Scorrendo le centinaia di progetti giunti alla redazione di Domus per suggerire un possibile collegamento tra Europa e Africa attraverso lo stretto di Gibilterra, mi è tornato in mente un testo del curatore e artista nigeriano Olu Oguibe, letto qualche anno fa.
L'autore racconta di quando da bambino, costretto dall'embargo imposto alla popolazione della regione del Biafra durante la guerra civile nigeriana, utilizzava le voci provenienti da una vecchia radio a transistor per infrangere idealmente tutte le frontiere senza lasciare la sua stanza. "La radio a transistor – scrive Oguibe - allargava i confini del mio mondo e della mia immaginazione oltre le sette colline e i sette mari, fino a terre ancora da immaginare, culture i cui nomi sapevo a stento pronunciare, geografie che arrivai a conoscere e possedere senza uscire fisicamente dal mio vicinato." (Cfr. La radio a transistor degli dei, in ibridA AfricA, a cura di Egidio Cossa e Guido Schlinkert, Gangemi Editore, Roma 2002).
Poco convinta della necessità di una struttura permanente e per questo invasiva che congiunga materialmente i due continenti, ho scelto dieci proposte in grado di rappresentare il viaggio/percorso di scambio con immagini irrealizzabili, poetiche o ironiche per uno spostamento immaginario, in alcuni casi emozionale.
L'ambiente descritto da questi progetti diventa narrativo. Uno spazio di separazione per ospitare il passaggio di visitatori occasionali che si incontrano, si raccontano, si scambiano esperienze e brani culturali e identitari. Per esaltare ancor più il carattere romanzesco di questo viaggio ideale, ho pensato di commentare le singole cartoline attraverso un sistema di associazioni libere con sequenze cinematografiche, racconti letterari, citazioni e idee mutuate da artisti o architetti. Un approccio che mi permetta di dar vita a un ciclo di produzione surreale, offrendo suggestioni e aperture verso ulteriori forme di deterritorializzazione solo evocata.
Cartolina #105. [immagine sotto] Inizio il mio itinerario con la proposta più poetica, una serie di trampolini che punteggiano lo stretto di Gibilterra. I viaggiatori, provenienti da entrambe le sponde, scalano ciascuna di queste "fragili infrastrutture" per tuffarsi e nuotare verso la successiva, fino a raggiungere la meta. I singoli oggetti e il movimento generato da chi li utilizza mi ricordano i Mobiles di Alexander Calder che così li descriveva: "A mobile in motion lives an invisible wake behind it, or rather, each element leaves an individual wake behind its individual self. Sometimes these wakes are contracted within each other, and sometimes they are deployed." (Cfr., A propos of measuring a mobile, 1943, testo inedito, Archives of American Art, Smithsonian Institution)
Cartolina #133. [immagine in alto] "Le radici degli alberi stanno già penetrando nell'ossatura dell'imbarcazione, fra poco non serviranno più queste vele issate, basterà che il vento soffi fra le cime degli alberi e porti la caravella verso la meta. È una foresta che naviga e si mantiene in equilibrio sopra le onde, una foresta dove senza sapere come hanno cominciato a cantare gli uccelli... L'Isola Sconosciuta prese infine il mare, alla ricerca di se stessa."
José Saramago, Il racconto dell'isola sconosciuta, (1997), Einaudi, Torino 2003.
Enzo Cucchi in Cucchi, cat. esp, Amnon Barzel (a cura di), Museo d'arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1989
L'ambiente descritto da questi progetti diventa narrativo. Uno spazio di separazione per ospitare il passaggio di visitatori occasionali che si incontrano, si raccontano, si scambiano esperienze e brani culturali e identitari.
Philippe Petit, Trattato di funambolismo, (1985), Ponte alle Grazie, Milano 2010
Ettore Sottsass, Foto dal finestrino, Adelphi, Milano 2009, appunto del 1983
Kostantin Grcic, intervista di Valentina Ciuffi, in "Klat", n. 2, marzo 2010
Rem Koolhaas, Junkspace, (2001), in Rem Koolhaas, Junkspace. Per un ripensamento radicale dello spazio urbano, Quodlibet, Macerata 2006).