Matt Pyke, il tecno-ottimista: “Il design immersivo può influenzare le persone”

Il guru di Universal Everything, schivo ma superconnesso, ci racconta come è cambiato il lavoro del designer grafico. E quanto vasto sia il suo potenziale di regalare emozioni e benessere alla nostra vita.

Da uno studio in legno costruito nel giardino della propria casa a Sheffield, South Yorkshire, guida dal 2004 il collettivo Universal Everything, uno studio di arte grafica multisensoriale che ha prodotto video e installazioni immersive per grandi marchi e gruppi musicali tra cui Apple, Radiohead, Coldplay, Chanel, Nike, Audi, Hyundai, Warp Records, MTV. Eppure, Matt Pyke non è un esperto di programmi digitali, la sua formazione è da grafico e illustratore. Ha cominciato a lavorare realizzando copertine di dischi e progetti grafici per il mondo della musica.

Il suo gruppo di lavoro varia da due a quattro persone, non esiste uno studio fisico per incontrare i clienti: è virtuale, come la realtà che UE crea con i suoi video. Prassi di lavoro tradizionale e nuovi strumenti si fondono per oltrepassare i confini del progetto stampato, ma mantenendo la chiarezza e la coerenza che contraddistingue quello migliore.

L’obiettivo è favorire una comunicazione più efficace che sappia spalmarsi su “tutti gli schermi della nostra vita” e che sappia addirittura produrre effetti benefici sulla società. Questo, e molto altro, ci ha raccontato in occasione dell’uscita, qualche mese fa, della sua monografia What is Universal Everything?, curata da Adrian Shaughnessy e Tony Brook e pubblicata da Unit Editions in edizione limitata.

Quando ha capito che il corso intrapreso dal tuo lavoro era quello giusto? C'è un episodio o una commissione che sottolinea questo passo?
Abbiamo trovato la nostra “tela” ideale utilizzando le pareti video, quando ci è stato chiesto di realizzare opere video integrate per gli interni degli store Nokia, nel 2006. Il nostro “soggetto” naturale di forme di vita digitali lo abbiamo trovato nel 2011 creando il film Transfiguration, con la figura che cammina in continua evoluzione, per la mostra personale “Super Computer Romantics” al museo d'arte digitale La Gaite Lyrique di Parigi.

Cos'è Universal Everything? Quali sono i suoi punti di forza?
L'ottimismo per il futuro. Trovare emozioni nella tecnologia emergente. Utilizzare gli schermi del futuro come nostro canovaccio di lavoro. Cercare nuove forme di rappresentazione figurativa attraverso gli occhi delle nuove tecnologie. Aumentare e valorizzare l'architettura con facciate video e proiezioni. Vivere lontano da Londra, nella nostra dimensione. Attrarre clienti globali anche se non abbiamo un vero e proprio ufficio. Il nostro modello di studio virtuale, con incredibili talenti di ogni parte del mondo come collaboratori.

Qual è il tuo metodo di lavoro? In che misura usi strumenti tradizionali come il disegno o i modellini?
Parto sempre dal disegno, e poi continuo finché l’idea si affina al punto da uscire dalla pagina e diventare digitale. Non so programmare o usare software 3D, li vedo come limitazioni alla mia immaginazione. Preferisco collaborare con talenti straordinari che sanno dar vita alle mie visioni.

Lavori per grandi aziende governate da input commerciali. Come riesci a mantenere il giusto equilibrio tra arte e marketing?
Vediamo ogni progetto come una proficua collaborazione tra noi e i valori di un brand, tra noi e il lancio di un bellissimo prodotto, tra noi e uno spazio culturale, tra noi e il pubblico di un museo. Scegliamo i nostri clienti con cura, cercando marchi all'avanguardia che abbiamo obiettivi autentici – quindi non sentiamo di operare compromessi tra progetti commerciali e culturali.

