La stella Michelin, in particolare la terza, rimane uno dei massimi traguardi per la gastronomia di ricerca. Un obiettivo che gli chef più ambiziosi perseguono non solo attraverso l’espressione di una visione culinaria, ma anche intervenendo in chiave progettuale sul servizio e il design di interni, che con l’alta cucina si apparentano attraverso studiate sinestesie o soluzioni spaziali di impatto atmosferico.
Come il design aiuta uno chef di Londra nella conquista della terza stella Michelin
Angelo Sato, chef giapponese di Humble Chicken, ripensa la sua sala e il suo servizio con un nuovo progetto e un obiettivo dichiarato: conquistare la terza stella del grande premio gastronomico.
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- Giulia Zappa
- 31 luglio 2025
Angelo Sato, chef giapponese proveniente da una rodata gavetta in alcuni tra i più noti tre stelle mondiali, ha appena riaperto il suo ristorante Humble Chicken, fondato a Londra sulla scia degli yakitori izakaya, ovvero i ristoranti giapponesi specializzati in pollo allo spiedo. Già due stelle Michelin, il locale è stato chiuso per consentire lavori di ristrutturazione finalizzati – lo auguriamo a Sato – alla conquista della terza. La nuova sala, progettata in collaborazione con lo studio Raven Collective, massimizza l’esperienza immersiva a contatto con i cuochi e si distingue per un numero ridotto di coperti, da 20 a 13, che vengono disposti a ferro di cavallo intorno all’isola della cucina.
Se l’impiego di materiali nobili come il legno di ciliegio e di noce, il marmo e la ceramica riflette l’inclinazione verso una qualità senza compromessi, è soprattutto la scelta dei servizi per la tavola che si manifesta il profondo senso di connessione e intenzionalità che Sato riversa nella scelta degli oggetti, realizzati esclusivamente da artigiani che conosce personalmente e stima. Le bacchette, ad esempio, sono fornite da Murunao, marchio storico basato nella prefettura di Niigata, nel nord del Giappone, e sono fatte in ebano, marmo, oro e argento. Le stoviglie sono pezzi unici realizzati da Steven Brown, ceramista dell’Herefordshire. L’esperienza più forte, tuttavia, resta la contemplazione delle sedici portate che declinano il suo menu. Un gioco di seduzione visivo capace di dimostrare tutta la sollecitazione esercitata dal disegno e dalla composizione del cibo, prima ancora che dall’alchimia gustativa.