Unknown Fields Division Parte II: il lago di Aral

Lasciandosi alle spalle la zona radioattiva per esplorare, in Kazakistan, un lago in perenne ritirata, l'UFD (la Divisione Territori Ignoti) avanza documentando nuovi straordinari paesaggi

Il programma didattico itinerante della Architectural Association diretto dal bravo e carismatico Liam Young e da Kate Davies ha invitato Nelly Ben Hayoun, direttore creativo e designer esperienziale, a unirsi a un gruppo interdisciplinare di dottorandi, architetti, artisti e saggisti in un viaggio che ha per meta paesaggi e siti industriali straordinari. I componenti del gruppo, battezzato Unknown Fields Division ("Divisione Territori ignoti"), compiono un itinerario che va dall'atomo al cosmo, ispezionando i territori ignoti che stanno tra la zona proibita del reattore nucleare di Chernobyl in Ucraina e la base di lancio di Gagarin, il cosmodromo di Baikonur in Kazakistan. Ben Hayoun invia questi diari di viaggio dalle zone dove nascono i miti del prossimo futuro.

Dov'è Godot?
"Non credo di potermene… (lunga pausa) andare."
Samuel Beckett, Aspettando Godot

Godot non arriva mai, ma aspettarlo tiene molto impegnati i personaggi del dramma: la loro esperienza del tempo e dello spazio è quanto mai feconda, per evitare il vuoto devono riempirlo di azioni, giochi, esercizi, temi, discussioni. Anche se spesso l'attesa sembra passiva, è un'azione complessa e può protrarsi per una durata variabile, dall'aspettare un pagamento all'aspettare che esca il sole o che la foschia scompaia.

La corsa in taxi per prendere il treno... il più rapidamente possibile. Fotografia di Neil Berrett
La corsa in taxi per prendere il treno... il più rapidamente possibile. Fotografia di Neil Berrett

In questo viaggio abbiamo sperimentato attese differenti. A vari livelli. Spazi da riempire, in qualche modo, spazi che abbiamo occupato svolgendo varie attività.

Abbiamo lasciato Chernobyl. Ora siamo a Kiev, in attesa dell'aereo per Almaty, nel Kazakistan, diretti al lago di Aral. Per la maggior parte siamo partiti in fretta dai rispettivi paesi e non abbiamo fatto i compiti con molta cura… A parte il devoto Will Wiles, lo scrittore e giornalista cui dobbiamo l'ispirazione del viaggio, nessuno di noi sa precisamente che cosa ci aspetta.

Caos all'interno del treno. Fotografia di Nelly Ben Hayoun

Mi piace immaginare il lago di Aral come un tetro deserto vuoto, formato da grandi mucchi di fango che ospitano i pochi vermi che hanno resistito, veri sopravvissuti del "Programma di irrigazione dell'Unione Sovietica". Vedo i gabbiani roteare in alto e le zanzare che attendono disperatamente qualche gamba di turista di buon sangue… Ho deciso che non mi avranno!

Avrà l'odore di un barile di sale? Avrà l'odore del pesce secco? Avrà l'odore della carne marcia? Troveremo scheletri umani? Oppure sarà ricoperto di erba verdissima? Tornerà mai indietro l'acqua? Con questa possibilità in mente meglio pensare in fretta a progettare una barca. Si può scambiare Godot con Noè?
Bryan è bloccato al varco di sicurezza, lo controllano con tutti i suoi 'campioni' e i suoi apparecchi casalinghi per il rilevamento della radioattività…
Il nostro aereo è in ritardo… due ore, parliamo di polipi, di quel che ci aspettiamo, di quel che vedremo al lago di Aral, delle 33 ore di treno che ci aspettano; abbiamo appena conosciuto Vincent Fournier, il fotografo del viaggio. L'attesa è paziente… Usiamo lo spazio dell'aeroporto per discutere, mangiare albicocche, parlare con Pete Collard di James G. Ballard e del rapporto di Chernobyl con Crash, con il bisogno e con il desiderio viscerale della catastrofe.

L'attesa è finita. Ci imbarchiamo.

Indagini presso il lago d'Aral. Fotografia di Neil Berrett.

