Il nuovo Superman di James Gunn è un redesign “leggero” e pieno di citazioni dal passato

I fumetti di All Star Superman e soprattuto la serie di animazione dei fratelli Fleischer, quella che ha fatto volare per la prima volta il supereroe: il regista riscrive l’immaginario visivo dell’eroe per una nuova generazione, con tantissima ironia e pescando a piene mani nel passato.

Ogni nuovo adattamento di un supereroe riparte dai fumetti. Ogni volta bisogna scegliere un ciclo di storie ma anche un tipo di approccio prima di tutto visivo, attingendo al grande bacino di narrazioni, disegni e versioni differenti. Il Superman di James Gunn ha un riferimento visivo chiarissimo: All Star Superman, la miniserie a fumetti del 2005 scritta dal “dio dei fumetti” Grant Morrison, disegnata da Frank Quitely e colorata da Jamie Grant.

Il film non ha niente di quella storia, ma presenta le medesime giornate terse e la stessa ossessione per il sole, presente in tutte le scene d’azione, sempre luminoso e caldo. La ragione risiede nella storia di Superman (che trae i suoi poteri dal sole giallo della nostra galassia) e nella trama del film, che da subito punta a spiegare l’importanza del sole per definire ciò che Superman è. Ma è anche una scelta di tono.

All Star Superman, la miniserie a fumetti del 2005 scritta da Grant Morrison, disegnata da Frank Quitely e colorata da Jamie Grant

Con questo film Superman viene ribaltato rispetto a tutto ciò che era stato fatto in precedenza, a partire dal look. Un nuovo costume, un po’ più morbido e meno attillato, una nuova Metropolis e un tono per i dialoghi e la storia decisamente più solare, almeno quanto le immagini. È tutto più colorato nelle inquadrature ed è tutto più colorato nei dialoghi e nelle caratterizzazioni. James Gunn, che ha scritto e diretto il film, ha applicato il suo umorismo e il suo spirito anticonformista al personaggio conformista per antonomasia. Per bilanciare tutto questo però serviva anche un riferimento classico, qualcosa di tradizionale. E come spesso accade, lo hanno trovato nel Superman dei fratelli Fleischer.

Se la trama deve confermare tutto ciò che sappiamo sul personaggio, il design invece va nella direzione opposta, verso un senso di sollievo, ottimismo e leggerezza. E la potenza del design al cinema è tale che tra le due a prevalere è la seconda.

Max e Dave Fleischer erano due fratelli che nel 1921 fondarono uno studio di animazione. Per vent’anni furono i più grandi rivali di Walt Disney in quel settore, realizzando cartoni come Braccio di Ferro e Betty Boop. Nel 1941 in particolare produssero una serie di cortometraggi animati su Superman, destinati al cinema, con un budget altissimo per l’epoca (50.000 dollari). Quei corti sono ancora oggi uno standard aureo per l’animazione e rappresentano una delle migliori versioni mai realizzate del personaggio. Molto influenzati dall’art déco e realizzati in molte parti con la tecnica del rotoscoping (che consiste nel filmare le scene con attori e poi disegnare l’animazione ricalcandone i movimenti), quei cartoni cambiarono il personaggio.

Il Superman di Max e Dave Fleischer, la serie di cortometraggi, 1941-1943

Prima dei corti dei fratelli Fleischer, per esempio, Superman non volava: il suo potere consisteva nel fare salti così ampi da sembrare voli. La cosa era complicata da animare con lo standard tecnico che i Fleischer volevano, e trovandosi più a loro agio nell’animare il volo gli diedero quel potere. Da quel momento in poi Superman, anche nei fumetti, ha sempre volato.

In questa nuova versione cinematografica firmata James Gunn, il costume con i mutandoni rossi in evidenza, la S sul petto un po’ spostata verso l’alto e diverse altre caratteristiche richiamano fortemente la versione dei Fleischer, che non solo canonizzarono il look poi largamente imitato dell’eroe, ma ne fissarono per la prima volta l’idea di forza. L’obiettivo di quei corti animati era stupire il pubblico e rendere tangibile la fatica dietro le imprese incredibili del personaggio. Ancora oggi il peso che riescono a conferire agli oggetti e, quindi, la percezione della forza di Superman, restano ineguagliati.


Questo Superman di James Gunn parte dallo stesso principio. Se le versioni precedenti per il cinema lo vedevano quasi come una divinità, capace di imprese sovrumane senza troppi sforzi (salvo gli scontri con i suoi pari), questa nuova incarnazione lo ritrae spesso ferito, in difficoltà, schiacciato da un peso che fatica a sostenere, sul punto di fallire. Gunn adotta diverse soluzioni per rendere visibile questa difficoltà, tutte di design, frutto del lavoro sugli effetti visivi, che poi sono una forma fotorealistica di animazione. Una di queste è la simulazione di una lente grandangolare, leggermente deformante, simile a quelle montate su auto da corsa o aerei, nelle sequenze aeree di volo. Un’altra è il modo in cui riprende da vicino le colluttazioni con grandi mostri.

Sono cambiamenti necessari nel momento in cui i film di supereroi stanno cercando di sostituire la parte più consistente del loro pubblico, cioè i millennial, nati tra l’inizio degli anni ’80 e la fine dei ’90, con la generazione successiva. Da qui nasce l’esigenza di cambiare tono. Via le storie cupe e i supereroi come divinità in Terra, dentro una serenità, una positività e un ottimismo completamente diversi, che non rinunciano però ai grandi temi politici (c’è tutta una trama che parla di guerre e interessi globali). In tutto questo, il design è l’arma fondamentale per comunicare fin dalle prime immagini e dal trailer che l’approccio è cambiato.

Christopher Reeve nei panni di Superman, 1978-1987

Una delle prime immagini diffuse mostrava il nuovo Superman, in un appartamento, mentre si infila gli stivali, come una persona qualunque, con mostri minacciosi visibili dalla finestra alle sue spalle, come se non se ne accorgesse. Un’immagine ironica, in cui Superman appare come un uomo normale. Una delle ultime invece, ora che il film è in uscita, ritrae Superman con il supercane Krypto che dallo spazio osserva la Terra, seduto come se fosse su una collinetta di un parco. Sono immagini completamente diverse da quelle, solenni e potenti, che tradizionalmente accompagnano la promozione dei film di Superman. E nonostante la storia parli di responsabilità, queste immagini e più in generale il design solare del film spingono in direzione opposta.


Se la trama deve confermare tutto ciò che sappiamo sul personaggio, cioè la sua missione di salvare l’umanità, la difficoltà di fare il bene di tutti, il peso di dover salvare ogni persona e comportarsi sempre come il più bravo dei bravi ragazzi, il design invece va nella direzione opposta, verso un senso di sollievo, ottimismo e leggerezza. E la potenza del design al cinema è tale che tra le due a prevalere è la seconda. Superman è un film molto più leggero di tutti gli altri adattamenti precedenti, incluso quello del 1978 con Christopher Reeve, perché è disegnato e pensato per raccontare la leggerezza che James Gunn mette sempre nelle sue storie.

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