AA Projects Review

Accanto alla sperimentazione sulle nuove tecnologie e alla perdurante attenzione critica, nei progetti degli studenti dell'Architectural Association si poteva notare una spiccata coscienza delle implicazioni socioambientali e politiche.

Chi visita per la prima volta la Projects Review, la rassegna dei progetti dell'Architectural Association di Londra, può comprensibilmente provare qualche esitazione di fronte a quello che l'attende: la sistemazione alberata di Bloomsbury Square e l'elegante facciata georgiana non fanno presagire il caotico labirinto di corridoi e di scale, l'infinita sequenza di stanze dell'interno. Anche chi la visita regolarmente sa di doversi preparare alle sorprese, e talvolta alla perplessità, di fronte alla miriade di modelli, disegni, fotografie, video e installazioni che lo attende ogni anno.

Come mostra di progetti di laurea, l'AA Projects Review si distingue per numerosi motivi. Per prima cosa gli studenti provengono dall'unica scuola d'architettura privata di Gran Bretagna, il cui albo d'oro di ex allievi che hanno ottenuto il premio Pritzker parla di un'istituzione che non si occupa tanto della quotidianità di cantiere della disciplina quanto di ciò che il suo direttore, Brett Steele, definisce architettura come "forma culturale di sapere, di formazione e di ricerca". Ed è anche una delle poche mostre che non si limita a esporre i lavori dei laureati, ma presenta quelli di tutti i suoi settecento studenti, dal primo anno al dottorato. E quindi non offre solo il panorama di un unico anno di vita della scuola, ma una visione delle tipologie, degli interessi intellettuali e delle impostazioni formative disciplinari in via di affermazione.

In apertura: The Big Shed ("Il capannone") di Nozomi Nakabayashi (dipartimento Design & Make). È stato sviluppato con un gruppo di compagni di corso e di carpentieri locali per creare un laboratorio a uso dell'AA. Qui sopra: l'Expandable Surface System ("Sistema a superficie espansibile") di Jacob Bek, Ignacio Martí e Pablo Zamorano (Design Research Lab) usa fogli di compensato come materiale strutturale di un padiglione che unisce ai fini della sostenibilità il progetto computerizzato alla costruzione manuale

L'impostazione della mostra segue la struttura didattica. I gruppi dei vari anni sono suddivisi in diverse unità formative più piccole, ciascuna delle quali cura l'allestimento del proprio settore della mostra. Dato il carattere individuale del progetto e il contenuto di ogni spazio ciò dà luogo a un panorama ricco e relativamente esauriente, confermato dall'allestimento di alcune delle sale: al centro di una di esse c'era un gran tavolo su cui erano ammucchiati alla rinfusa modelli, disegni e altri documenti, tanto che era difficile individuare il lavoro del singolo studente. Altrove il linguaggio adottato per alcuni testi esplicativi serviva a poco, mettendo in rilievo l'importanza che gli architetti siano capaci di comunicare e di dar rilievo alle proprie idee, nei confronti di qualunque pubblico.

Hélène Solvay, Eccentric, Superfluous Entities Peacefully Protest Against Efficient and Rational Takeover of Dean Street, progetto di ricerca sull'interno al numero 7 di Meard Street

Ma in maggioranza le suddivisioni sono articolate con più chiarezza, e vale la pena di osservarle da vicino: in una nicchia lungo un corridoio del primo piano quella del corso Intermediate 1 è dedicata al grave inquinamento del Salton Sea, nel deserto californiano. La realizzazione da parte dell'unità didattica di artefatti narrativi è l'esempio della prospettiva speculativa e dell'impegno sui temi della sostenibilità evidenti in molti dei lavori in mostra.

