Creatività, diversità, formazione: Apple si affaccia alla città

Un mese di formazione creativa ad altissimo livello per giovani talenti che solitamente non avrebbero accesso. Sono i Creative Studios di Apple, quest’anno anche a Milano. Una iniziativa ad alto tasso di inclusività e in dialogo con le periferie, che racconta molto del corso attuale di Cupertino.

Le scale sono la soglia. Tre scalini larghi, che funzionano anche da seduta, ritagliano dal silenzio del cortile, grigio milanese ma arioso, il fermento che si respira all’interno dell’aula, nella luce calda dell’estate. Nel giro di meno di un mese, la grande sala che a Milano ospita i Creative Studio di Apple ha poco della sua organizzazione iniziale – rimangono il corner con l’acqua e le caraffe di tè, il tavolo dell’organizzazione un po’ defilato in fondo. Sono comparsi tre grandi tavoli a riempire lo spazio prima vuoto, e poi scampoli ovunque, soprattutto di tela jeans, iPad Pro che vengono sganciati dalla tastiera e portati in giro dai ragazzi – alcuni in piedi, altri seduti, tutti al lavoro.

I Creative Studios di Apple a Milano

Questo non è un “palazzo” del centro da stereotipo di Milano città fashion. Siamo all’Ortica, un quartiere, nomen omen, di quelli “là dove c’era l’erba ora c’è una città” – più che l’erba, proprio le ortiche -, ex area operaia figlia del dopoguerra, incastrata tra la più nota Lambrate e la ferrovia, celebre soprattutto per la balera amatissima dal giro della moda, per una pasticceria siciliana e poco più. Un’area dove Milano va a un ritmo meno frenetico, una di quelle dove c’è spazio per fare nascere cose interessanti e nuove.

Il contesto scelto da Apple come luogo satellite a porte chiuse è per molti versi quanto di più diametralmente opposto – o complementare? – si possa immaginare rispetto allo store di Piazza Liberty, in pieno centro, landmark di Cupertino in città. Per coincidenza anche nel progetto di Foster & Partners a due passi dal Duomo, i gradini hanno un ruolo fondamentale.

Creative Studio, Apple, Milano
Creative Studios, Apple, Milano

Cosa sono i Creative Studios

Creato con l’obiettivo di “sostenere i giovani che incontrano maggiori ostacoli nell’accesso a percorsi di formazione creativa di qualità”, in piena linea con la vicinanza del brand al mondo creativo, e con la sua mission di abilitatore, Today at Apple Creative Studios debutta l’anno scorso, prima a Los Angeles e Pechino.

Le radici del progetto però si possono ricercare prima della pandemia, a Londra: nel 2019 Today at Apple, ovvero il palinsesto di iniziative degli store di Cupertino, in collaborazione con l’ufficio del sindaco Sadiq Khan, lancia Made in LDN, allargandosi al di fuori delle mura dei negozi della mela, con un programma dedicato alla creatività indirizzato ai giovani delle comunità sottorappresentate.

Giunto alla sua seconda edizione, quest’anno 13 città in tutto il mondo ospitano Creative Studios, e in ciascuna Apple lavora in modo specifico, con un focus creativo differente: se per Los Angeles era la musica, a Londra è il cinema, a Parigi il podcast, a Berlino la radio. E in ogni città viene ingaggiato un partner individuato tra le organizzazioni no profit: a Milano, dove l’ambito scelto è la moda, il partner è Afro Fashion, una organizzazione nata “per dimostrare che il Made in Italy non è una questione di colore”, spiega la fondatrice e presidente Michelle Francine Ngonmo.


