Propaganda e bellezza: il mito dell'acceleratore di particelle

Il Large Hadron Collider è forse il più affascinante progetto d'ingegneria del nostro tempo; dovremmo quindi essere in grado di apprezzarne le immagini per quello che rappresentano e non solo per la maestosità e la bellezza della simmetria.

Il problema

Quando nel 2008 vennero distribuite ai media le prime fotografie dell'LHC (Large Hadron Collider, grande collisore di adroni) – l'acceleratore di particelle del CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) – i giornalisti della carta stampata e del web ebbero un soprassalto collettivo di piacere quasi orgiastico. Da Time Magazine al celebre blog Big Picture del Boston Globe, enormi servizi fotografici con le magnifiche immagini dell'LHC del CERN vennero pubblicati a decine, su carta e in Internet, corredati da non più di un paio di didascalie o al massimo da un triste articolo assolutamente privo di valore informativo, corredato, per buona misura, di qualche frase presa di peso dal testo dei comunicati stampa. Certe testate cercarono di fornire qualche elemento più sostanzioso, di capire i meccanismi interni degli esperimenti dell'LHC e di spiegare ai lettori, avvertendoli, di che cosa si trattasse, anche se le immagini facevano la parte del leone. La protagonista era la comunicazione visiva.

Ma il fatto più sorprendente è che le riviste d'architettura e di design, che si guadagnano il pane quotidiano documentando e spiegando gli aspetti progettuali e ingegneristici di edifici e strutture di tutto il mondo, hanno fatto esattamente la stessa cosa. Un'immagine, però, vale mille parole solo se si capisce che cosa si sta guardando. L'LHC è forse il progetto d'ingegneria più complesso e affascinante dei nostri tempi e nemmeno una testata d'architettura si è curata di raccontare la storia di come è stato costruito. Anzi, come Michelangelo che presenta a Giulio II la Cappella Sistina, anche a noi lettori sono state presentate immagini evocative di creatività, timore reverenziale e stupore, come se l'LHC fosse stato creato dall'etere. Anche il linguaggio usato dai giornalisti per descrivere l'esperimento e i suoi obiettivi alludeva alla creazione divina: ecco la macchina che scoprirà la "particella di Dio", se mai la si può scoprire.

Forse pensavano che il mistero, con un'adeguata spiegazione della storia, della costruzione e degli scopi, ne sarebbe uscito sminuito. Forse l'idea di fondo era – come càpita spesso, soprattutto con i nuovi media sulla cresta dell'onda – che la scienza andasse resa più accattivante ad uso di un pubblico ignorante e generalmente poco interessato. Le foto dell'LHC sono state presentate come una bella pubblicità destinata a vendere al grande pubblico l'idea del progresso scientifico. Parrà un'esagerazione, ma nel 2008 un gruppo di scienziati cercò di ottenere un'ingiunzione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per impedire la messa in funzione dell'HLC da parte del CERN sulla base del timore che l'acceleratore creasse dei micro-buchi neri in grado di risucchiare il nostro pianeta rivoltandolo come un calzino. E dato che il CERN è un istituto multinazionale cui partecipano venti Stati europei, finanziato dai bilanci dei paesi membri oltre che da istituzioni di ricerca private e università pubbliche, certamente i finanziatori avrebbero dormito sonni più tranquilli se l'opinione pubblica fosse stata ben disposta nei riguardi del progetto. Non voglio dire che il fenomeno sia da considerare un'iniziativa strategica di pubbliche relazioni da parte del CERN, ma certamente è più sensato che il pubblico sia mistificato e ipnotizzato da belle immagini della macchina invece che confuso e spaventato da esperimenti che possono creare dei buchi neri condotti a cento metri sotto il suolo della Francia e della Svizzera.

