Il secondo capitolo della nostra odissea materialista nel mondo dell’arte e dell’architettura è dedicato alla terra in tutte le sue forme: terra battuta, intonaco d’argilla, adobe, ceramica, terracotta, argilla umida e mattoni cotti.
Il mattone è la pietra naturale della Danimarca, un Paese che ha depositi di argilla e gesso al posto del sostrato roccioso. Sono cresciuto in una casa di mattoni gialli. Ho frequentato una scuola di mattoni rossi e ho giocato con il mio castello di Lego di mattoni gialli. L’assioma di un mondo composto da elementi modulari è radicato nella mia mente come un valore predefinito. Jørn Utzon la chiamava “architettura additiva”: qualunque valore espressivo può essere comunicato tramite elementi modulari prefabbricati. Una lode della creatività scatenata tramite le forze della fabbricazione industriale.

Da bambino di un Paese di mattoni, il mio primo istinto è stato ribellarmi. Lo consideravo il volto del conservatorismo e dell’abitudine. Lo status quo da mettere in discussione e criticare. Nel mio primo viaggio di studio in Spagna mi ritrovai a occhi spalancati davanti alla potenza e alla bellezza dei mattoni. Le volte catalane, le sinuose superfici della piccola scuola di Antoni Gaudí nel sito della Sagrada Família. Andai in Uruguay per studiare l’uso della volta catalana e la complessa geometria di Eladio Dieste. Utilitas, Firmitas e Venustas tutte insieme. Il materiale più elementare usato per creare le forme più espressive.
Mi sono stupito davanti all'infilata di archi del Museo Nazionale d’Arte Romana di Rafael Moneo: la sottigliezza del mattone e l’irregolarità della cottura facevano del materiale più semplice un quadro di colore e decorazione.
A Guadix ho trovato abitazioni scavate nel terreno duro e nelle rocce porose. Tumuli da hobbit che fungevano da case del XXI secolo. Sono tornato in Danimarca con gli occhi aperti sulle possibilità creative di questo materiale quotidiano. Ho riscoperto il quartiere Kartoffelrækkerne con la densità delle loro basse abitazioni urbane. Le Fredensborghusene di Utzon con le loro corti degradate sembravano case a cortile nordafricane con il senso della materia e la tecnica artigianale della Danimarca. La sede dell’Università di Aarhus, che innalza la monotonia dei mattoni gialli e dei tetti a tegole a spiritoso gioco di differenza e ripetizione, tradizione e innovazione. Infine, la chiesa di Grundtvig: un unico mattone giallo usato per progettare e costruire ogni singolo elemento; la decorazione eliminata a favore dell’articolazione strutturale; la modularità elevata a monumentalità; lo straordinario tratto dall’ordinario.

Sembra proprio questo il tema ricorrente di tutti i progetti a base di terra di questo numero: prendere il massimo del quotidiano – lo sporco su cui camminiamo – e calpestarlo, batterlo, intonacarlo, stamparlo e cucinarlo in qualcosa di unico. Accettare tutti gli imprevisti naturali connessi a un materiale in parte minerale, in parte biologico: letteralmente un objet trouvé con attributi anch’essi trouvé.
Da bambino di un Paese di mattoni, il mio primo istinto è stato ribellarmi. Lo consideravo il volto del conservatorismo e dell’abitudine. Lo status quo da mettere in discussione e criticare.
Bjarke Ingels
Petersen Tegl è un produttore che, di recente, ha spinto il mattone dal fondo della scena alla ribalta dell’architettura contemporanea. Martin Rauch e Roger Boltshauser hanno passato decenni a cogliere vita e respiro della terra cruda battuta e a documentarne l’impatto sull’umidità, la temperatura e la qualità dell’aria. Portandola dalla sfera dell’artigianato al mondo misurabile e scalabile della produzione moderna. Gramazio Kohler sta aprendo la strada allo stampaggio a impatto usando i robot per accumulare masselli d’argilla umidi in modo che la forza dell’impatto li fonda in un materiale monolitico. Munarq sta innalzando l’imprecisione e la porosità della terra battuta al livello di una bellezza casuale. Anne Holtrop non solo scopre il segno del lavoro manuale come fonte di decorazione, ma usa lo stesso terreno come stampo per altri materiali: calcestruzzo, alluminio e vetro. La terra come materiale e fonte di decorazione e di forma, trasmesse da materia a materia.
A conclusione del secondo mese del nostro viaggio nel regno del materiale tra professionisti diversi sta diventando chiaro che procedere implica deviazioni verso pratiche del passato dimenticate, usate per sviluppare strumenti e materiali per costruire il nostro futuro. Il ritorno ai fondamentali può essere la via verso nuove frontiere di esplorazione e di sperimentazione. Che cosa c’è di più basilare del terreno sotto i nostri piedi? Dopo tutto, la terra è la sostanza eponima del pianeta che chiamiamo casa.
Immagine di apertura: Bjarke Ingels. Foto Sofie Mathiassen