Ngonmo racconta che per la partecipazione ai Creative Studios Milano, il cui programma celebra appunto “la diversità della moda, dell'arte e del design”, sono arrivate 112 candidature, accomunate da una grande impronta di diversità. I selezionati sono 33 talenti tra i 18 e i 24 anni che arrivano da ogni parte d’Italia, ma anche da Londra e dalla Colombia. Il livello è vario, c’è chi parte da zero, chi ha già una piccola attività nel mondo del fashion, prosegue Ngonmo. Per loro 4 settimane a porte chiuse dalle 10 alle 17: per le prime due, un visiting talent al giorno. La seconda parte sarà invece dedicata al lavoro sui progetti

I talenti che partecipano ai Creative Studio non sono quelli che troveresti in una delle blasonate – e costosissime – scuole di moda di Milano, solitamente presidio dei rich white kids. L’ha detto in maniera precisissima il direttore creativo di Aspesi, lo statunitense Lawrence Steele, invitato per una lezione: “Non sono mai entrato in una stanza con questa diversità in Italia”. Né in una scuola, né in un posto di lavoro. E ancora: “Avrei voluto una cosa di questo genere da giovane”.

Creative Studio, Apple, Milano
Creative Studios, Apple, Milano

Tre mentor, tre team, tre progetti

Tre i mentor di Creative Studios Milano: Gloria Maria Cappelletti, curatrice e direttrice creativa, Macs Iotti, fondatore e direttore creativo dell'omonima agenzia, e il fashion designer e creative director Edward Buchanan. Nato in Ohio, laureato alla prestigiosissima Parson di New York, collaborazioni con Off-White e Bottega Veneta, da vent’anni Buchanan ha scelto Milano come base. “L’unica differenza tra questi ragazzi e gli altri sono le opportunità”, spiega. Mentre parliamo i ragazzi sono al lavoro. Lui si guarda intorno, accenna un sorriso che ritira subito, commentando quanto sia difficile – praticamente impossibile - trovare situazioni simili nella moda. “Individui come questi non vengono incorporati dal sistema”, spiega. O almeno, non lo sono stati finora.

Avanti veloce ai primi giorni di autunno. Il caldo devastante di questo luglio è oramai un ricordo e Milano è in piena fashion week. Una edizione forse diversa del solito, in cui la moda appare meno blindata nella sua torre d’avorio e una serie di eventi in città aprono le porte alla sperimentazione accogliendo un pubblico eterodosso – un po’ quello che succede da anni durante il Fuorisalone. Tra i protagonisti, anche gli Apple Creative Studios, sempre in periferia, ma in un contesto più noto e up-to-come dell’Ortica, nella ex fabbrica anni ’30 che ospita Fondazione ICA, non lontano da Scalo Romana e Fondazione Prada. I risultati di un mese di lavoro sono in mostra qui.

Convertibilità, upcycling e sostenibilità

Sahra Eich e Weiren Theo sono due talenti del gruppo di Buchanan. Alternando inglese e italiano, in un pidgin che qui fa da lingua franca, mi accompagnano nella parte di spazio espositivo dedicato a Evry-1_Root for Everyone, la capsule collection di cinque copricapi realizzata dal loro team. Viene mostrata insieme ai disegni preparatori, ai cartamodelli e a una serie di video che vanno in loop dentro quelli che sembrano vecchi tv. “Convertibilità, upcycling e sostenibilità” sono i principi base della collezione, mi spiegano. Ogni cappello rappresenta un incontro tra culture del gruppo: c’è quello statunitense-saudita, per esempio, o uno che combina caratteri di San Marino e India, e poi Indonesia & Ecuador, Marocco & Albania, Kenya & Capo Verde.

“In questo progetto andiamo al di là della moda come vestito”, spiega Sahra Eich. I copricapi si trasformano in sedute a cubo, ispirate a quelle dell’Apple Store Piazza Liberty. Proprio lì, qualche giorno prima dell’esposizione a ICA, c’è stato un incontro dedicato ai Creative Studios ma aperto a tutti, soprattutto ai candidati che non hanno superato la selezione. Un circolo virtuoso, che simbolicamente ha riunito non solo i potenziali partecipanti, ma anche gli spazi del progetto, e fa rifluire le energie della periferia nel contesto più istituzionale del centro città. “Sarebbe bello portare avanti il progetto in futuro”, mi confida Sahra Eich prima di accomiatarci.

