKING, LENS(S)CAPE, BINOCULAR (OR INFINITE), MICRO(i)PHONE (OR AMPLIFIER), CANNON, U-TOPIC GRID, TEMPLE, HALO'S DEER]. Alcuni enormi, altri piccolissimi. Allora dei loro giochi hanno fatto una mappa che assemblano in loco al ritmo di performance, dandoci le nuove coordinate geografiche del sito. Tre le azioni fondanti del progetto: riutilizzare, connettere, pulire. Movimenti semplici e primitivi, fatica coordinata esattamente dove e quando serve: ecco il loro metodo, il Montevecchio's Metod, una nuova fondazione, un nuovo sistema di relazioni tra corpi attraverso elementi semilavorati. Tutti dispositivi. Per documentarli un video. Il cantiere di levante delle miniere di Montevecchio lo abbiamo già visto e percorso più volte, ma il loro Montevecchio's Metod ci offre uno sguardo completamente nuovo, anticipa un masterplan, ci rivela finalmente un parco.

Roberto Zancan (Milano)

Craig Verzone (VWA, Losanna)
È il dispositivo di fondazione di un luogo per la sopravvivenza il progetto L3 coordinato da Craig Verzone (VWA, Losanna), con il suo copricapo bianco da pioniere e dai tutor Carmela Coviello, Matteo Zurru e Paola Serrittu. Perché intervenire? Perché qui? Come sopravvivere? La dichiarazione di inizio di un processo instancabile di domande che lasciano sul campo la traccia degli esperimenti di ricerca. Si insedia una stazione di rilevamento dell'umidità, della temperatura e del vento. Si raccolgono i dati e si mettono a sistema. Intervenire, estrarre, scaricare. Disegnare, toccare, capire. Il sito è contaminato. Non ci sono oggetti ma processi. Il primo è un abaco pedologico-botanico tracciato a terra, in cui si ricerca l'accoppiamento efficace tra i diversi terreni e le diverse essenze del sito. Una campionatura del possibile. Quale combinazione ci aiuterà a trasformare una distesa di detriti inerti in uno spazio di vita? La forma del progetto evolve attraverso una serie di operazioni finalizzate non a definire la forma stessa, ma a perseguire il corso delle intenzioni. Gli studenti sono entusiasti, stanno fondando una logica, capiscono, propongono, e quando non sono d'accordo mettono al voto, e immediatamente riprendono i lavori. Un ex minatore e un esperto di permacultura raggiungono il gruppo di lavoro. Nel frattempo la distesa di inerti è già spazio pubblico. Un processo che continua sul blog www.landworksingurtosu2012.blogspot.it.

Roberto Zancan (Milano)

Chris Phongphit (SoA+D, Bangkok)
Diametralmente opposta è la logica del lavoro coordinato da Chris Phongphit (SoA+D, Bangkok) con il supporto di Sara Angelini e Lodovico Bruckmann: due stanze a cielo aperto, enclaves, oggetti ispirati, microforme nel silenzio. Con il nastro adesivo sulle labbra e un germoglio di fiore d'agave per trofeo, gli studenti, come cariatidi, ci guidano verso spazi interni. Il silenzio generale si focalizza sul dettaglio curato e finito. Lungo la valle del Rio Piscinas la scelta del sito è stata accuratissima. L'esposizione, la luce, il clima sono perfetti. Si sta così comodi qui dentro. Due monoluoghi, due giardini segreti. Le sfere vegetali si alzano dai pois cavi della prima stanza, e restano sospese sulla seconda. Naif come bolle di sapone. Si sentono i profumi e le voci della montagna e si dimenticano i decenni di sfruttamento delle miniere, dei luoghi e delle persone, si gode solo il privilegio di stare qui ora. Si sta meglio dentro che fuori. Mi piacerebbe scegliere questo luogo come ufficio.

Craig Verzone (VWA, Losanna)
Craig Verzone (VWA, Losanna)
Chris Phongphit (SoA+D, Bangkok)
Chris Phongphit (SoA+D, Bangkok)