CopenHill apre al pubblico: un monumento contemporaneo per la città green

Nella piattissima Danimarca BIG ha costruito CopenHill, un gigantesco termovalorizzatore usato come montagna artificiale, grazie a una copertura superattrezzata.

Questo articolo è stato pubblicato in origine sull’allegato di Domus 1036, giugno 2019

Fin dagli anni Trenta del Novecento, e più intensamente nel Secondo dopoguerra, una miriade di stazioni sciistiche di fondazione colonizzano le montagne europee, per accogliere i milioni di novelli sportivi prodotti dal boom economico. Mimetica, futuristica, interamente pedonale, l’Avoriaz voluta dal campione di sci Jean Vuarnet nell’Alta Savoia francese – progettata da Jacques Labro e inaugurata nel 1967 – è uno degli esempi più significativi di una stagione di forte sperimentazione morfologica, tipologica ed estetica sul tema della città ad alta quota.

Al contrario, sono molto più rari i centri urbani di pianura che possono vantare tra i loro punti d’interesse una vera e propria montagna costruita dall’uomo: il parco del Monte Stella di Milano, di fatto una collina di detriti bellici, resta un esempio tutto sommato minuto e isolato e la proposta provocatoria di Jakob Tigges per la trasformazione dell’aeroporto berlinese in disuso di Tempelhof in The Berg (2009), il più grande rilievo artificiale del mondo, è rimasta fortunatamente cristallizzata in un rendering.

Il progetto di BIG per l’Amager Resource Center di Copenaghen, in arte CopenHill, segna per certi versi l’inaspettato rilancio della tradizione delle montagne urbane. Nella piattissima Danimarca, che non supera i 172 metri sull’altezza del mare, lo studio di Bjarke Ingels costruisce un gigantesco termovalorizzatore la cui copertura è un’unica, ampia falda che si piega a 180 gradi su se stessa. Lo si potrebbe liquidare come un grande volume dal tetto fortemente inclinato se non fosse programmato come una mini-Zermatt scandinava.

Su CopenHill è possibile, in ordine sparso: sciare per circa mezzo chilometro, risalendo verso la cima in ascensore o skilift; scalare 86 metri di parete verticale, un record mondiale; fare passeggiate ai lati della pista, dove il parco progettato dallo studio SLA simula la vegetazione di un pendio selvaggio, ma propone spazi adatti all’utilizzo tipicamente cittadino che ne faranno jogger e altri sportivi; infine, riposarsi al bar panoramico dopo le fatiche di una giornata atletica. È la predisposizione a ospitare queste attività che fa rientrare a buon titolo CopenHill nella casistica delle montagne artificiali, molto più della sua forma, della struttura o della cascata verde che presto ricoprirà le vasche modulari in alluminio che compongono le sue facciate.

CopenHill con il tetto-pista a fine lavori. Lungo 200 metri, largo 70 e alto 124 (con ciminiera), processerà circa 400mila tonnellate di rifiuti l’anno provenienti da 700mila famiglie e oltre 46mila imprese. Foto Rasmus Hjortshøj

L’esperimento di BIG partecipa di una più generale tendenza contemporanea alla reintegrazione nella città di programmi che tradizionalmente si materializzano al suo interno come recinti chiusi, inaccessibili. Pratiche urbane in genere di origine recente si rivelano in grado di rendere ‘pubblici’ spazi prima inutilizzabili (sempre in Danimarca, a Roskilde, è attivo dal 2013 lo skate park progettato da Søren Nordal Enevoldsen nelle vasche di un canale scolmatore). In questo contesto, CopenHill resta un caso eccezionale tanto per l’accostamento realmente ardito delle sue due funzioni principali (inceneritore e centro sportivo) quanto per il suo potenziale iconico.

La ciminiera entra a far parte dell’iconografia urbana europea all’inizio dell’Ottocento, quando le rappresentazioni di un’Inghilterra diventata improvvisamente industriale mostrano un orizzonte popolato di minacciosi boccagli, produttori di fumi mortiferi. Da allora resta un elemento tollerato ma non gradito, una presenza percepita come necessaria ma dannosa, apprezzata e accettata come simbolo solo quando perde la sua funzione, si spegne e si trasforma in un patrimonio storico compatto e di facile conservazione (di quanti antichi stabilimenti non resta oggi che un camino?). CopenHill riabilita l’oggetto-ciminiera nell’immaginario collettivo perché lo associa a un’architettura che si vuole in tutto e per tutto ‘buona’. E che come tale viene (insistentemente) comunicata: la sua canna fumaria è una pipa amichevole che emette CO2, certamente, ma solo il minimo indispensabile per produrre l’energia necessaria a centinaia di migliaia di persone, le stesse che potranno divertirsi sui suoi pendii rivestiti di coloratissimo e performante neveplast.

Monumento contemporaneo della città green, CopenHill è forse l’architettura più memorabile di tutta la carriera di Bjarke Ingels fino a oggi. Il tetto è ancora in fase di completamento – il vento ha reso difficile la piantumazione –, ma già rivaleggia con la centenaria Sirenetta di Edvard Eriksen per il ruolo di attrazione turistica più amata di tutta la Danimarca.

Progetto:
CopenHill
Luogo:
Copenhagen
Programma:
Termovalorizzatore
Architetti:
BIG-Bjarke Ingels Group
Capi progetto:
Jesper Boye Andersen, Claus Hermansen
Ingegneria strutturale:
Moe Consulting Engineers; Ramboli Group
Progettazione paesaggio:
SIa Architects
Superficie del sito:
41.000 mq
Completamento:
2017

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