Creative Studios, Apple, Milano
Creative Studios, Apple, Milano

Giù nel metaverso

“Il metaverso mi faceva un po’ paura, all’inizio, l’ho scelto perché inedito”, spiega Elisa Bolzonello, del gruppo guidato da Cappelletti. Tra i più eterogenei come competenze – dallo styling agli informatici agli studenti di comunicazione – il team ha lavorato sulla creazione di spazi virtuali e immersivi, usando la fotocamera di iPhone e iPad per popolarli con outfit e figure umane scansionate tramite la app di cattura 3D Polycam. “Nessuno di noi l’aveva mai fatto”, spiegano Bolzanello e la compagna di team e Lidia Micieli, entrambe fresche di studi di moda, “e il risultato sembra semplice, ma dietro c’è una enorme quantità di lavoro”.

Negli spazi di ICA, Micieli mi guida nella visita di Alter Space, prima attraverso gli schermi bidimensionali degli iPad, poi nello spazio VR dell’Oculus. Mi ritrovo a muovermi dentro un avatar, disperso in una vallata digitale, popolata da altri avatar e in cui enormi totem umani dominano lo scenario – sono i ragazzi e le ragazze del corso, li riconosco. Impressionante l’elenco delle app utilizzate per realizzare tutto questo: c’è anche Murf, una intelligenza impiegata per rimasticare e vocalizzare un lungo testo composto da una parte del team. “Volevamo sovrapporre alla creatività umana una parte meccanica e digitale”.


Eternal è il video interamente girato, montato e postprodotto su dispositivi Apple dal terzo e ultimo team, quello coordinato da Macs Iotti. La mission era la creazione di contenuti per la piattaforma della sua agenzia e per la collezione Roma(ntica), presentata ad Alta Roma e basata (ancora una volta) sull’upcycling. Negli spazi di Fondazione ICA, il video è protetto da una tenda progettata ad hoc dalla set designer Giulia Munari, lo si guarda sdraiati su una cascata di cuscini, con l’audio in cuffia, in una situazione intima e raccolta.

Protagonisti sono proprio i componenti del team – con Siri come guest star. “L’obiettivo è raggiunto se uscirai con le lacrime agli occhi dopo averlo visto”, mi aveva anticipato a luglio Janel Lisa Amoah, che qui tutti chiamano scherzosamente Laura Pausini, a causa di una lampante somiglianza – “ma anche per via di un taglio di capelli molto simile al suo e per l’accento”: della provincia di Rimini, spiega lei, che nel video, nella parte iniziale in cui i protagonisti si autodefiniscono, si presenta come romagnola-ghanese, she/her.

Creative Studio, Apple, Milano
Creative Studios, Apple, Milano

“Avrei voluto una cosa di questo genere da giovane”

“Per noi è stata una occasione di scambio”, racconta Giulia Colli, creative department Macsiotti, che racconta della “gioia negli occhi” dei partecipanti e di come il lavoro dei Creative Studios sia stato del tutto simile a quello d’agenzia, con commissioni da gestire “anche toste”.

Un esempio su tutti, la colonna sonora del video, seguita da Munir Yassed Mehammed, anima musicale del gruppo e ballerino. Oltre che per la scioltezza nella danza, ha colpito la precisione con cui ha dato il briefing al compositore. “Avevo tante reference, gliele ho spiegate. E alla fine ha funzionato”, mi racconta lui. Una soddisfazione, quella di Mehammed, dei suoi compagni di team e degli altri talenti, che non nasconde la speranza che tutto questo, frutto di un lavoro durato solo un mese e di un gruppo di cui presto forse rimarranno solo le polaroid, sia solo l’inizio. E fa eco alle parole di Lawrence Steele, che rimpiangeva non ci fosse nulla di simile quando era giovane lui. Un sottosopra che diventa realtà.

Creative Studio, Apple, Milano
Creative Studios, Apple, Milano

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