Un appello per Villa Colli

Questa villa sopravvissuta al tempo, alla guerra, al suo forzato utilizzo di presidio militare e di ricovero per il bestiame da parte di un avamposto di soldati nazisti, è al centro di una paradossale quanto, purtroppo per questo Paese, non insolita vicenda.

di Luciano Bolzoni

Villa Colli, disegnata nel 1928 da Giuseppe Pagano Pogatschnig e Gino Levi Montalcini, nasce come casa di vacanze per la famiglia Colli di Torino.

Scriveva Domus nel giugno del 1930 “Questa costruzione è un segno molto interessante: concepita con tutti gli attributi della modernità, essa ne supera i luoghi comuni. (…) Non rinuncia a nessuna delle esigenze moderne ma vi assomma tutti i piaceri del nostro vivere all'italiana. (…) È, innanzi tutto, una casa tutta casa, niente macchinistica, e pur perfettamente funzionante: una casa che ti senti di amare subito con confidenza ed il cui valore quindi per coloro che la abitano durerà. Questo durare, effetto come di una amicizia fra i muri e gli abitatori, è una praticità da non dimenticare”.

La casa interpretava i desideri del cliente: ariosità, spazio, luce, rappresentanza. La luce vista come elemento di gioia e benessere garantiti da uno studio dell’illuminazione artificiale che ancor oggi resiste nei suoi elementi originali, unita all’irraggiamento di quella naturale attraverso i grandi infissi che consentono la fruizione del paesaggio circostante.

Questa villa sopravvissuta al tempo, alla guerra, al suo forzato utilizzo di presidio militare e di ricovero per il bestiame da parte di un avamposto di soldati nazisti, è al centro di una paradossale quanto, purtroppo per questo Paese, non insolita vicenda; i proprietari e gestori del centro-studi che hanno fondato e che vi risiede, devono lottare contro una delle tante incongruenze (eufemismo!) della politica d’oggi. Paradossale proprio perché la villa del benessere si trova ora a dover combattere essa stessa come entità di un territorio con il lato peggiore della modernità.

Negli anni sono state infatti autorizzate dal Comune diverse concessioni per la costruzione di stabilimenti fra cui quello più vicino alla villa, una ditta di stampaggio di metalli che per tipologia produttiva e metodi di lavorazione, produce rumore e vibrazioni che rendono di fatto l’abitazione pericolosamente soggetta a tali sollecitazioni.

Dopo una lettera dei proprietari alla Provincia di Torino, il Comune inserisce la villa e il suo parco in “classe III”, classe che ancora non si addice alla importanza storico-architettonica della casa né di quanto vi è sorto. Da qui un nuovo ricorso dei proprietari, la famiglia Chiono, ancora pendente al TAR, per vedere la villa inserita in classe I.

Per ora le novità non sono molte e purtroppo sono tutte negative per la villa: nell’estate del 2005 l’industria vicina riceve dal Comune un’ulteriore concessione a edificare un nuovo fabbricato industriale, ora esistente ai margini della proprietà su cui si trova la villa Colli. A questa attività di salvaguardia seguono alcuni appelli; l’associazione riceve solidarietà tra gli altri dall’Association Alberto Sartoris di Losanna, dal FAI, da Rita Levi-Montalcini, presidente onorario dell’associazione, dal Presidente degli Industriali Luca Cordero di Montezemolo, da Giorgio Armani, da Leonardo Mosso, da Laura Castagno e dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi.

È sorto un Comitato Internazionale per la salvaguardia dell’abitazione che ha attivato una raccolta di firme. È stata promossa una causa civile presso il Tribunale di Ivrea che purtroppo, ha prodotto una sentenza che tiene conto della perizia dei proprietari dello stabilimento e non di quella della famiglia Chiono. La condanna della villa Colli a soccombere ai dettami di una vicenda assurda quanto scontata per questo Paese, pare vicina.

Oltretutto, non è stata data evidenza al fatto che la nuova concessione edilizia per la costruzione del nuovo fabbricato a uso industriale è praticamente in adiacenza al parco della villa, uno dei pochi giardini perfettamente conservati dell’architettura razionalista. Suggeriamo ai lettori di rivivere tutta la vicenda appena tradotta in sintesi in tutte le sue fasi per poter essere parte operativa in una storia che in qualsiasi altro Paese europeo si risolverebbe con dei colloqui telefonici. Chiediamoci, chiedetevi, se l’architettura interessi ancora.

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