Questo articolo è stato pubblicato precedentemente su Domus 1090.
“Bruno Munari. Tutto”, fino al 30 giugno alla Fondazione Magnani Rocca, alle porte di Parma, è il racconto di una figura poliedrica che trasferisce la fantasia nella creatività, la organizza e la trasforma in metodo da applicare in tanti campi: design, arte, cinema, fotografia, grafica. Tra i tanti aspetti, forse, proprio quello del Munari grafico/editore è quello di maggiore riconoscibilità: la grafica editoriale, sua vera passione, era anche il campo di un continuo autoapprendimento. Sin dagli anni Venti, infatti, il suo lavoro si è concentrato attorno alla forma del libro, della copertina.
Dalla grafica, quindi, e dalle sue varie proposte per Bompiani, Einaudi e Rizzoli si può partire per conoscere l’artista: approcci diversi, che univano sempre rigore formale, ricerca, astrazione e illustrazione, modularità e invenzione. “Non è che Munari facesse le copertine”, diceva Giulio Einaudi, “veniva lì e discuteva. Discuteva, appunto, con il direttore editoriale, con il direttore tecnico Oreste Molina e con me”.
È questa intelligenza che ha consentito alla grafica di Munari di depositarsi nello stile e nell’immagine dei suoi committenti e di colloquiare anche su altri piani: nei suoi lavori si possono infatti sempre individuare due livelli, un Munari grafico, ma anche un Munari a tutto campo, il cui impegno si dispiega sull’insieme del prodotto editoriale.
Il primo è illustratore e l’illustrazione è il metodo di rappresentazione scelto per raccontare delle storie. Lo troviamo nelle Fotocronache, dove la storia prevale e c’è un’unica fotografia da indagare, ma anche in tutti libri favolistici per l’infanzia. Si nota anche nell’illustrazione delle copertine, come quelle della Bompiani degli anni Cinquanta, con splendidi esempi di sintesi visiva, giochi astratti, manipolazioni e montaggi di fotografie, disegni fantasiosi e liberi.
In secondo luogo, troviamo il Munari cinetico e programmatico, che definisce le condizioni del progetto lasciando aperto l’esito. Si muove in una dimensione concettuale, indaga il libro come oggetto seriale, le collane come sintagmi di identità editoriale, la grafica come testo per un percorso progettuale. Allora basta un quadrato rosso, cinque righe rosse parallele, sei quadrati (da riempire di testi o immagini, ma anche da modulare fino a ridurli a due). Bastano poche sottili linee su un campo bianco. Insomma, Munari dispone un metodo aperto.
Nei suoi lavori si possono sempre individuare due livelli, un Munari grafico, ma anche un Munari a tutto campo, il cui impegno si dispiega sull’insieme del prodotto editoriale.
Un esempio è la collana della rivista Menabò di Vittorini e Calvino dove troviamo righe orizzontali, dentro le quali scrivere le titolazioni. Un altro è la collana di Bompiani I Satelliti. In questo caso, un grande cerchio nero su sfondo bianco rappresentava un pianeta, per ospitare il titolo, e poi per ogni numero della collana, in successione, subentrava un altro cerchio più piccolo, un satellite. Le copertine della serie si componevano per la stratificazione dei satelliti e, in sequenza, diventavano quasi un film di animazione. Questo era il Munari a tutto campo, il Bruno Munari “Tutto”, appunto.
Immagine di apertura: Bruno Munari, T, studio preparatorio per pubblicità sulla rivista Campo grafico, circa 1934. © Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla Maurizio Corraini s.r.l.
- Mostra:
- Bruno Munari tutto
- Dove:
- Fondazione Magnani-Rocca, Parma
- Date:
- Dal 16 marzo al 30 giugno 2024