Le immagini

"La bellezza di queste macchine deve molto al progetto: la nitidezza e la meravigliosa funzionalità. E ancor di più deve al senso di mistero che le circonda." Così scrive Mark Feeney del citato Boston Globe a proposito dei super-acceleratori, e in particolare delle immagini dei super-acceleratori. La ragione del "senso di mistero" che circonda questi super-acceleratori sta in parte nella decisione, da parte delle redazioni di giornali e riviste, che sarebbe stato molto più d'effetto diffondere immagini spettacolari ed esteticamente gradevoli (questo, soprattutto) dell'acceleratore invece che cercare di raccontare la storia della sua costruzione e del suo funzionamento: cose presumibilmente troppo complicate da capire per il pubblico. Quindi il tipico titolo di giornale sull'LHC metteva in primo piano l'immagine per catturare i lettori con grandi fotografie: convincenti, forse, ma prive di qualunque valore informativo.

Tanto per cominciare le immagini sono mute. Le fotografie dell'LHC non comunicano nulla della confusa realtà degli anni della costruzione che hanno portato alla realizzazione della macchina, per non parlare del frastuono quotidiano del relativo lavoro. La simmetria, la complicatezza, gli azzurri, i verdi e i gialli vivaci delle impalcature di sostegno e delle scale, le dimensioni incredibili rendono impressionanti anche le istantanee amatoriali del personale del CERN. Le foto di grande formato, a lunga esposizione, scattate dai professionisti sono semplicemente stupefacenti. Ispirano la stessa reverente meraviglia di un'immagine di una delle numerose, belle lune di Saturno scattate dalla sonda spaziale Cassini; tranne che la meraviglia è accresciuta in proporzione esponenziale dalla coscienza implicita che l'abbiamo fatto noi (magari non voi né io), ma che degli esseri umani hanno creato e costruito questa incredibile macchina. Non c'è da sorprendersi che queste foto raccontino una storia che la maggior parte di chi ci càpita sopra non è in grado di leggere se non come una piacevolezza estetica o come una macchina semi-mitologica.

L'estetica

Nel mondo postmoderno, l'estetica è una questione spinosa. Nel Settecento e nell'Ottocento, quando il buon gusto era molto più facile da definire in una determinata società, l'estetica era considerata un nuovo genere di scienza del gusto (sebbene non fosse davvero molto scientifica). Per un esteta intellettuale francese del XVIII secolo, per esempio, la bellezza veniva dalla natura e gli artisti migliori erano quelli che riuscivano a imitare, quando non a superarli nel sublime, gli schemi e le proporzioni della natura. Sull'altra sponda della Manica William Hogarth ed Edmund Burke adottavano una prospettiva più analitica, riducendo la bellezza a un elenco di attributi indispensabili. Curiosamente le foto dell'LHC che sono state pubblicate corrispondono a tutti i requisiti degli ideali estetici di Hogarth così come sono delineati nel suo L'analisi della bellezza del 1753: appropriatezza formale, varietà, simmetria, regolarità, "intrigo" e grandezza.

Sapendo dove guardare è facile vedere come questa prospettiva estetica abbia influito su alcuni grandi progetti ingegneristici vittoriani. Uno degli esempi migliori si può vedere in un sommesso edificio della zona sudorientale di Londra: la stazione di pompaggio di Crossness, costruita dal 1859 al 1865 da Joseph Bazalgette. Benché l'interno di questo interessante edificio (Pevsner lo definì una "cattedrale vittoriana di ghisa") fosse destinato solo agli occhi degli addetti alla stazione, gli ambienti di Crossness vennero progettati per essere belli; le considerazioni estetiche erano essenziali, non un sottoprodotto incidentale. La differenza tra Crossness e l'LHC è notevole. Anche se c'è chi ha suggerito che l'LHC discenda dai grandi progetti ingegneristici dell'Ottocento mi pare di poter affermare che non sia così. A parte il concetto di decorazione come cosa superflua per le esigenze di un'ingegneria puramente funzionale, nonostante quel che certi astrofisici vogliono farci credere, è difficile considerare che la scoperta del bosone di Higgs possa avere delle conseguenze vitali immediate quanto l'introduzione delle condutture idrauliche nelle abitazioni.

