10 architetture per ripercorrere l’opera di Toshiko Mori

Dagli esordi newyorkesi ai recenti lavori in Africa, tra riflessione teorica e impegno sociale, ripercorriamo attraverso i suoi progetti la carriera della Guest Editor di Domus 2023.

Attiva da più di 40 anni, Toshiko Mori è stata accreditata dal Nikkei Business come una dei 50 personaggi giapponesi che hanno cambiato il mondo, e quest’anno, sarà al timone di Domus come Guest Editor. Originaria di Kobe, ha trovato nella East Coast la dimensione culturale ideale per sviluppare gli interessi per l’arte, l’architettura, e il design sia da un punto di vista pratico che teorico.

Si forma alla Cooper Union, dove dal 1983 inizia ad insegnare. L’allora preside John Hejduk è un importante punto di riferimento per la giovane Mori, che la porta a maturare la convinzione che l’architettura possa essere un’agente di conoscenza e allo stesso tempo trasformazione della società. È infatti indissolubile l’intreccio tra attività professionale, di ricerca e di insegnamento che segna la carriera di Mori. Tanto le contingenze delle situazioni quanto le interazioni transdisciplinari diventano le determinanti progettuali che rendono l’architettura di Mori sempre esplorativa, proiettata oltre le frontiere offerte dall’avanzamento tecnologico piuttosto che verso la reiterazione di stilemi collaudati. Emergono filoni di ricerca originali che, da un lato, testano diverse varianti sull’organizzazione tipologico-costruttiva, dall’altro, sperimentano con l’applicazione di materiali innovativi, gettando una nuova luce sul rapporto tra architetto e produzione dell’architettura.

Extreme Texitles: Designing for High Performance, Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum, 2005. Foto di Andrew Garn

La mostra “Extreme Textiles” che cura nel 2005 presso il Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum, la prima nell’ambito di un’esperienza curatoriale che si protrae fino al 2018, è ulteriore occasione di avvicinamento alle nuove possibilità offerte dall’avanzamento dei tessuti tecnologici. Nell’opera di Mori, questa attenzione si riflette in una costante ricerca tettonica sulla definizione degli involucri architettonici, nelle loro proprietà estetiche e materiche. Alla Biennale di Architettura del 2012, Mori identifica nel particolare costruttivo – nella sua dimensione tecnologica e compositiva – lo spazio di confronto ideale per comparare posizioni diverse sul progetto, interpretando con originalità quel “Common Ground” pronunciato da Chipperfield.

Nel frattempo, l’impegno accademico si snoda anche presso la Columbia University, la Yale University e la Graduate School of Design di Harvard dove, dal 2002 al 2008, è alla guida del Dipartimento di Architettura. Negli anni lo studio si afferma come realtà dinamica, lavorando anche sui temi dello spazio pubblico, del centro di ricerca e sul rapporto con l’esistente, come nella Brooklyn Public Library Central Branch, attualmente in costruzione. I recenti progetti in Senegal segnano un progressivo avvicinamento alle problematiche sociali, aspetti che la vedono impegnata negli anni con la fondazione della piattaforma Visionarc, dal 2009, con la partecipazione al World Economic Forum’s e dell’Architecture for Humanity.

Quella che segue è una selezione di dieci progetti, dagli esordi alla contemporaneità, presentati secondo affinità tematiche.

Un negozio sulla 77° strada

Uptown NYC retail store per Issey Miyake, New York, 1989. Foto di Paul Warchol

Nel 1989, Mori realizza la prima delle tre boutique a New York per Issey Miyake, portando un concetto innovativo nel fashion retail. Nel negozio sulla 77° strada, è l’idea della plissettatura, di cui Miyake è stato grande interprete – basti ricordare il Pleats Please – ad essere traslata in concept d’arredo, dalle pareti rivestite in lamiere grecate ai ripiani realizzati con lamiere stirate. La piega compare anche nell’elemento a V appeso al soffitto e fa da contrappunto allo squarcio triangolare al centro della stanza. Usate come espositori, le funi d’acciaio mettono in tensione lo spazio del negozio, lasciando alle collezioni il ruolo di protagonista e delineando l’attitudine sperimentale di Mori.

Una casa sul Golfo del Messico

House on the Gulf of Mexico I Addition, Sarasota, Florida, 2005. Foto di Paul Warchol

Vi è poi il lavoro a contatto con i Maestri del Moderno. Nella Baia di Sarasota progetta prima una guest house (1999) e poi un’estensione, chiamata House on the Gulf of Mexico I Addition (2005), di fianco alla Theodore Burkhardt Residence di Paul Rudolph del 1957. La dependance sorge sul sedime di una struttura andata persa a causa di un uragano, motivo per cui Mori decide di sopraelevare l’edificio su pilotis adottando una configurazione a T. All’utilizzo di calcestruzzo, vetro e acciaio, Mori affianca una particolare scala formata da un unico pezzo in fibra di vetro. Gli interni e i tetti piani aggettanti rappresentano un tributo alla “Sarasota School,” il gruppo guidato da Paul Rudolph e Ralph Twitchell.

Una casa in Connecticut

House in Connecticut II, New Canaan, Connecticut, 2009. Foto di Paul Warchol

Nel 2009, costruisce la House in Connecticut II, ristrutturazione ed estensione della residenza che Marcel Breuer costruì nel 1951. Sull’esistente Mori agisce in punta di piedi con azioni conservative. Sul nuovo, invece, agisce per contrasto, contrapponendo ai muri in pietra che radicano la casa al suolo un volume in vetro che sembra fluttuare nella radura. L’assenza di scale interne impone di utilizzare le due maniche di collegamento oblique poste tra i due corpi.

