Gio Ponti, riflessioni intorno a una lampada

Una luce pensata come un progetto aperto, in cui è il cliente a scegliere l'abito finale, tra sottili treppiedi, moduli squadrati ed eleganti finiture cromatiche

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Domus 1059, luglio e agosto 2021.

“Ecco le diverse lampade”: una grafia in corsivo, su un foglio a buchi in un raccoglitore d’archivio. Un’idea che ronza in testa e si concretizza sulla carta, definita con un tratto a matita sottile, ma sicuro.
Al furore creativo che contraddistingue la personalità di Gio Ponti che, dallo schizzo di una posata passava alla progettazione di un grattacielo o al decoro di un tessuto, nasce, nel 1955, una serie di disegni che racconta le riflessioni intorno a una lampada. O, meglio, intorno a una sorgente d’illuminazione che si diverte a cambiare abito. L’archi-designer milanese ha in mente diverse versioni per una piantana: lo stelo tubolare, lungo o corto, sostiene i paralumi tronco-conici o cilindrici, mentre il basamento s’innalza su sostegni differenti – a treppiede, piramidali o su moduli quadrati.
La serie è pensata, probabilmente, per un’azienda estera, forse americana, e dimostra ancora una volta la modalità operativa di Ponti, che si fa autopromotore del suo stesso lavoro: non propone però al cliente un prodotto finito, ma lo seduce con proposte diverse, attingendo al suo repertorio progettuale, una tavolozza di forme, colori, soluzioni che, negli anni Cinquanta, si sta aprendo sempre più alla contaminazione tra le arti.

Il disegno originale di Gio Ponti, 1955

Per questa lampada personalizzabile, Ponti immagina vestiti diversi, gambe sottili, lunghe e squadrate, come le facce dei diamanti. C’è una base quadrata, che è un gioco di pieni e vuoti, e crea lo stesso effetto di luci e ombre, che è poi lo stesso che l’architetto ricerca sulle facciate dei suoi edifici, rivestendoli di piastrelle colorate per animare l’architettura e farla vibrare alla luce del sole.
A credere nel progetto, che fino al 2017 era rimasto solo una serie di documenti in archivio, è stato Filippo Cristina, fondatore di TATO, azienda di arredo e illuminazione, di base a Novara, interessata al design italiano degli anni Cinquanta, ricco di sperimentazione di forme e processi produttivi.
A partire dai disegni e lavorando con i Gio Ponti Archives, l’azienda è arrivata a concretizzare De-lux, una serie di lampade dalle diverse combinazioni: la sorgente di luce, conica o a paralume, si può abbinare a tre diversi basamenti (a treppiede, conico o a intarsio).

Gio Ponti, De Lux, TATO

La versione a intarsio è rivestita con piastrelle colorate in ceramica, ispirate a quelle impiegate all’Hotel Parco dei Principi di Sorrento, un progetto dove Ponti ha dichiarato il suo amore per questo materiale. D’altronde, è sempre stato questo il suo modo di lavorare: gli elementi di design diventano edifici e i principi di architettura si concretizzano negli oggetti.

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