Biennale 2018. Il Padiglione Gran Bretagna è “il più vuoto di tutti”

La Gran Bretagna, menzione speciale tra le partecipazioni nazionali, svuota il suo padiglione e costruisce un’isola in quota di freespace panoramico.

Innegabilmente Caruso St John Architects e Marcus Taylor, i curatori della Gran Bretagna, si presentano a questa Biennale veneziana con una “buona idea”, forse non inedita, ma certamente d’impatto, non a caso premiata dalla giuria con una meritata menzione. Con buona pace del padiglione più che centenario, che resta letteralmente vuoto (“il più vuoto di tutti”, scrive la tastiera affilata di Michele Masneri su Il Foglio), il progetto è quello di una piattaforma sospesa sopra di esso, retta da un sistema di impalcature che circondando l’edificio.

Img.1 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.2 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.3 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.4 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.5 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.6 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.7 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.8 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.9 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.10 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.11 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.12 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018
Img.13 "Island", veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018

Anche la piattaforma è vuota. Isola (il titolo della proposta britannica è, infatti, Island ) ma anche zattera (lo si apprende dal catalogo ricco ed elegante, forse un po’ mesto), belvedere ma anche solarium (in particolar modo durante la bollente conferenza stampa di apertura, alle ore 13 di una giornata d’estate fuori stagione), è una superficie piana aperta a usi e interpretazioni molteplici, suggerite dal pubblico e dai curatori di questo e di altri padiglioni. In breve, un freespace, chiaramente delimitato nei suoi confini ma dichiaratamente aperto e inclusivo. Solo due presenze articolano questo spazio spoglio. Un tea-corner ironizza sulla più classica forma di ospitalità inglese (un’ulteriore nota dolente climatica: anche il tè servito è bollente) ma i suoi ombrelloni gialli e balneari finiscono per sminuire un poco l’assolutezza dell’isola. Scelta più interessante e meglio controllata, il tetto a falde del padiglione emerge nel bel mezzo della sua temporanea superfetazione e suggerisce nuove chiavi di lettura.

“Island”, veduta dell'installazione, Padiglione Gran Bretagna, Biennale 2018

Se è vero, come ha scritto sempre Masneri, che l’edizione 2018 della Biennale è quella dell’“ansia”, allora la preoccupazione specifica della Gran Bretagna è quella dell’affondamento culturale e fisico. Affonda ad ogni stagione delle piogge la Holy Rosary Church di Shettihalli in India, affonderà probabilmente La Zattera della Medusa di Géricault, e soprattutto affonda nelle acque della laguna il padiglione veneziano, rappresentato nel fotomontaggio di Marcus Taylor (sono tutte immagini del catalogo). Che fare, dunque? Dall’inabissamento di un freespace, sembrano suggerire i curatori, ne può forse nascere un altro, a una quota diversa, un nuovo livello zero da cui guardare il mondo da una prospettiva inedita. Il padiglione è sott’acqua, e la Gran Bretagna cerca nuove strade qualche metro sopra di esso.

  • Island
  • 26 maggio – 25 novembre 2018
  • Caruso St John Architects e Marcus Taylor
  • Padiglione Gran Bretagna, Giardini