Il gruppo Obledinenie Architectorov (Iced Architects, letteralmente "Architetti ghiacciati": ma il quasi omofono obedinenie significa 'unione') appare saldamente legato alla tradizione della Architettura di Carta, il prolungamento del movimento dell'architettura utopica russa che divenne famoso in tutto il mondo circa vent'anni fa. Il curatore del contributo russo alla I Biennale d'Architettura di Pechino, Elena Gonzales, afferma che questi architetti sono come uomini-pipistrello: "Durante il giorno la loro vita si svolge in uno spazioso studio d'architettura attivamente coinvolto nell'edilizia… Ma di notte gli crescono le orecchie a punta e le ali a membrana, e prendono il volo verso il Sabba infernale dell'architettura, che è il luogo dove concepiscono i loro progetti."
I progetti di Iced Architects che non sono elaborati su commissione si possono suddividere arbitrariamente in due categorie. I primi riguardano una concezione paradossal-illusionistica della forma architettonica, come la loro famosa "Casa a uovo" di via Maškov a Mosca (1998-2003), il progetto del negozio Novator (2001)(1), o il progetto del monumento equestre Puškin a Erzurum (2005).
Piacerebbe pensare che ci siano anche altre motivazioni di queste insolite invenzioni formali, collegate a ciò che si potrebbe arbitrariamente definire il secondo, più onnicomprensivo e lungimirante filone del lavoro di questi architetti. È evidentemente un lavoro sullo spazio, o, per essere più precisi, un lavoro che mira a scoprire e a legittimare nuovi spazi nell'ambiente preesistente. Per esempio, il progetto "Ponte lungo il fiume" (2) era ispirato dal desiderio di riappropriarsi dello spazio urbano sprecato accanto al fiume. Nella ricerca di una possibile definizione dei progetti di Iced Architects dedicati all'esplorazione dello spazio appare appropriato parlare di 'spedizioni' pionieristiche. La loro bussola punta verso direzioni inaspettate: nel progetto "Nuova Mosca" (2003), il gruppo guarda in basso, scavando nel terreno sabbioso sottostante la capitale, e costruendo sotto e non sopra le strutture preesistenti. In "Impalcatura nei boschi" (3), realizzato per il primo festival Art Klyazma nel 2002, il gruppo riuscì ad appropriarsi di uno spazio libero nei boschi intorno a un lago, creando strutture sospese tra i rami senza danneggiare l'integrità della foresta nel suo complesso.
Le spedizioni di Iced Architects avvengono a scala sorprendentemente diversa: "Meccanismo di sospensione esterna per un'abitazione diurna e notturna" (2003), per esempio, è il progetto di un'abitazione individuale parassita in una costruzione a cesto appesa alla facciata di un palazzo d'appartamenti, mentre "Edificio di servizio sullo Stretto di Bering e sulla linea del cambiamento di data" (2002) mette in luce una convincente logica di sviluppo di un'idea in una soluzione formale: l'albergo è fatto di capanne di tronchi a forma di sommergibile.
Una leggenda d'epoca sovietica afferma che lo Stretto di Bering non è abbastanza profondo per i sommergibili, il che spiega perché siano costretti a emergere per non arenarsi. C'è qualcosa di 'naturale' nella stranezza di questa forma: denuncia la natura del complesso militare-industriale contemporaneo che domina incontrastato lo spazio dei sette mari.
C'è un aspetto fondamentale che rende impossibile considerare del tutto "architettura di carta" il lavoro di Iced Architects: questi progetti, per bizzarri che appaiano, chiedono di essere realizzati in ambienti concreti. Se ne trova un esempio convincente in "Impalcatura nei boschi". Quando il proprietario dei terreni in riva al lago della diga di Klyazma capì che la costruzione avrebbe permesso di trarre profitti da una minuscola parte di spiaggia, venne realizzata in un mese e mezzo appena.
In tutti questi progetti gli architetti propongono ambienti vivi, il cui fondamento concettuale non è definito dalle concrete esigenze socioeconomiche del nostro tempo, ma dagli obiettivi nati dai bisogni e dai desideri di una personalità libera e armoniosa. Lo studio Iced Architects elabora ambienti per passatempi intellettuali, razionalizzandoli con ogni cura possibile: per esempio la relazione che accompagna il citato "Edificio di servizio sullo Stretto di Bering" afferma che "il complesso è dotato di posti d'osservazione per gli uccelli, attrezzature per la caccia alle foche e posti d'osservazione per le balene".
