Se il festival ha un momento emblematico si tratta forse dei London Pleasure Gardens (i "Giardini del piacere"), che offrono un panorama inconsueto del rinnovamento urbano dell'ex cuore industriale della capitale, dominato fin dagli anni Ottanta dall'edilizia speculativa residenziale e per uffici a discapito di iniziative più attente ai valori comunitari. Il sito, che s'ispira al giardino ricreativo inglese, copre 60.000 metri quadrati, è circondato da fabbriche dismesse e da costruzioni simboliche come il Dome e il Canary Wharf, e comprende bizzarrie come una sala da concerto che sembra una palla da golf, casette da Monòpoli e un bar con il tetto coperto d'erba che fa anche da platea per un cinema all'aperto. Benché i giardini siano ancora incompleti, la quantità di folla che il giorno d'inaugurazione attendeva pazientemente l'orario d'apertura indica che questo misto di archeologia industriale, luna park vittoriano e stravaganze da Terzo Millennio riuscirà a fornire al pubblico la varietà spettacolare di cui va in cerca da decenni in questa parte di Londra.
La strategia bottom-up può diventare un fattore piuttosto importante dell'urbanistica: i progetti di questa ispirazione sono una delle caratteristiche del festival di quest'anno.