La versione integrale dell'intervista sarà pubblicata sull'allegato Green al numero 961 di domus, in uscita a settembre.
Domus: Qual è la relazione tra il suo progetto per il Padiglione Italia e "Common Ground", il titolo che David Chipperfield ha dato a questa Biennale?
Luca Zevi: Il progetto per il padiglione è stato pensato proprio a partire dal titolo, "Common Ground", declinato, per il Padiglione Italia in "Le quattro stagioni", col sottotitolo "Architettura del Made in Italy, da Adriano Olivetti alla Green economy". Questo vuole essere un padiglione squisitamente
di architettura e ho scelto di affrontare la crisi economica che stiamo attraversando. I trent'anni trascorsi sono stati dominati dalla finanza. Non vogliamo esprimere alcun giudizio ma quello è un periodo finito. Si tratta ora di capire come la ripresa può essere evocata. Credo non avverrà più attraverso la finanza ma attraverso il lavoro.
Il nostro vuole essere un viaggio nel modo italiano di lavorare: perciò cominciamo da Olivetti, che è stato un imprenditore che offriva prodotti di eccellenza in stabilimenti di eccellenza, all'interno di una comunità di lavoro e con idee urbanistiche, oggi nuovamente percorribili. Un modello che ripropone l'Italia delle cento città e la valorizzazione del policentrismo, in opposizione al modello della metropolizzazione, alle grandi periferie e alle grandi industrie, che alla fine di questo ciclo non ci sono più. Non solo, ma dalle città si tende a scappare. [...]
Luca Zevi: il Padiglione Italia
Luca Zevi racconta a Domus il 'suo' padiglione sostenibile e la sua visione dell'architettura italiana: da Adriano Olivetti alla Green Economy.
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- 01 agosto 2012
- Venezia
A proposito di energia, cosa rappresenta all'interno della sua mostra, cosa veicola?
Privilegiare le energie rinnovabili è coerente col discorso di utilizzare quanto abbiamo. L'Italia ha solo le rinnovabili, dall'idrico in giù, usarle significa valorizzare i nostri caratteri specifici. Su questo interviene il progetto. Non sempre gli architetti si sono interessati alle cose importanti negli ultimi decenni. Non ci siamo interessati ai viadotti per molto tempo, eppure sono un segno molto forte sul territorio. Se gli ambientalisti oggi fanno i convegni contro le rinnovabili è perché non le abbiamo fatte diventare belle come gli acquedotti romani! [...]
Il padiglione sarà ecosostenibile, nei limiti del possibile, perché alimentato da energie rinnovabili di diverso tipo - dal fotovoltaico alle pedalate su Spin Bike dei visitatori. E soprattutto creando nel primo spazio del padiglione una sorta di giardino italiano: uno spazio di ristoro nel caldo veneziano, in cui possa avvenire un momento di confronto, un common ground, in questo caso anche fisico, fra tutti coloro che lavorano a diverso titolo sul territorio, per mettere insieme le energie. La sostenibilità del padiglione è, quindi, sia energetica, sia uno spazio collettivo per ragionare su come avviare la ripresa, attraverso confronti organizzati nell'arco dei tre mesi di apertura. Insomma al padiglione si accede attraverso un giardino che è il terreno comune.