Se Crossness rappresentò il culmine dei successi ingegneristici del suo tempo, è interessante notare come la stazione fosse spiccatamente funzionale ma che, ciò nonostante, Bazalgette abbia ritenuto che un'elaborata decorazione non potesse che accrescere la grandezza del nucleo del nuovo sistema idraulico di Londra. A cent'anni di distanza, dopo l'ascesa e la caduta del Modernismo, l'atteggiamento nei confronti della decorazione è significativamente cambiato. L'LHC è un progetto dalle caratteristiche ingegneristiche così tecnicamente elevate da far sospettare che fosse pressoché impossibile progettarlo altrimenti che come qualcosa di puramente funzionale. Basta questo a rendere tanto inconsueto il fascino magnetico delle fotografie dell'LHC. E le foto in effetti sono affascinanti, possiedono una toccante qualità estetica: la freddezza simmetrica e la grandezza di proporzioni di questa macchina perfettamente progettata sono magiche, sono sublimi. I matematici e i fisici parlano spesso della bellezza come di una qualità essenziale alle teorie, alle equazioni e agli esperimenti migliori, e non è quindi una sorpresa una macchina realizzata per tappare le falle della bella teoria della fisica (il Modello Standard) risulti essere, a suo modo, bella e semplice quanto la teoria stessa. Le foto dell'LHC sono il biglietto da visita delle potenzialità insite nelle genialità umana.

L'ingegneria

La storia dell'LHC non sarebbe completa senza il resoconto della sua progettazione e della sua realizzazione. Lyndon Evans, responsabile del progetto LHC, ha dichiarato che la complessità ingegneristica era così grande che il gruppo di progetto sostanzialmente era costretto a definirla in corso d'opera. Quando Peter Higgs, il professore scozzese che avanzò la teoria del bosone di Higgs nel 1964, si recò per la prima volta nella sede dell'esperimento dell'LHC nel 2008, trovò anche lui che la pura e semplice scala dei rivelatori fosse sconvolgente. L'LHC non è stato il primo super-acceleratore costruito nel sito – il che non è sorprendente dato che il CERN vi ha sede dal 1953 – ma è il più grande e il più potente di una serie di acceleratori di particelle che permettono agli scienziati di esplorare la struttura della materia alle dimensioni minime. Prima dell'LHC c'è stato il LEP, Large Electron Positron [collider] ("Grande acceleratore di elettroni e positroni"), che è stato il più recente acceleratore in attività nel sito del CERN e ha funzionato dal 1989 al 2001. Fin dall'inizio del dibattito sulla realizzazione dell'LHC si decise (soprattutto per ragioni economiche) di usare il più possibile l'infrastruttura preesistente. La ragione per cui l'LHC si trova in una galleria circolare di 27 chilometri a 100 metri di profondità tra la Svizzera e la Francia è semplice: perché prima nello stesso posto c'era il LEP. Una delle ragioni della risonanza riscossa dall'esperimento dell'LHC sta nel fatto che, sfruttando la geometria della preesistente galleria dell'acceleratore precedente, gli scienziati sono riusciti a ottenere un incremento del 60 per cento del campo magnetico, spingendo il progetto dei relativi componenti (i magneti superconduttori e i loro sistemi di raffreddamento a elio superfluido) in un campo completamente nuovo e inesplorato.

