Sogni urbani e architetture afrofuturiste in mostra al MoMA

“Bodys Isek Kingelez: City Dreams”, presenta più di 30 modelli di architetture e città utopiche, per discutere i temi urbani contemporanei.

Bodys Isek Kingelez, Kimbembele Ihunga (dettaglio), 1994

L’architettura e l’urbanistica Afrofuturiste sono in mostra al MoMA di New York fino al 1 gennaio 2019. Nato negli anni Settanta negli Stati Uniti, l’Afrofuturismo è un movimento sociale e culturale trasversale che mette insieme filosofia, fantascienza, musica, arte, misticismo, moda, design... È attraverso la riappropriazione della tecnologia e di immaginari futuribili che i neri americani rivendicano diritti civili e un trattamento pari ai bianchi, immaginando di superare i limiti della razza umana per risolvere le questioni razziali.

La mostra “Bodys Isek Kingelez: City Dreams”, presenta più di 30 di quelli che l’artista congolese chiamava “extreme maquettes”. Sono architetture che dallo spazio atterrano sul nostro pianeta, scenari urbani utopici fatti degli scarti delle nostre città: lattine, cartoni del latte, rasoi, penne, lampadine, spugne… Come direbbe il jazzista e pioniere dell'Afrofuturismo Sun Ra: “Space is the Place!” La mostra ripercorre la carriera trentennale dell’artista, dalle prime sculture di edifici pubblici, civici e padiglioni nazionali, alle ultime città utopiche, caotiche e colorate.

Bodys Isek Kingelez, Ville de Sète 3009 (detail), 2000. Carta, cartone, plastica e materiali vari, 80×300×210 cm. Collection Musée International des Arts Modestes (MIAM), Sète, France. © Pierre Schwartz ADAGP; courtesy Musée International des Arts Modestes (MIAM), Sète, France
Bodys Isek Kingelez, Ville de Sète 3009 (detail), 2000. Carta, cartone, plastica e materiali vari, 80×300×210 cm. Collection Musée International des Arts Modestes (MIAM), Sète, France. © Pierre Schwartz ADAGP; courtesy Musée International des Arts Modestes (MIAM), Sète, France

Lo scenario più complesso e vasto concepito da Kingelez è la Ville Fantôme (1996), una città senza dottori e senza polizia. L’artista la descriveva così: “È una città pacifica dove tutti sono liberi. Una metropoli in cui si respirano solo gioia di vivere e bellezza. È un crogiolo di tutte le razze del mondo. Qui si vive come in un paradiso.” I modelli sono la concretizzazione la sua immaginazione, rendono tangibili i sogni per il suo paese, per l’Africa, per il mondo. “The future of the future is in the present” scriveva il teorico britannico John McHale. Se la fantascienza è il mezzo per discutere le questioni dei giorni nostri, allora l’architettura utopica può ancora avere un impatto su come vediamo le città contemporanee.

Titolo:
Bodys Isek Kingelez: City Dreams
Date di apertura:
fino al 1 gennaio 2018
A cura di:
Sarah Suzuki con Hillary Reder
Luogo:
MoMA
Indirizzo:
11 W 53rd St, New York

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