Sei stato chiamato tecno-ottimista. È una definizione corretta?
Credo che tecnologie sempre più avanzate ci offrano soluzioni positive ad alcuni dei problemi più gravi del mondo – penso per esempio a impianti di pannelli solari, alle fattorie verticali o alla possibilità che tutti, in ogni parte del mondo, hanno oggi di far sentire la propria voce a livello globale. Statisticamente, l'intera popolazione mondiale sta migliorando la propria condizione giorno dopo giorno, ma i mass media distorcono questa verità.

Come descriveresti il lavoro di un designer grafico oggi?
Pensare al di là dei tradizionali schemi del progetto su carta, per migliorare la comunicazione espressiva sui molti nuovi punti di contatto digitali che si trovano sugli schermi che usiamo nelle nostre vite: dai quadranti degli orologi intelligenti alle applicazioni per cellulari, dai sistemi di orientamento della realtà aumentata fino alle facciate video architettoniche... Tutti questi campi di intervento hanno bisogno di chiarezza, coerenza e nuove soluzioni visive sorprendenti.

Matt Pyke sperimenta il progetto audio-video immersivo Inside the sound, autoprodotto nel 2018.

Quali sono le differenze nell'approccio progettuale rispetto ai tuoi esordi?
Quando ho iniziato a lavorare come professionista, nel 1996, ho imparato a ideare e realizzare tutto da solo, anche perché era difficile trovare collaboratori con competenze complementari. Quindi ora sono in grado di progettare qualsiasi cosa a qualsiasi scala, ma è facile trovare collaboratori in tutto il mondo, così possiamo lavorare a progetti più ambiziosi tutti insieme.

Pensi che l'efficacia di un lavoro di comunicazione professionale sia diminuita con il bombardamento di immagini a cui siamo sottoposti?
Viviamo in ambienti visivamente rumorosi e che ci disturbano. Trovare quiete, spazi vuoti e concentrazione è ormai un lusso raro. Dal momento che la Silicon Valley è modellata sul consumo della nostra attenzione, dobbiamo combattere contro questo flusso di distrazione e dipendenza dai media per fare un lavoro davvero significativo! Personalmente, ho fatto grandi passi avanti per bloccare questo rumore, usando un telefono muto, usando carta e matita, abbandonando i miei profili social. E poi stiamo sviluppando prodotti digitali che aiutano le persone a focalizzare maggiormente l'attenzione nella loro vita.

Quali sono i creativi e i progettisti che sono un riferimento importante per te?
Zaha Hadid, prima di tutto. Il mio primo giorno di studi come graphic designer ho scoperto un libro di suoi dipinti. Ho seguito i suoi tentativi di far costruire qualcuno dei suoi progetti finché ce l’ha fatta e ha ottenuto un enorme successo. Mi ha insegnato una lezione sulla perseveranza e sulla fiducia nella propria visione. Poi David Hockney, un pittore che ha sempre abbracciato le nuove tecnologie, ci ha giocato – dalle polaroid ai fax, dagli iPad alle installazioni video multischermo. E Olafur Eliasson, che sa creare esperienze coinvolgenti e multisensoriali con un tocco estremamente leggero, ma sempre con un messaggio ambientale intenso. Mi ispira a pensare oltre gli schermi.

In quale direzione dovrebbe andare la professione del graphic designer?
In futuro, ogni superficie, ovunque, potrebbe essere uno schermo. Questi schermi hanno bisogno di comunicare qualcosa. Il design immersivo ha il potere di influenzare le persone anche fuori dalle hall o da un museo, è stato dimostrato che le esperienze che offre possono aiutare la guarigione dei pazienti in ospedale. Il potenziale insito nel nostro lavoro di avere effetti benefici sulla società è la grande passione che ci anima.

Matt Pyke nasce nel 1975 a Swindon, Gran Bretagna. Ha studiato illustrazione botanica e tecnica, poi graphic design, prima di lavorare a Designers Republic dal 1996 al 2004, anno in cui ha fondato Universal Everything a Sheffield.

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