“La mia eredità? Uno spazio vuoto”: nella casa-città di Michelangelo Pistoletto

Domus incontra il grande artista italiano nella sua Cittadellarte, l’ex manifattura che 25 anni fa ha trasformato nella sua casa-città, un arcipelago dedicato all’arte.

Michelangelo Pistoletto ci accoglie seduto ad un tavolo ovale, con pile di libri, appunti e giornali aperti. Qui si pranza, ma nello stesso tempo si tengono le riunioni che muovono le economie domestiche di una dimora che è anche città aperta. “La mia è una casa città, una vita privata tanto quanto pubblica e condivisa.”

È il 1998 quando Pistoletto fonda Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, una ex manifattura di Biella trasformata in centro culturale, residenza di artisti, spazio espositivo per mostre e conferenze, ma sarebbe più corretto utilizzare la parola di “arcipelago”, ovvero un raggruppamento di isole, abbastanza vicine tra loro, spesso con caratteristiche morfologiche affini, che non significa uguali. 

Bisogna pensare ad un mondo che vive nelle sue differenze, questo è quello che sarebbe dovuto succedere dopo la caduta del muro.

Michelangelo Pistoletto

“L’arte è il fenomeno che porta alla creazione nell’ambito della vita comune” spiega Pistoletto, che in ogni suo gesto, in ogni parola, fa risaltare una profonda convinzione, quella che l’artista oggi debba “assumersi la responsabilità di mettere in connessione tutti gli ambiti della vita sociale nonché tutti i settori: dalla politica, all’economia, alla religione, al design, alla moda, all’architettura”. Una missione che negli anni ha portato Biella al riconoscimento come città creativa da parte dell’Unesco, perché a Cittadellarte vige un’utopia che diviene progetto urbanistico: ridisegnare la società, per far vivere le persone, prosegue Michelangelo “al protetto nel costruito e al meglio nella natura”

Sono essenziali gli elementi di arredo che abitano la casa di Pistoletto e nel chiedergli se fra questi ci sia un oggetto a cui si sente particolarmente legato, il Maestro indica una sua opera: un Quadro Specchiante, in cui una giovane donna guarda lontano con un cannocchiale. Ed è proprio nello spazio di quella superficie, fissata al muro, che si riflette tutta la dinamicità del presente e l’essenza del tempo che, nella sua opposizione alla staticità, accoglie la vita senza predeterminarla o giudicarla. 

“Bisogna pensare ad un mondo che vive nelle sue differenze, questo è quello che sarebbe dovuto succedere dopo la caduta del muro.” Amare le differenze non è solo uno slogan di Cittadellarte, ma il tratto distintivo di un progetto che unisce arte e società “un segno libero e dinamico, fluido e flessuoso che si inserisce tra le vecchie trincee come capillare connessione del tessuto di un corpo nuovo”; un’organizzazione embrionale in continua rigenerazione.

Questa prassi di trasformazione, che qui trova qui la sua spinta motrice, deve coinvolgere tutti i cittadini se si vuole raggiungere quella che Michelangelo chiama “La Pace Preventiva”, titolo stesso della sua ultima mostra, visitabile fino al 4 giugno a Palazzo Reale; per “una politica orientata a riequilibrare la relazione tra artificio-natura e a promuovere la cultura dell’amare le differenze, senza la quale non sarà possibile uscire dal labirinto e liberarsi del mostro.” Come sottolinea il curatore Fortunato D’amico.

“Quando manca la trinamica della creazione (una delle formule di Pistoletto, NdR) viene ad esserci l’annullamento, il vuoto... quando ho visto questo spazio per la prima volta era in Alzhaimer”. Ricorda il Maestro. Rimanevano infatti solo delle mura a testimoniare il passato di un edificio che risaliva al 1700 e di proprietà della famiglia Borra di Biella. In epoche successive al 1872 subì vari cambi di proprietà con ampliamenti, ristrutturazioni e destinazioni diverse: granaio per l’Ospedale degli Inferni di Biella; follone: lavaggio e follatura della lana; casa operaia, opificio a ciclo completo.

“Tutti gli elementi che esistono intorno a queste mura possono ricombinarsi qui dentro, attraverso la generazione e rigenerazione”, perché qui “Il passato ed il futuro sono due poli che si congiungono nel presente, per progettare il domani.” E, allo stesso modo, prosegue Michelangelo Pistoletto, “la mia eredità sarà uno spazio vuoto.” 

Attraversando le varie aree del complesso, cullati dal gorgoglio del Torrente Cervo, che scende pieno dalle cime Biellesi per confluire poi nel fiume Sesia, si è pervasi da una straordinaria sensazione di pace, in cui la vitalità scorre protetta. Qui convivono infatti due significati: quello di cittadella, un’area in cui l’arte è protetta e quello di città, in tutta la sua complessa inter-relazione con il mondo.

La mia eredità sarà uno spazio vuoto.

Michelangelo Pistoletto

Qui c’è spazio per l’offerta gratuita del pensiero umano ed il profitto è solo un mezzo, “come la carta per stampare e il cibo per ragionare. Io non sono mai stato d’accordo con il concetto che il massimo profitto rappresenti la massima democrazia, perché abbiamo portato il profitto come sistema consumistico ai suoi estremi.”

Ed è così che nasce un altro motto di Progetto Arte “Artista sponsor del pensiero” affinché siano le idee e non gli organismi economici a riconfigurare l’architettura della civiltà di domani. 

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