Ma in questi giorni càpita che per attraversarlo da un capo all'altro si debba sgomitare nella calca. Il movimento OWS, "Occupiamo Wall Street", in un primo momento una modesta manifestazione di protesta di duecento persone o giù di lì, è diventato così forte che tremila metri quadrati non riescono più a contenere tutti i contestatori. In effetti uno degli obiettivi della protesta consiste letteralmente nell'occupare il parco e restarci. Al momento un numero crescente di persone ci ha piantato le tende, portando con sé le sue cose – zaini, sacchi a pelo e perfino animali da compagnia – riducendo ulteriormente lo spazio disponibile. Il rumore principale che si sente ora è quello delle percussioni suonate continuamente in gruppo. Inizia al mattino, di solito verso le nove, e spesso va avanti per tutta la giornata fino alle dieci di sera.
In risposta alla creazione della tendopoli la polizia ha circondato con un labirinto di transenne tutta la zona di Wall Street. I contestatori non solo si sono impadroniti del parco ma organizzano almeno due cortei al giorno in Wall Street. Il blocco creato dalla polizia ha creato un assurdo intasamento in una parte della città già di solito soggetta agli ingorghi. Andando in giro si vedono parecchie facce incredule. I turisti che vengono a dare un'occhiata alla Borsa di New York vengono accolti da performance politiche estemporanee con zombie che inghiottono falsi biglietti di banca colando falso sangue dalla faccia. Al primo momento molti di quelli che lavorano nella zona non avevano la minima idea di che cosa stesse succedendo. E tanto meno si rendevano conto che a un isolato di distanza stesse nascendo un movimento internazionale.
Il movimento OWS, che all'inizio della protesta (il 17 settembre) era un movimento perfettamente efficiente e autosufficiente, si è poi evoluto in una minisocietà un po' burocratica. All'occhio del profano il gruppo pare avere un programma incerto e una politica dello spazio sconcertante. Il fatto è che il parco viene usato in modo in parte programmato e in parte estemporaneo. Come diceva Le Corbusier "il problema della casa non ha trovato ancora una formulazione definitiva; in altre parole la casa è un problema senza soluzione. Perciò le case tendono a essere il riflesso di chi le ha costruite".
Zuccotti Park ne è un eccellente esempio. Tende e ripari, sacchi a pelo e perfino qualche baracca sono sparsi dappertutto. C'è chi dorme all'aria aperta mentre altri si riuniscono in gruppi da due a cinque persone. Gli scatoloni di cartone sono diventati tavoli e le scatole da pizza usate sono diventate il materiale per eccellenza per realizzare i cartelloni. Ci si è fatti un riparo con la prima cosa a portata di mano. Di primo mattino si vedono sbucare da tutti questi rifugi provvisori mani e piedi. Lungo questo percorso un tempo tranquillo quasi sempre ora la popolazione, a metà giornata, oscilla tra le due e le tremila persone. E va avanti da settimane, da quando il 1º ottobre settecento contestatori vennero arrestati per essersi diretti in corteo al ponte di Brooklyn.
L'occupazione del parco ha suscitato parecchi conflitti in materia di spazio pubblico e spazio privato. Ciò in parte si deve al fatto che non si tratta di un parco municipale e che vi vige l'obbligo dell'apertura nell'arco delle ventiquattr'ore. Da parte sua l'amministrazione della proprietà, la Brookfield Properties, sembra intenzionata a non muoversi e a stare a guardare. I contestatori vogliono stabilirsi qui e il Comune vuole che se ne vadano; Brookfield sta nel mezzo. Ma siccome il parco è proprietà privata il Comune non può sgomberare gli occupanti. La situazione ha indotto la polizia, in sostanza, a circondare il parco per l'intera estensione della protesta. Il timore, in parte, è la possibilità di una replica dei saccheggi, degli incendi e delle violenze che si sono verificati a Londra nei mesi precedenti di quest'anno. Per la polizia la sicurezza è una preoccupazione seria, dato che molti dei manifestanti sono giovani e senza peli sulla lingua. Sono anche migliaia, e l'ultima cosa che il sindaco Michael Bloomberg vuol vedere sono le scorribande di gruppi di giovani mascherati che appiccano il fuoco, lanciano pietre e saccheggiano la parte meridionale di Manhattan. La polizia è presente per garantire che qui non accada quel che è successo a Londra.