L'aspetto affascinante del progetto dell'LHC non è il fatto che sia estremamente complicato, ma che le proporzioni della macchina e dei suoi rivelatori siano così vaste, e che la precisione richiesta dalle condizioni geologiche e dai materiali usati nella realizzazione dell'LHC siano tanto assolute ed esatte che essere stati capaci di realizzarle è un miracolo. Semplificando la funzione dell'LHC nei suoi aspetti più elementari, si tratta essenzialmente di una sistema progressivo di vari acceleratori di protoni (i protoni sono i nuclei isolati dell'atomo dell'idrogeno, appartenenti alla famiglia degli adroni, da cui la denominazione di Large Hadron Collider, o "grande acceleratore di adroni"), che accrescono la velocità e la massa di pacchetti di protoni prima di accodarli in due fasci di protoni incredibilmente veloci rotanti in senso antiorario, che poi entrano in collisione reciproca in quattro punti di rilevazione posti lungo l'anello. Per accelerare i protoni a una velocità sufficiente, il più possibile vicina alla velocità della luce (ma esperimenti recenti suggeriscono che potrebbero forse muoversi a una velocità superiore a quella della luce), al fine di creare l'energia richiesta per collisioni analoghe a quelle del Big Bang, i fasci di protoni vengono accelerati tramite un campo elettrico pulsante che fa loro compiere il giro completo dell'LHC 11.000 volte al secondo. Per riuscirci i fasci sono guidati nelle loro orbite circolari da 1.800 magneti superconduttori di incredibile potenza, che richiedono per il raffreddamento 130 tonnellate di elio superfluido. A proposito delle complicazioni ingegneristiche riguardanti la costruzione delle nicchie dei rivelatori ci sono degli aneddoti incredibili, ma secondo me non c'è praticamente nulla di paragonabile alla precisione richiesta dal lavoro con elementi di natura tanto particolare come i magneti superconduttori e l'elio superfluido. L'elio superfluido è una delle sostanze più stupefacenti che io abbia mai conosciuto: alla temperatura di 2.17K (-271 gradi Celsius, cioè pressoché lo zero assoluto) le proprietà dell'elio liquido subiscono un'interessante trasformazione: mentre la temperatura scende l'elio liquido pare sobbollire, finché, giunto al magico "punto lambda" dei 2.17K, il liquido smette di bollire e diviene completamente fermo: l'elio liquido è diventato superfluido, un fluido a viscosità zero che si sposta rapidamente attraversando qualunque sistema poroso. Un contenitore sotto vuoto che sembra a tenuta stagna può improvvisamente trasudare elio da ogni parte, perché il superfluido filtra attraverso fori microscopici. È evidente come questo fatto possa creare problemi enormi ai tecnici dell'LHC.

Accanto a queste sfide la costruzione delle due nuove nicchie richieste dai rivelatori ATLAS e CMS ha posto due diversi ordini di problemi ingegneristici. La vastità della nicchia che doveva essere creata per l'esperimento ATLAS si coglie difficilmente con le sole immagini. Larga circa 35 metri, lunga 55 e alta 40, potrebbe ospitare tranquillamente la cattedrale di Canterbury. Perfino la galleria di interscambio ferroviario dell'Eurotunnel, con il suo modesto diametro centrale di 22 metri, impallidisce di front alle proporzioni della nicchia dell'ATLAS. Ricavata nel bacino roccioso di Ginevra, la metà superiore della nicchia dell'ATLAS, una volta scavata, è stata rivestita di calcestruzzo e la volta che ne è risultata è stata appesa a cavi d'acciaio ancorati in vari punti della massa rocciosa superiore per garantire la stabilità necessaria. L'escavazione del resto della nicchia è stata completata in un secondo tempo.

Se queste nicchie fossero state costruite per qualunque altra funzione e per qualunque altro scopo, sarebbero state riposizionate per garantire una collocazione nella migliore situazione geologica possibile ma, come ha dichiarato Timothy Watson, viceresponsabile del dipartimento interno di ingegneria civile del CERN, "era un lusso che non ci potevamo permettere: dovevano lavorare secondo i parametri della nicchia imposti dai fisici e nelle condizioni geologiche di punti precisi lungo l'anello dell'acceleratore preesistente." È il motivo per cui, al momento della costruzione della nicchia del CMS, una grande quantità di acqua di falda rese impossibile l'escavazione del corridoio d'accesso. Lungo il suo tracciato venne collocato un anello di tubi di refrigerazione riempiti di azoto liquido. L'azoto liquido formò una parete di ghiaccio dentro il corridoio in modo che potesse essere scavato e foderato di calcestruzzo, permettendo la costruzione del resto della nicchia. E, come se non bastasse, durante l'allestimento del sito del CMS si scoprirono le fondamenta di una fattoria romana del IV secolo d.C., il che significò un arresto dei lavori per consentire le debite indagini archeologiche.

