Louis Kahn A Rhinebeck, in fuga da New York a causa dell'uragano Sandy, alle sei meno un quarto del mattino Aleksandra Wagner mi ha in formato per telefono che Lebbeus Woods era appena morto. Mancava l'elettricità e mi chiamava dal telefono di un poliziotto.
Lebbeus la settimana scorsa era entusiasta del completamento del Light Pavilion, il "Padiglione di luce" di Chengdu, in Cina. Con Christoph Kumpusch il 24 ottobre aveva brindato a champagne per festeggiare l'importanza del momento: la sua prima costruzione permanente.
La libertà spirituale in architettura che Lebbeus Wood incarnava comportava un raro idealismo. Lebbeus aveva convinzioni appassionate e una profonda devozione nei confronti dell'architettura. Parlava spesso dell'importanza delle idee e della conoscenza del mondo in cui viviamo. I suoi progetti avevano una forte carica politica… creava territori di realtà.
Lo conobbi nel febbraio del 1977, tramite Andrew McNair, allora direttore dell'Institute for Architecture and Urban Studies. Al mio arrivo nel piccolo loft di Leb, dalle parti di Franklin Street, a Tribeca, lo trovai chino su un enorme disegno in bianco e nero di un panorama urbano alla Piranesi. Mentre mi salutava e si girava per mostrarmi lo straordinario disegno, dalla sua sigaretta pendeva un lungo residuo di cenere grigia, sul punto di cadere.
Quando cominciammo a discutere della condizione attuale dell'architettura gli dissi che mi piacevano molto le sue osservazioni critiche sul Postmoderno di Charles Moore, di Robert Stern e di altri che avevo letto a San Francisco.

Alla fine del 1977, iniziai a lavorare a un progetto che si chiamava Bronx Gymnasium-Bridge, che sarebbe divenuto il tema del primo numero di Pamphlet Architecture. Lebbeus fece il terzo numero con il progetto Einstein's Tomb. Era la stupefacente idea di una tomba per Albert Einstein: un'architettura bizzarra destinata a viaggiare nel mondo su un raggio di luce. Oggi mi piace immaginare che quella tomba ospiti lo spirito di Lebbeus.

La settimana scorsa Christoph Kumpusch, l'editore Lars Mueller e io ci siamo incontrati per parlare di un libro intitolato Urban Hopes, che uscirà l'anno prossimo. Questo libro conterrà un 'libro nel libro' – o, come lo chiama Lars, un "inserto" – che dà conto della costruzione del Light Pavilion di Lebbeus. La pubblicazione sarà pronta in occasione della grande mostra di Lebbeus Woods che si aprirà il prossimo febbraio al San Francisco Museum of Modern Art.
Leb era un insegnante brillante e affascinante, le cui lezioni alla Cooper Union erano profondamente feconde. Sono sempre rimasto stupito dell’originalità dei lavori dei suoi studenti

Il padiglione di Lebbeus, fatto di grandi "raggi di luce", è un luogo in cui si entra a vari livelli. Camminando su lastre di vetro sospese su montanti d'acciaio il panorama si moltiplica e si allarga all'infinito, grazie all'acciaio a specchio che riveste l'interno dello spazio di quattro piani che occupa l'edificio. A differenza di altri architetti visionari (che quando gli si dà occasione di costruire rischiano di deludere), il padiglione di Lebbeus è un'architettura brillante e coinvolgente. L'esperienza che se ne ha, specialmente la notte, pare dissolvere la veduta della città di fronte. Il mondo si capovolge in una sensazione di sospensione della gravità attraverso la luce e il riflesso.

Steven Holl, Rhinebeck, New York, 30 ottobre 2012
