Best of #brutalismo

Fotografato, usato, filmato, osservato e conservato: il brutalismo sembra essere di nuovo al centro.

Il brutalismo è straordinariamente fotogenico, e sembra essere in bianco e nero anche quando è a colori, come se incarnasse un mondo dai confini netti come quelli delle grandi ombre che gli edifici proiettano. Le sue declinazioni, che vanno dalla monumentalità dei regimi socialisti alla rappresentazione fisica della democrazia abitativa ma anche alle numerose sperimentazioni del secolo scorso, sono sparse sul pianeta e testimoniano l’epoca felice del cemento. Che non sembra tramontata insieme al secolo.


– Pouria Khojastehpay trapianta edifici brutalisti in mezzo a paesaggi aridi e senza vita, creando ambientazioni degradate, come spesso viene fatto nelle distopie dei romanzi.

– Le immagini di Roberto Conte sono parte di un progetto fotografico molto più ampio e a lungo termine sul brutalismo in tutto il mondo, con l’obiettivo di riscoprire queste strutture e la loro influenza.

– Nella serie di Denis Esakov sull’architettura modernista in Russia, il pathos funzionalista dell’avanguardia, le ambizioni monumentali dell’epoca di Stalin, e la produzione di massa di metri quadrati a prezzi accessibili del periodo Krusciov-Breznev appaiono come esperimenti donchisciotteschi.

– La storia del Sirius Building, progettato da Tao Gofers nel 1978, innesca una riflessione più ampia sull’architettura brutalista australiana che, solo se supportata da un ampio movimento d’opinione e dall’interesse della comunità, potrebbe rivelare una natura sorprendentemente resistente.

– La fotografa Anna Positano ha seguito la recente trasformazione della capitale macedone che ha preso la sua forma attuale negli ultimi 50 anni, tra terremoti fisici e politici.

– La nuova sede della Galería OMR a Città del Messico di Riestra, Arnaud & Werz conserva il carattere dell’edificio brutalista esistente e lo trasforma in un generoso spazio espositivo.

– Condensando in 8 minuti la storia, il fosco presente e l’incerto futuro di quello che una volta era il più grande e ambizioso progetto di residenza sociale d’Europa, Joe Gilbert applica una narrazione fotografica essenziale a un luogo derelitto, per fargli riacquistare la dignità che merita.

– Al Vitra Design Museum il collettivo Assemble con l’artista Simon Terrill ha ricreato un’area giochi brutalista con un’installazione ibrida, per bambini e adulti.

In apertura: Michael Blampied & Partners, Henrietta Place – Welbeck Street car park, 1969. Londra, Gran Bretagna. Fotografia Roberto Conte