Dutch Design Week. Giovani designer rivendicano il “diritto al brutto”

Sperimentazioni amorfe, grezze e primitive. Ad Eindhoven il Design Brutto nasce dal rigetto del trinomio bello-buono-vero.

Anna Aagaard Jensen, A Basic Instinct

La Dutch Design Week è un osservatorio privilegiato da cui osservare tendenze e sperimentazioni nel campo del design. Quest’anno non potevano quindi mancare una serie di progetti che rivendicano il “diritto al brutto”: impasti dalle forme organiche e sperimentazioni in cui il rapporto tra designer e materiale è diretto e primordiale.

Usiamo la definizione di Design Brutto perché bellezza e utilità non sono di certo gli obbiettivi principali di chi produce queste opere (chiedersi a Eindhoven se è design o arte è abbastanza superfluo).

Lina Bo Bardi sosteneva il “diritto al brutto” per raggiungere una comunicazione più profonda con la realtà in cui si trovava. Provando ad aprire i confini del gusto, la designer italiana naturalizzata brasiliana si opponeva ad armonia, compiutezza, proporzione, equilibrio e simmetria.

Visualizza questo post su Instagram

Scrubby floppy 💦

Un post condiviso da Uglydesign (@uglydesign) in data:


Ad Eindhoven non troviamo i progetti massimalisti e kitsch che che i designer Jonas Nyffenegger e Sebastien Mathys raccolgono nell’account Instagram Ugly Design, anche se con questi condividono il rigetto per il design minimale, caldo e utile che troviamo in tutti gli appartamenti in affitto su AirBnb.

Il Design Brutto potrebbe derivare dalla volontà di superamento dell’estetica AirSpace, definita dal giornalista americano Kyle Chayka nel 2016, secondo cui le piattaforme di condivisione digitale stanno armonizzando e appiattendo il gusto globale. Un superficiale antiestetismo potrebbe essere l'antidoto all’immaginario descritto da Chayka, composto da mobili minimalisti, birre artigianali e avocado toast, legno riciclato, illuminazione industriale, dispositivi Apple e accessori Muji.

Per descrivere questa tendenza, in una recente mostra a Ghent si è usato il termine “grezzo” nel titolo “Poéme-brut”. Ma il richiamo all'Art Brt o al brutalismo non centra in pieno il significato dei progetti visti alla Dutch Design Week, che hanno interpretazioni molto distanti tra loro.

La mostra “Morph”, esposta in una ex fabbrica della Philips nella Srijp-S, combina oggetti, espressioni materiali e opere digitali per enfatizzare la dimensione trans-mediale del design. Il “morphing” è una tecnica di postproduzione delle immagini che le trasforma gradualmente da una forma iniziale a una finale, in modo apparentemente naturale e credibile. I progetti effettuano una graduale transizione tra fisico e digitale, mostrando i diversi gradi di ibridazione.

Un rapporto ancestrale con il paesaggio e la sperimentazione materiale sono alla base del progetto Marecreo, che Aurore Piette ha presentato a VEEM, uno dei padiglioni principali della Dutch Design Week. La designer francese si definisce un’Artigiana del Mare e indaga modi di produzione naturali in opposizione a quelli dell’industria contemporanea. Gli oggetti presentati sono frutto del lento lento di modellazione del mare e raccontano l’unicità della costa di Meschers-sur-Gironde.

Vicino a Sectie-C, troviamo invece la mostra “The Biggest Living Room in The Netherlands”, curata da Tellurico e dal collettivo italo-spagnolo Molto Molto Project. Nove designer si ritrovano all’interno di un magnifico edificio, completato da Frank Van Klingeren nel 1973, e ne reinterpretano l’elemento più caratteristico: il pilastro. Questo è considerato non solo come parte della struttura, ma il vero catalizzatore della vita dell’edificio. Le opere nascono da processi compositivi e concettuali molto diversi e danno un’interpretazione eterogenea al tema dato dai curatori.

Infine, all’interno del Graduation Show della Design Academy di Eindhoven si possono trovare decine di interpretazioni alla nostra definizione di Design Brutto, soprattutto nella sezione di Contextual Design. D’altronde gli studenti dell’accademia sono sempre molto attenti a temi, tendenze e avanguardie contemporanee. Tra i nuovi Gaetano Pesce ed Erez Nevi Pana troviamo un progetto che si distingue per profondità di riflessione e originalità: la ricerca di Diego Faivre intitolata Minute Manufacturing. Come suggerisce il titolo, il tempo è l’unità di misura fondamentale degli oggetti che realizza manipolando oggetti di scarto con dell’argilla colorata. Il lavoro è una reazione fisica alla produzione di massa del design, che rende unici gli oggetti trovati. È inoltre una seria riflessione sullo stato dei “creativi” contemporanei, manifestando la nostra ossessione per il tempo e il denaro.

Immagine di apertura: Anna Aagaard Jensen, A Basic Instinct. La giovane designer è presente in tre delle mostre citate nell'articolo: "Morph", "The Biggest Living Room in The Netherlands" e il Graduation Show della Design Academy di Eindhoven.

Ultimi articoli di Design

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram