Fine anni ’50. La storia dell’industria e quella della tecnologia sono a una svolta epocale: il passaggio dalla cultura meccanica alla cultura elettronica. È un passaggio delicato e per certi versi anche rischioso: la cultura meccanica sembra ancora forte ed efficiente, la resistenza e la diffidenza nei confronti del nuovo sono ben radicate tanto sul piano culturale quanto su quello industriale.
Bisogna essere visionari e lungimiranti per capire l’urgenza e l’improcrastinabilità del passaggio: e in Italia Roberto Olivetti (figlio primogenito di Adriano, che lo ha preceduto alla guida dell’azienda di Ivrea) e Ettore Sottsass (nominato nel 1958 designer della nuova Divisione Elettronica della Olivetti) sono tra i pochi a capirlo. Così come sono tra i primi a capire l’esigenza di innovare radicalmente gli strumenti del lavoro d’ufficio in una società in rapida e vorticosa trasformazione.

Nel 1964 la macchina da scrivere elettrica Tekne 3 nasce in questo contesto: si collega idealmente a un altro oggetto di culto prodotto da Olivetti su design di Marcello Nizzoli (La Lexikon 80), ma lo innova sia sul piano formale che su quello tecnologico.
Il progetto tecnico dell’ingegner Rinaldo Salto adotta soluzioni innovative che armonizzano la relazione fra il motore e le leve, attraverso un sofisticato sistema che consente una velocità teorica di 840 battute al minuto (ben superiore alle 600-650 battute raggiunte dalle dattilografe più veloci) e la stampa contemporanea fino a 20 copie. Salto progetta anche un sistema di “memoria e selezione” che ricorda gli impulsi ricevuti e li fa effettuare nell’ordine stabilito a velocità costante, ammortizzando l’eventuale discontinuità di battuta dell’operatore. L’interfaccia uomo-macchina, rappresentata dalla tastiera, viene sottoposta a studi ergonomici dettagliati: posizione, inclinazione e corsa dei tasti sono calibrati per minimizzare la fatica fisica e migliorare l’esperienza d’uso.

Il design dell’involucro esterno viene invece affidato a Sottsass, che sceglie la via della semplificazione e descrive il suo intervento in questo modo: “Non ha molte morbidezze, e non ha concessioni frivole. Tutto lo sforzo fatto insieme a Von Klier (…) e all’ingegner Salto (…) è stato di mettere ordine nelle varie parti della macchina (…) semplificare la composizione, tranquillizzarla, allineare al massimo gli elementi (…) togliere ogni superfluo, e cercare di sottoporre all’occhio di chi usa la macchina un piccolo paesaggio, calmo e ordinato, senza distrazioni e senza deviazioni”.
Sottsass disegna un involucro progettato per entrare a far parte di una serie, per essere moltiplicato, per essere percepito in associazione con altri oggetti identici nel medesimo luogo di lavoro. In altre parole, la macchina viene concepita per essere vicina ad altre macchine.

Ma Sottsass ha anche un’altra intuizione, frutto di un’acuta osservazione sociologica e comportamentale: una macchina da scrivere come questa – osserva – è raramente usata da sola: nella maggior parte dei casi è adoperata in uffici dove ci sono anche altre macchine. Ora – annota Sottsass – una forma moltiplicata dà luogo a un’altra forma: “Questo – afferma – è un processo normale in natura: foglie moltiplicate sono i prati, rocce moltiplicate sono le Dolomiti, gocce moltiplicate sono l’acqua”. Ci può essere cioè negli oggetti una duplice esistenza, quella singola e quella moltiplicata. Il design di questa macchina quindi non va visto come fosse una scultura: “sarebbe disastroso – osserva – vedere ogni giorno in tutti gli angoli delle strade, in tutti i negozi, in tutti gli uffici, in tutte le stazioni, in casa e dovunque una scultura di Brancusi che è così profondamente e irrimediabilmente finita in se stessa. Sarebbe disastroso e si finirebbe per odiare Brancusi e le sue sculture”.
Non ha molte morbidezze, e non ha concessioni frivole.
Ettore Sottsass

Ecco allora che Sottsass disegna un involucro progettato proprio per entrare a far parte di una serie, per essere moltiplicato, per essere percepito in associazione con altri oggetti identici nel medesimo luogo di lavoro. In altre parole, la macchina viene concepita per essere vicina ad altre macchine disposte in serie più o meno lunghe, o comunque disposte in uffici nei quali possano accostarsi a gruppi decine o centinaia di unità.
Per Sottsass, la Tekne 3 non è solo una macchina, ma un manifesto di design che riflette la sua visione creativa: progettare, per lui, non significa solo creare oggetti, ma anche immaginare sistemi e contesti che rispettino l’uomo, alleviandone le fatiche e valorizzandone l’esperienza.

Con Tekne 3 Sottsass dimostra che il design non è mai solo estetica o tecnica, quanto piuttosto un dialogo con l’ambiente, con la società e con le tensioni culturali di un’epoca. In modo analogo il designer non può non svolgere un ruolo di mediazione tra la razionalità dell’industria e la complessità dell’umano, cercando sempre un equilibrio tra ordine e libertà.
Immagine di apertura: Olivetti Tekne 3. Courtesy Olivetti