L'idea di architettura come spedizione accosta l'opera del gruppo alla tradizione romantica. Cosa che diviene particolarmente evidente nel progetto "Mulino ad acqua-Ghironda" (2002) che consiste in un'insenatura musicale in riva a un fiume, nel paesaggio georgiano. Qui non si può fare a meno di ricordare l'architettura dei giardini romantici, i loro labirinti e le loro grotte, l'inevitabile partenza per Citera. Il mulino ad acqua contiene i meccanismi di un organo automatico che suona grazie al movimento dell'acqua del fiume, ripetendo una melanconica melodia del compositore contemporaneo di musica per il cinema Alerei Rybnikov.
Il giovane Goethe definì l'architettura "musica pietrificata", ma in tarda età, quando il romanticismo aveva ceduto il posto al classicismo, il poeta dichiarò che per lavorare preferiva le "stanzette ristrette" (4). La tendenza a porsi dei limiti in rapporto alle possibilità dello spazio si ritrova in molti personaggi creativi di un passato non troppo lontano, a partire dall'umile dimora che Ludwig Wittgenstein costruì per se stesso, dal minuscolo studio parigino del pittore anticonformista russo Mikhail Roginsky e dal bizzarro appartamento di Alfred Jarry, dove ogni livello venne tagliato da un mezzanino per raddoppiare il numero originario dei piani. Nel progetto "Fondazione della città contemporanea", Iced Architects seguono questa traiettoria mentale. Dividendo orizzontalmente con un soffitto un appartamento dell'epoca di Chruscev alto 2,70 metri, raggiunge il puro minimo dell'altezza necessaria per viverci. Il progetto è una spedizione/compressione. La rigida limitazione dei confini dello spazio e del movimento, la modestia di questi minuscoli, nudi appartamenti, suggerisce la carcerazione ascetica. Ma la compressione spaziale allude anche a un'illuminazione metafisica di stupefacente, letteralmente ultraterrena bellezza, nata dall'analisi ravvicinata degli oggetti e dei particolari della vita quotidiana.
Ovviamente di qui è già passata una precedente generazione di artisti russi, scoprendo l'universo nella ristrettezza intesa come compressione del quotidiano. È qui impossibile non pensare a Ilya Kabakov e alle sue numerose installazioni degli anni Ottanta e Novanta, in cui il cosmo assume una connotazione negativa, in parte demoniaca, e diventa ossessione, morte, abisso o cantiere. Ogni pensiero metafisico, a sua volta, veniva illuminato da un'analoga luce impossibile, omerica, terrificante, esprimendo tutta la tensione della posizione etica dell'artista: è impossibile intonare un inno sulla spazzatura, poiché la lode legittimerebbe la discarica edilizia socialista, conferendole un "volto umano".
L'attuale interpretazione del cosmo nell'installazione "Condizioni dell'habitat" ha sottoposto il segno stesso a un radicale cambiamento, e questo vantaggio è una delle poche felici conseguenze della vittoria del capitalismo in Russia. Oggi la metafisica non è più criticabile; si può pensare all'universo senza apparire idioti o ciechi. Perché, se sotto il socialismo sognare significava rifiutare di esercitare il senso critico sulla realtà, sotto il capitalismo non è altro che il rifiuto di un'ulteriore occasione di far soldi. Eugenia Kikodze
(1) DIA 2004, primo premio.
(2) Primo premio al concorso "Ponti di Mosca per il XXI secolo", 1999.
(3) Anche il titolo russo di questo pezzo, Lesa v lesakh, contiene un poetico gioco di parole, fondato sull'omonimia di lesa ('impalcatura') e lesa ('boschi').
(4) Johann P. Eckermann, Conversations with Goethe, Moskow, 1986, p. 292 (trad. it. di Ada Vigliani, Conversazioni con Goethe negli ultimi anni della sua vita, a cura di Enrico Ganni, Torino, Einaudi, 2008).
Il progetto "Spazio addizionale per senzatetto" è attualmente esposto nella mostra "Modernikon. Arte contemporanea dalla Russia", a cura di Francesco Bonami e Irene Calderoni, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, fino al 27 febbraio 2011.