I quattro rivelatori dell'LHC hanno una loro parte in questa storia, dato che ognuno di essi è stato progettato per contribuire a rispondere a una specifica domanda riguardante il Modello Standard: l'ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS, "Apparecchiatura toroidale dell'acceleratore di particelle") – il toroide è una denominazione matematica di fantasia che indica un oggetto a forma di ciambella – e il CMS (Compact Muon Solenoid detector, "Rivelatore a solenoide muonico compatto") sono i due più grandi rivelatori multiscopo in grado di segnalare i fenomeni inattesi, benché soprattutto destinati alla scoperta del bosone di Higgs. Poi ci sono due rivelatori più piccoli destinati a esperimenti più specializzati: l'LHCb, dove 'b' sta per 'bellezza', destinato a studiare perché l'universo sia asimmetrico in relazione alle particelle della materia e alle loro cugine dell'antimateria, e l'ALICE, A Large Ion Collider Experiment, "Esperimento del grande acceleratore di ioni", che fa entrare in collisione pesanti ioni di piombo per produrre stati di materia simili a quelli esistenti per pochi milionesimi di secondo dopo il Big Bang.

Lo Standard Model è la grande teoria unificata che spiega le particelle fondamentali e le leggi fisiche che governano la materia, l'energia, lo spazio e il tempo nel mondo in cui viviamo oggi. È una teoria coerente che spiega gli elementi costitutivi della materia e le forze che li collegano, e tuttavia lo Standard Model è incompleto: solo il 5 per cento dell'universo è in realtà fatto della normale materia visibile descritta dallo Standard Model. L'altro 95 per cento dell'universo è fatto di materia oscura e di energia oscura, la cui natura sostanziale è completamente avvolta nel mistero. Ovviamente la materia oscura è un concetto totalmente teorico della cui esistenza non possediamo attualmente alcuna prova, inventato, in sostanza, per far quadrare le equazioni. Ma anche se si scoprisse che il bosone di Higgs non esiste oppure che l'altro 95 per cento dell'universo è fatto di qualcosa di diverso dalla materia oscura, anche se lo Standard Model si rivelasse un fiasco completo a livello quantistico, i risultati degli esperimenti dei quattro rivelatori dell'LHC sarebbero comunque in grado di aiutarci perché, pur non dandoci le risposte, per lo meno ci fornirebbero una serie di domande ulteriori.

La fine

Nonostante la difficoltà implicita nel racconto della storia della costruzione e della struttura dell'LHC attraverso la rappresentazione visiva, non ci troviamo in realtà di fronte a una specie di macchina semi-mitologica. Questo superconduttore è un portento di ingegneria con una scopo e una funzione scientifici ben precisi: produrre scoperte sensazionali che risponderanno almeno ad alcune delle domande fondamentali dello Standard Model: la scoperta del bosone di Higgs (se giù non è stata fatta), la particella che in teoria conferisce massa alle altre; oppure la scoperta di quale fisica al di là dello Standard Model debba sostituirlo. Si spera anche che gli esperimenti dell'LHC consentano l'osservazione di particelle di materia oscura, e che forse proiettino qualche luce sulla differenza tra materia e antimateria, il che – ci si augura – contribuirà a spiegare il meccanismo secondo il quale la materia è arrivata ad avere il predominio sull'antimateria all'origine dell'universo.

Torniamo a osservare queste fotografie. Sono davvero bellissime: la necessità di un ben definito grado di precisione del progetto e dell'ingegneria ha avuto come risultato la creazione delle straordinarie immagini che abbiamo visto diffondersi sulla stampa. Una quantità di fattori – requisiti scientifici, geologia, ingegneria, accessibilità – ha determinato l'estetica; e quindi forse c'è anche qualcosa della teoria della bellezza di Hogarth; ma si dovrebbe riuscire ad apprezzare queste immagini, e ciò che rappresentano, per qualcosa di più delle loro dimensioni che intimidiscono e della loro bellezza simmetrica. Quando la conoscenza aumenta non necessariamente svanisce lo stupore del mistero.

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