Entrambi gli ampliamenti residenziali evidenziano il lavoro su alcuni punti chiave espressi dai maestri moderni, il rapporto con il cielo nel primo caso e il rapporto con il suolo nel secondo, che vengono reinterpretati in chiave relazionale.

Il centro visitatori di una casa di Wright

Darwin D. Martin House Visitor Center, Buffalo, New York, 2009. Foto di Paul Warchol

Nello stesso anno, realizza l’Eleanor and Wilson Greatbatch Pavilion, dando un nuovo volto al Darwin D. Martin House Visitor Center (2009). Mori procede ancora per contrasto reinterpretando alcuni elementi caratteristici. Il padiglione è una teca di vetro posta in drammatico dialogo con la pesantezza dei muri in mattoni: un dispositivo di osservazione che lascia al visitatore l’iniziativa di reinventare una narrativa della residenza wrightiana. Il tetto aggettante recupera un concetto chiave delle prairie houses ma ne ribalta la forma. Così, anziché schermare e proteggere, come faceva la Martin House, il nuovo edificio si compenetra organicamente con il contesto, esplicitando il proprio carattere pubblico.

Un café in Cina

Nel Newspaper Café (2007), in Cina, Mori concepisce il padiglione come un esercizio compositivo sul tema della piega, che diventa lo strumento formale per coniugare uso degli spazi, esperienza dell’architettura, e senso estetico generale, alla stregua di un’opera d’arte nel verde. La piega innesca sia un dinamismo dei piani in calcestruzzo sia un movimento fisico dei visitatori. La rampa che cinge il muro di spina conduce infatti alla terrazza panoramica in copertura. Mentre una facciata è lasciata opaca per ospitare proiezioni o performance artistiche, l’altra è trasparente per esporre più di mille riviste contemporaneamente.

Un centro per l'università di Syracuse

Syracuse University Center of Excellence in Energy and Environmental Systems Syracuse, New York, 2010. Disegno di Toshiko Mori Architect

Nel 2010, Mori realizza il Syracuse University Center, un polo scientifico che accoglie gruppi accademici e aziende impegnate nella ricerca di tecnologie sostenibili applicate all’ambiente costruito. Viene introdotto un concetto chiave nell’architettura dei centri di ricerca di Mori, ovvero la contaminazione tra sfera civile e sfera scientifica. L’edificio è stato definito un “laboratorio vivente” non solo perché è concepito secondo criteri ambientali ma anche perché i corridoi distributivi diventano gallerie da cui poter osservare le attività svolte all’interno dei laboratori, generando interazioni tra visitatori e lavoratori. 

La Cloudline

In parallelo prosegue a cimentarsi con il tema della villa privata che, se fino al 2009 era segnata dal rapporto con l’architettura d’autore, dal 2008 affronta con maggiore intensità la relazione con il paesaggio, in particolare nel contesto della Hudson Valley, dove si annoverano sei realizzazioni. La Cloudline (2013) è progettata con e per due galleristi, nel tentativo di fondere qualità dello spazio ed esposizione di opere d’arte. Mori sperimenta un rivestimento in pannelli di schiuma di alluminio, materiale riciclabile che permette di contenere il carico termico del sole e crea inaspettati riflessi a cui nel tempo è destinata aggiungersi una patina che ne altererà la percezione.

Una casa sulla spiaggia

House in Suffolk County, Southhold, New York, 2016. Foto di Michael Vahrenwald/Esto

In risposta al pericolo uragani, la House in Suffolk County (2016) ripropone il tema della palafitta, già incontrato nel primo progetto a Sarasota. La casa è sollevata su robusti pilastri oltre il livello di sicurezza stabilito dai regolamenti come risposta al rischio uragani e inondazioni. A caratterizzare l’edificio è tanto la geometria, con la piramide irregolare a definire la copertura, quanto il rivestimento, realizzato in scandole di legno che riprendono l’architettura vernacolare locale. Il gioco combinatorio dei volumi risulta alleggerito dalla varietà cromatica delle scandole in legno, e dalla leggera trama di linee orizzontali e verticali create dalla tecnica di posa.

Il centro di ricerca Novartis

Il Novartis Institutes for Biomedical Research (2015) riprende e sviluppa alcuni ragionamenti già apparsi a Syracuse. Il cliché del laboratorio ermetico e inaccessibile alla società viene definitivamente rovesciato in favore della massima interazione e contaminazione tra situazioni eterogenee. La ricerca come evento collettivo è l’idea alla base delle principali scelte progettuali. Grande attenzione viene quindi posta alla definizione dell’involucro, al fine di assicurare trasparenza e schermatura solare. La partitura dei solai si sovrappone alle trame di montanti, traversi e brise-soleil, generando una facciata che sembra vibrare al riflesso della luce e al movimento delle persone. 

Due progetti in Senegal

Thread Artists’ Residences & Cultural Center, Sinthian, Senegal, 2015. Foto di Iwan Baan

La Fass School and Teachers’ Residence (2019) e il Thread Artists’ Residences & Cultural Center (2015) sono due edifici realizzati in Senegal in collaborazione con la Josef and Anni Albers Foundation e l’American Friends of Le Korsa. Torna il ricorso ai materiali locali che, come nella House in Suffolk County, vengono utilizzati su geometrie nuove. Mori mette in atto strategie climatiche analoghe in entrambi gli edifici, che vanno dall’ombreggiamento, alla ventilazione, al recupero dell’acqua piovana. Queste azioni specifiche trovano una sintesi armonica nel progetto di architettura che, come traspare in tutta l’opera di Mori, è un campo di sperimentazione permeabile alle istanze ambientali, economiche, politiche, sociali e artistiche in grado di restituire un esito innovativo alla cultura contemporanea.

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