Quando fumare era cool, anche nel design

Posacenere, accendini, packaging che hanno fatto la storia della progettazione: un tuffo in un passato glorioso, in un momento in cui il fumo sembra tornare in voga dopo anni di oblio.

Saranno stati la DAD o lo smart working, lo stress o la noia da lockdown. O forse anche l’ansia da fine del mondo. Fatto sta che l’antico vizio del fumo – dopo anni di ostracismo e di declino – sta cominciando a riguadagnare terreno. In Italia è l’Istituto Superiore di Sanità a certificarlo: con la pandemia il numero di fumatori italiani (compresi e-cig e vape) è aumentato di 1,2 milioni. In America sono invece i grandi giornali ad affermarlo: per la prima volta da vent’anni la vendita di sigarette torna ad aumentare, il declino del fumo sembra arrestarsi e molti giovani scelgono la nicotina quasi come gesto punk di rifiuto o di rigetto di una cultura dominante fatta di benessere obbligatorio a base di yoga, bio e vegan.

La questione è delicata, chiama in causa temi e problemi che vanno ben oltre le mode e i vizi individuali e collettivi per coinvolgere la salute di tutta una società. Quel che è certo, però, è che con il ritorno del fumo, si rimettono in moto anche tutti gli oggetti che al più diffuso dei vizi novecenteschi erano legati. Pensiamo ad esempio al posacenere: da qualche anno a questa parte, chi li ha usati più, i posacenere?

Bruno Munari, Cubo, posacenere, 1957. Courtesy © 2022 Artemide S.p.A
Bruno Munari, Cubo, posacenere, 1957. Courtesy © 2022 Artemide S.p.A

Tra gli oggetti dell’arredo “moderno”, il posacenere è tra quelli che hanno subito un processo di obsolescenza rapidissimo. Ormai in casa non fuma quasi più nessuno. E i posacenere restano lì, muti testimoni di un passato prossimo che sembra ormai davvero remoto. E pensare che sul tema del posacenere si erano esercitati alcuni dei designer più importanti: torna in mente ad esempio Cubo di Bruno Munari, del 1957, perfetto nella sua astrattezza, con un lamierino piegato per nascondere alla vista e all’olfatto i mozziconi e i residui del fumo. Oppure Spirale, 1971, di Achille Castiglioni, fumatore accanito ma anche distratto, che disegna una molla a spirale per non far cadere le sigarette.

Ma ci sono anche il Portacenere di Sottsass per Olivetti, le Spirali di Anna Castelli Ferrieri per Kartell e ancora – in tempi più recenti – il Joe Cactus di Philippe Starck. Per non parlare di Emanuele Magini che con graffiante ironia colloca una croce proprio al centro del suo Peace Smoking del 2010.

Tutti da rottamare? E perché mai? Privati della loro funzione originaria, i posacenere si stavano risemantizzando, stavano diventando oggetti “gratuiti” che – proprio perché privi di funzione – erano disponibili per gli usi più disparati. Chissà se adesso ritroveranno la loro funzione originaria. E se qualcuno tornerà anche a disegnarli, magari progettandoli in funzione dei nuovi riti che il fumo porta con sé. 

   

Tra gli altri oggetti legati al fumo, uno dei più famosi e diffusi è senz’altro l’accendino usa-e-getta Bic, brevettato nel 1973 dal marchese Marcel Bich. All’inizio degli anni ’70 Bich decide di acquistare l’azienda francese di accendini Flaminaire. La sua idea è quella di sviluppare un accendino usa e getta che faccia concorrenza ai poco pratici fiammiferi di legno e agli accendisigari costosi e ingombranti. Da qui l’idea di utilizzare un accendino già in uso, modificarlo con una carica di benzina non sostituibile e dotarlo di un sofisticato meccanismo di accensione. Il successo è strepitoso e l’accendino Bic, con il suo design ellittico, semplice e maneggevole, diventa in fretta non solo un successo mondiale ma anche un’icona e un oggetto da collezione, tanto che sia il MoMA di New York sia il Centre Pompidou di Parigi ne conservano alcuni esemplari.

E poi c’è il grande tema del packaging, della confezione dei pacchetti di sigarette: in passato si sono misurati sul tema grandi designer (si pensi anche solo a Raymond Loewi, che oltre ad aver inventato il logo della Shell e la bottiglia della Coca-Cola, ha anche ridisegnato negli anni Quaranta il logo e l’intero pacchetto delle Lucky Strike, o ai vari designer che nel corso dei decenni hanno effettuato successivi restyling delle Gitanes, dal pacchetto in stile art déco realizzato nel 1927 da Maurice Giot alla ballerina zingara disegnata nel 1947 da Molusson). 

Philippe Starck, Joe Cactus, posacenere, Alessi, 1997. Courtesy ©2022 STARCK
Philippe Starck, Joe Cactus, posacenere, Alessi, 1997. Courtesy ©2022 STARCK

Anche oggi il packaging si sbizzarrisce per creare gli astucci o i copripacchetti in cartoncino o in silicone, colorati e giocosi, con cui coprire e nascondere le immagini “dissuasive” che la legge impone di stampare sulle confezioni per rendere il fumatore consapevole dei rischi che il fumo comporta. Ma c’è anche chi, come l’artista anonimo newyorkese Artfucker realizza con la serie Smoke Show una collezione di pacchetti di sigarette sul cui packaging imprime provocatoriamente i loghi di alcune notissime aziende del lusso oppure icone della cultura pop che vanno da Playboy a Barbie fino a Mickey Mouse. 

E c’è perfino chi ironizza sul tutto progettando confezioni a forma di bara. Il messaggio è sempre quello: il fumo uccide. Ma qui, provocatoriamente, a essere già morta e pronta per le esequie è proprio la sigaretta. Cioè l’assassino. 

Immagine in apertura: Achille Castiglioni, Spirale, posacenere, Alessi, 1984. Courtesy © 2022 ALESSI SPA (IT)

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