Architettura come evento: Resist Istanbul

Riempito di centinaia di tende e strutture provvisorie, Gezi Park a Istanbul ha fatto vivere ai manifestanti la città e la sua architettura in modo inconsueto.

“Un evento è politico se ha un contenuto collettivo, oppure se può essere attribuito esclusivamente a una pluralità collettiva.” Alain Badiou
Il brutale attacco della polizia dello scorso 31 maggio a Istanbul ha scatenato un’insurrezione. Nella notte del venerdì e del sabato seguenti, migliaia di persone si sono riunite e hanno costruito barricate nelle strade che conducono a piazza Taksim. Rifiuti e materiali di scarto, trovati nelle strade e sul selciato sono stati usati per costruire tutti insieme delle barricate per impedire ai reparti della polizia di entrare nelle strade. In quella che si potrebbe leggere come una rivendicazione della decolonizzazione del potere egemonico, perfino certi materiali tolti alla polizia nel corso di scontri precedenti (come dei tavoli) sono stati usati per costruire le barricate, a dimostrazione che le barricate, oggi, rappresentano ancora la più antica ed efficace forma di insediamento di tutta la storia dell’architettura. A Istanbul barricate all’ingresso delle vie Harbiye, Talimhane, Gümüşsuyu, Sıraselviler, Tarlabaşı… tutte in direzione di piazza Taksim.
Taksim Square
Le tende a Taksim Square
La facciata del Centro culturale Atatürk (AKM, Atatürk Kültür Merkezi) era coperta di manifesti, striscioni e bandiere che rappresentavano le varie comunità, le varie ideologie e i vari gruppi dell’opposizione. Il parco Gezi si è riempito di centinaia di tende e di strutture provvisorie, che si ampliavano e si adattavano secondo le varie fasi di resistenza. Questa pratica dell’abitazione, effimera e legata alla situazione, nella sua realtà collettiva che si adattava alle diverse condizioni del momento ci ha fatto vivere la città e la sua architettura in modo inconsueto. L’AKM, piazza Taksim e il parco Gezi sono diventati simbolo e luogo centrale del dibattito pubblico, insieme con il Terzo Ponte e altri progetti di trasformazione urbanistica di Istanbul imposti dal governo in assenza di decisioni condivise dalla popolazione. Negli ultimi anni il dibattito pubblico tra le autorità e gli attori locali (militanti, urbanisti, architetti, ONG, la Consulta dell’Urbanistica, la Consulta dell’Architettura e gli accademici) è stato quanto mai teso.
Taksim Square
Un pullman bruciato durante le proteste
Nel frattempo a Gezi Park esigenze come i pasti e le bevande gratuiti sono state soddisfatte grazie a iniziative autonome. È stato impiantato un orto-giardino. È stata istituita collettivamente, con materiali da costruzione di scarto, una biblioteca che ha permesso a tutti di condividere e donare libri. Invece di abbandonarsi alle celebrazioni l’opposizione riflette sul modo di trasformare lo spazio occupato in spazio creativo e sostenibile, senza violenze.
Un autobus già usato come barricata è stato trasformato nello sportello informazioni di un’organizzazione politica. Tra gli altri esempi di architettura a misura del luogo e della situazione a piazza Taksim e al parco Gezi ci sono una moschea provvisoria, una mensa collettiva mobile fatta di materiali elementari e di una tenda, e un ospedale pubblico in continuo ampliamento. Al parco Gezi semplici strisce di nastro adesivo segnano sul terreno i confini di ogni sezione, delimitando le funzioni di ogni spazio. I confini si ampliano o si restringono secondo le necessità delle persone, e ricordano i margini delle singole abitazioni di Dogville di Lars von Trier.
Taksim Square
La preghiera del venerdì a Taksim Square
La proposta statale di un progetto che tenta di trasformare piazza Taksim in uno spazio controllato ad alta sorveglianza ha costretto i cittadini a ripensare la simbologia del potere politico di questo spazio. Il dibattito sulla demolizione dell’AKM (proposta dal governo nel 2007) è ancora aperto. Nel corso dell’insurrezione la facciata dell’AKM è stata ricoperta e trasformata dai cittadini, che hanno completamente cambiato l’immagine dell’edificio, nonché la nozione di ‘forma’ architettonica. In quel preciso momento la domanda è diventata: come si può vivere una ‘forma architettonica’ senza la relativa rappresentazione? Quando esattamente questa forma si fa esperienza immanente di sé? L’architettura performativa si dà il più delle volte nelle situazioni ‘d’emergenza’, come pure l’urbanistica conflittuale, l’architettura istantanea  e le prassi radicali di resistenza spaziale. Il momento dell’‘evento’ (nel contesto filosofico di Badiou) assume un ruolo radicale, in cui si realizza la rottura del sistema. Perciò questo momento è il punto critico del sistema, in cui esso non replica se stesso ma diviene qualcosa d’altro, aprendo possibilità diverse.
Taksim Square
Tende a Taksim Square
Strutture relazionali pienamente integrate nelle pratiche d’opposizione, come le strade, le barricate e il parco Gezi di Istanbul, mettono di fronte noi, proprio noi soggetti di questo momento storico, a una molteplicità di situazioni che costituiscono l’‘evento’ stesso. Le prassi abitative legate alla situazione del parco Gezi e di piazza Taksim diventano l’‘architettura dell’evento’ dell’opposizione. Pelin Tan, sociologa e storica dell’arte, è professore associato presso l’Università Kadir Had di Istanbul

“Architettura per tutti” http://herkesicinmimarlik.org/en oggi testimonia e documenta esempi della recente architettura d’opposizione. La protesta di Istanbul indica per architetti e designer un semplice fatto: abbiamo bisogno di definizione nuove dell’architettura in situazioni in cui la disciplina è lontana dagli architetti. Ognuna delle singole strutture delle strade e del parco Gezi è dotata di un proprio progetto e di un proprio processo realizzativo a misura di quel luogo specifico. La documentazione di queste strutture provvisorie, in considerazione del loro limitato ciclo di vita, è della massima importanza per consentire ricerche successive.
Taksim Square
Atatürk Cultural Centre (AKM)

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