Ma queste cose non le vuole vedere nessuno, tanto meno i contestatori. In realtà hanno fatto grandi sforzi per attenersi a una strategia non violenta. Benché organizzino cortei quotidiani per New York e in Wall Street, talvolta coinvolgendo alcune migliaia di persone, non un sasso è stato tirato e non una finestra è stata infranta. Lungi dall'essere una rivolta violenta (come Fox News ha falsamente sbandierato) la contestazione, in questo parco di tremila metri quadrati, ha creato una cultura propria. I dimostranti hanno realizzato un ben organizzato spazio mensa, costruito con una lunga fila di cassette e teli di plastica, dove chiunque può recarsi a mangiare. Hanno anche costituito un centro tecnologico in mezzo al parco, dove si sta seduti tutto il giorno a fare ricerca, a scrivere e a tenere i contatti sul web. C'è un generatore mobile per alimentare tutte le apparecchiature elettroniche. Dato che ci sono tante cose da fare i gruppi di OWS si riuniscono ogni giorno e in queste riunioni tendono a sottolineare i principi della non violenza, della democrazia e della deliberazione collettiva. È un processo lento ma è riuscito a risolvere molti problemi che nascevano dalla molteplicità dei bisogni di una collettività così grande.
Dopo un mese di emozioni forti, con la mancanza di servizi igienici e la costante presenza della polizia, il sovraffollamento è diventato un problema. Le soluzioni possibili sono state discusse e infine tra i gruppi si è trovato l'accordo: a chi voleva unirsi al movimento sarebbe stato chiesto di spostarsi al Washington Square Park. Benché si trovi a due chilometri e mezzo da Wall Street è in posizione centrale e ci si arriva direttamente da Broadway: l'ideale per i cortei.
E tuttavia l'aggiunta di un altro parco sarà un banco di prova per il movimento. I problemi logistici per dar da mangiare a più di mille persone ogni giorno a Zuccotti Park già erano una bella sfida. E poi c'è la squadra Igiene, che pulisce in continuazione; la squadra Biblioteca che deve gestire migliaia di libri; la squadra Sanità, che deve funzionare ventiquattr'ore su ventiquattro; la squadra Comunicazione che fronteggia la valanga di richieste dei media; la squadra Relazioni esterne che si occupa di tutte le richieste provenienti da altri gruppi politici e militanti: la squadra Arte che si occupa di aiutare il teatro e le mostre d'arte di strada. E poi ci sono gli altri gruppi che costituiscono l'Assemblea generale: ci sono sempre più aderenti. Washington Square richiederà lo stesso genere di infrastruttura o i contestatori saranno disposti a farsi due chilometri e mezzo a piedi per avere un pasto gratis?
Con tutta la cacofonia delle sue molteplici voci l'OWS inizia a sembrare una piccola New York. Nonostante tutte le loro stravaganze e la varietà del temperamento di ciascuno, i contestatori hanno trovato modo di mettere da parte le differenze e di vivere pacificamente insieme. In fin dei conti tutti devono dormire, tutti devono mangiare e tutti devono avere un riparo. Alla fine si sono resi conto di avere più cose in comune che differenze. In questo argomento unificante sta, secondo loro, la ragione della loro forza, e perfino il presidente degli Stati Uniti lo ha riconosciuto.
Ma con l'approssimarsi dell'inverno certamente lo spettacolo deve andare avanti. La gente rimarrà ancora a bocca aperta e i media non vedono l'ora di scoprire che cosa succederà. Una cosa è certa: Occupiamo Wall Street ha lasciato il segno e non sparirà tanto presto.
Chris Cobb vive a Brooklyn, New York è un artista e scrive per diverse testate. Era andato a Occupa Wall Street per fotografare gli occupanti ma in breve è diventato uno di loro. Adesso sta scrivendo e facendo video sul movimento.