Veloce corsa in taxi
Siamo appena arrivati ad Almaty… con due ore di ritardo. Siamo immersi nella velocità. Aerei in volo ovunque, dobbiamo toglierci di qui in fretta! Dobbiamo prendere un treno per un viaggio di 33 ore… Ad Almaty l'abbiamo perso… Non resta che saltare su alcuni taxi e imbarcarci in un'avventurosa corsa di un paio d'ore, auto davanti, auto di fianco. E naturalmente un autista ubriaco. Non ci sono cinture di sicurezza ma il paesaggio è surreale. Non siamo sicuri di arrivare, non siamo nemmeno sicuri che l'autista sappia dove stiamo andando… Dobbiamo andare a 170 chilometri da Almaty, in una stazioncina chiamata Otar. Paesaggio lunare, superfici piatte, un vero deserto, qualche cavallo. Arriviamo alla stazione, un esercito di undici taxi, ci siamo tutti, qualcuno lo definirebbe un miracolo. Aspetteremo l'arrivo del treno, i nostri biglietti non sono più validi e così abbiamo otto ore per prenderlo.
"Andiamocene, Sì, andiamocene. (Non si muovono)" Samuel Beckett, Aspettando Godot

Al lago di Aral, un curioso museo olimpico. Fotografia di Neil Berrett.

C'è un gran sole; di fronte un negozietto e uno spaccio alimentare, con la facciata azzurra. Fantastichiamo di steppe. Tentativo fallito di montare a cavallo.

In attesa di un passaggio
Dormiamo stesi sugli zaini, spostandoci ogni minuto per seguire l'ombra degli alberelli.

Ma ecco il rumore del treno che si avvicina, il suo clangore metallico. Non siamo sicuri di che cosa accadrà e se riusciremo tutti a salirci. Ma il treno arriverà mai a destinazione?
Non lo sappiamo, nessuno di noi sa più che giorno è, abbiamo perso la nozione del tempo e dello spazio, stiamo vivendo nel vuoto. Siamo i soldati della creatività.
Godot è con noi.

Il treno è un spazio sperimentale, ognuno dei soldati della creatività della Divisione Territori ignoti discute delle sue idee e delle cose che ha notato a Chernobyl. Come le vogliamo organizzare, come le vogliamo analizzare, archiviare, tradurre in una performance o in un disegno. Una mostra su una cuccetta, su un tavolino un calendario di decadimento organico, qui una mappa, là un questionario, laggiù un catalogo di oggetti smarriti…

Cadaveri di barche. Fotografia di Neil Berrett.

Sul lago di Aral in attesa del ritorno
Il lago di Aral è scomparso: era uno dei laghi più grandi de mondo prima che l'Unione Sovietica cercasse di "reingegnerizzarlo"… Dagli anni Sessanta si sta contraendo. Oggi rimane solo un vasto orizzonte privo d'acqua. Camminiamo sul fondo salato e arido del lago, si presenta per un verso come una fanghiglia grigiastra, per un altro come una gigantesca crepa.
In lontananza appaiono antenne e cadaveri di imbarcazioni. Recitiamo e viviamo l'attesa. Il vento ci lambisce le orecchie e per un momento cediamo alla magia, desideriamo che il lago di Aral ritorni, possiamo avere l'impossibile per un secondo? Possiamo farlo accadere? Come spugne cerchiamo di mettere insieme tutti i minerali rimasti sopra e sotto la terra, ma non riusciamo proprio a immaginare dove siano.
Non accade nulla e l'esperienza dell'attesa si fa infinita.

… Mezzogiorno.
È ora di andarcene, il lago di Aral non ritorna ma noi dobbiamo andare alla base spaziale, e ci dirigiamo alla prossima tappa: il Cosmodromo di Baikonur, per il lancio di un telescopio spaziale dalla piattaforma 45… Vogliamo ustionarci vicino ai razzi del telescopio, magari stando al cruscotto!
Attesa che le fantasie si avverino, che la macchina volante scompaia nella stratosfera, lontana nell'orbita…

Ex mare. Fotografia di Neil Berrett.
Prestazione di Aspettando il mare per tornare, di Vere Van Gool, Mond Qu e Charles Irby. Foto di Neil Berret
L'attesa. Fotografia di Neil Berrett.
Fotografia di Neil Berrett
Vista da un oblò defunto. Fotografia di Neil Berrett.