La ricerca è una componente fondamentale dell'attività della scuola, evidente nell'alta qualità dei lavori dei laureati. All'ingresso dell'edificio, a sinistra, una sala ospita alcuni risultati di questo livello di studi, di cui fanno parte il Design Research Lab guidato da Patrick Schumacher e i corsi di Progetto ambientale sostenibile e Tecnologie emergenti. Uno dei punti forti di questi ultimi era l'Expandable Surface System ("Sistema a superficie espansibile") di Jacob Bek, Ignacio Martí e Pablo Zamorano, che usa fogli di compensato come materiale strutturale di un padiglione che unisce ai fini della sostenibilità il progetto computerizzato alla costruzione manuale.

La ricerca è una componente fondamentale dell'attività della scuola, evidente nell'alta qualità dei lavori dei laureati.
A sinistra: Wesley Perrott immagina un night club come un'Arcadia perduta nel suo progetto Electric Dreams. A destra: proiezione di una scena di danza con il New Movement Collective al Matadero di Madrid. Photo Valerie Bennett

Quest'ultimo progetto segna anche uno spostamento dell'accento, da parte dell'istituto, dall'architettura di carta a un'attività di costruzione più pratica. Un fatto ancor più evidente nell'atrio, con vari gruppi di lavori per lo più realizzati come tesi di laurea del corso di Design & Make ("Progetto e costruzione"), attivo non nella ristretta sede londinese ma a Hooke Park, nel Dorset, scenario adeguatamente campestre per un corso profondamente attento alle tradizioni artigianali locali da riadottare con i materiali e i metodi del fare architettura. In mostra c'era un progetto di Nozomi Nakabayashi, primo laureato del corso. Il suo lavoro, intitolato The Big Shed ("Il capannone"), è stato sviluppato con un gruppo di compagni di corso e di carpentieri locali per creare un laboratorio a uso dell'AA, nel quadro dell'auspicata espansione e riorganizzazione spaziale della scuola.

Fung Tsui: un muro abitato collega l'acropoli di Troia con i villaggi circostanti

L'interesse per l'artigianato era evidente ovunque. Ma soprattutto era patente in Crafted Narratives – Make-Value, Use-Value ("Storie d'artigianato: valore del fare, valore d'uso"), situato nell'angolo di una sala del piano superiore che ospitava alcuni tra i pezzi migliori della mostra. Gli studenti, ispirandosi alla concezione dell'architettura di Lina Bo Bardi, hanno realizzato a Londra, per alcuni edifici di Soho, una serie di interventi sulla falsariga dell'atteggiamento estemporanea e di attenzione al sito tipico dell'architetto brasiliano. Tra questi l'intervento di Hélène Solvay negli interni di una residenza di città e il banco di mercato di Alexander Furunes, che mirava a favorire un processo decisionale più partecipato nella ristrutturazione della zona.

William Gowland: Here be Dragons: The unstable Landscapes of GPS

Come in ogni mostra di progetti di laurea, è difficile identificare delle tendenze univoche, come invece è più agevole fare per l'impostazione dell'esposizione. In generale, accanto alla sperimentazione in atto sulle nuove tecnologie e alla perdurante attenzione critica, si poteva notare una spiccata coscienza delle implicazioni socioambientali e politiche, tanto della prassi professionale quanto della pedagogia, accanto alla parallela tensione verso un'architettura impegnata. Il punto più alto di questa attività coincide con la sua adozione come strumento destinato non solo a capire come potrebbero essere fatti e quale aspetto potrebbero avere gli edifici del futuro, ma a riflettere su come saranno concretamente progettati, costruiti e perfino usati in tutto il mondo, oggi come domani.

Doyeon Cho, stanza nel complesso residenziale studentesco di Oxford Street. Il progetto prevede spazi comuni flessibili e unità individuali dove gli arredi sono compresi nello spessore delle pareti, lasciando agli utenti la massima possibilità di personalizzazione del resto della stanza
Nassim Eshaghi (Iran), George Kontalonis (Grecia), Jared Ramsdell (USA), Rana Zureikat (Giordania): Vertical Ground Code