Così Golden Goose usa Gemini, l’AI di Google, nei suoi store

Con l’arrivo di Gemini, Google e Golden Goose sperimentano un nuovo modo di vivere la boutique. A spiegare a Domus come è nata la collaborazione e cosa significa davvero è il CEO Silvio Campara.

Golden Goose, marchio veneziano fondato nel 2000 e noto per le sue sneaker artigianali dall’estetica "lived‑in", è oggi una delle realtà italiane del lusso più riconoscibili. A Milano ha recentemente inaugurato anche una padel arena firmata Fabio Novembre. Nel nuovo capitolo della sua evoluzione, Silvio Campara (Ceo di Golden Goose) porta l’intelligenza artificiale nei propri negozi. Non come trovata tecnica, né come gadget futuristico, ma come estensione naturale della relazione tra cliente, creatività e artigianato.

La collaborazione con Google – che introduce l’AI Gemini e i Google Pixel negli store del marchio in Italia, Francia, Spagna e Stati Uniti – segna un tentativo di integrare strumenti digitali nel processo di personalizzazione, mettendo in dialogo generazione algoritmica e intervento artigianale.

La “gemma”? Un’interfaccia fra desiderio e artigianato

Campara insiste spesso su un punto chiave: “La tecnologia deve amplificare, non sostituire, la mano umana”. È da questa premessa che nasce l’uso della Gem di Gemini negli store. Non un filtro, non un effetto, ma — come la definisce lui — “uno spazio di immaginazione condivisa tra cliente e modello”. La Gem non genera semplicemente un’immagine: interpreta l’intento del cliente, suggerisce direzioni estetiche, rende visibili idee che altrimenti resterebbero astratte.

“I clienti non vogliono più solo scegliere un prodotto, vogliono capirne il senso, partecipare alla sua nascita”, continua il CEO. La Gem diventa quindi un intermediario: traduce un ricordo, un colore, un riferimento culturale in una base visiva, e da lì inizia il lavoro vero — quello dell’artigiano.

“L’AI non sostituisce la creatività: la amplifica” dice Campara, che vede in questo passaggio un modo per “restituire sicurezza alle persone nel processo creativo, perché possono visualizzare subito ciò che immaginano”.

Il ruolo dell’AI in un negozio che è “un luogo culturale”

Per Campara, il negozio non è uno spazio commerciale ma "un luogo culturale, dove accadono cose". L’arrivo dell’AI, nelle sue parole, "non cambia la natura dello store, ma apre un nuovo tipo di conversazione". Il cliente non si limita a esprimere un gusto: esplora possibilità insieme a un sistema che risponde, propone, interpreta indizi.

I clienti non vogliono più solo scegliere un prodotto, vogliono capirne il senso, partecipare alla sua nascita.

Silvio Campara

Silvio Campara, Ceo Golden Goose

"Il negozio è relazione", ribadisce Campara. "L’AI rende questa relazione più profonda, più personale, più vicina alla sensibilità del cliente". Ma non invade la parte finale: quella resta nelle mani dei Dream Makers, gli artigiani. "C’è sempre un momento in cui una persona prende in mano la scarpa e decide cosa è giusto per quel cliente. Quello non lo cambieremo mai".

Design dell’esperienza: una nuova grammatica

Campara descrive il percorso come "un ponte tra la visione e la realtà". La parte digitale non è un esercizio estetico ma un modo per ridurre la distanza tra immaginazione e oggetto finale. "Prima, il cliente doveva fidarsi della nostra interpretazione. Ora può vedere, rivedere, cambiare idea, trovare una direzione che sente davvero sua".

Per il Ceo, questo segna una trasformazione più ampia: "Non parliamo più di prodotto, ma di cultura. Di come le persone vogliono esprimersi oggi. L’AI entra in questo scenario non come tecnologia, ma come linguaggio".

E guardando al futuro, Campara è netto: "Il futuro della moda non sarà definito da produzioni più veloci o tendenze effimere, ma dalla capacità di creare connessioni profonde, trasformando tecnologia in empatia, sostenibilità in aspirazione e passione in esperienza condivisa".

E qui emerge anche un punto critico: quella con Golden Goose è solo una delle numerose collaborazioni che Google sta attivando con il mondo della moda e del lusso, un’operazione che amplia la presenza dell’AI nelle dinamiche di brand e retail ma che apre anche interrogativi sulla standardizzazione dell’esperienza creativa e sull’impatto dei big tech nelle estetiche contemporanee.

Golden Goose ha trovato un modo lineare con la sua identità per introdurre Gemini restando fedele ai propri valori e alla visione del brand. In questo senso, la collaborazione con Google non è solo un’iniziativa tecnologica, ma "un tassello di una visione più grande", che comprende anche progetti come la padel arena di Milano e tutte le altre iniziative che mirano — parole del Ceo — "a creare valore culturale ed esperienziale, non solo prodotti".

Tutte le immagini: Courtesy Google Pixel e Golden Goose

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