“Sono stati il terremoto del 2011 e lo Tsunami a ricondurmi alla fotografia. Due mesi dopo il disastro, mentre stavo girando un reportage nella città costiera di Kamaishi, dove 800 persone erano morte, trovai delle rose sbocciate dietro le rovine di un palazzo. Quella coesistenza di bellezza e rovina mi fece pensare a una poesia: In the spring, cherry blossoms, in the summer the cuckoo, in autumn the moon, and in winter the snow, clear, cold. Scritta dal monaco zen Dogen, la poesia descrive la delicata bellezza dello scorrere delle stagioni. Le rose che vidi a Kamaishi erano sbocciate semplicemente perché era primavera. Il meraviglioso e semplice esistere di quelle rose in mezzo alle rovine, mi toccò profondamente riportandomi alla fotografia”. Racconta l’artista giapponese.
“Subito dopo l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, ho trovato un blog su di pavoni lasciati nella zona di evacuazione, nel limite 20 km. Ho cominciato a immaginare quei pavoni passeggiare per la città vuota, con le loro belle ali spiegate. L’immagine che avevo in mente sembrava così lontana da ciò che stava accadendo a Fukushima. Era come se due diversi strati di immagini – la scena del disastro e splendidi pavoni – fossero state sovrapposte tra loro senza fondersi. Dopo il 2011 ho cominciato a vedere diversi strati in quasi tutto”.
fino al 14 novembre 2015
Miho Kajioka
And, where did the peacocks go?
Twenty14 contemporary
piazza Mentana 7, Milano