Fernando Mastrangelo è “in buona compagnia”

FM/S è una piattaforma che aiuta i creativi a camminare con le proprie gambe. La prima mostra è dedicata a 14 designer, che stanno silenziosamente cambiando il design americano.

Che cosa significa realmente oggi intraprendere una carriera nell’arte o nel design? Come si fa a essere “selezionati” da un’azienda o da una galleria? Per molti, senza i contatti giusti, è impossibile inserirsi in un mercato sempre più saturo. E tuttavia la necessità economica di vendere il proprio lavoro è inevitabile. In Europa spesso i neolaureati ottengono finanziamenti pubblici che li aiutano all’inizio della carriera. Essendo difficile ottenere negli Stati Uniti finanziamenti di questo genere, i nuovi talenti di questo Paese sono molto più vincolati alle richieste del mercato.

Per ovviare alla situazione, Fernando Mastrangelo, artista e designer affermato ha fondato la piattaforma FM/S Presents: un dipartimento filantropico e senza fini di lucro del suo studio, che promuove i nuovi talenti tramite progetti di curatela e di comunicazione. Questo imprenditore che si è fatto da sé, comparso sulla scena nei primi anni Duemila, ha rivoluzionato gli schemi consueti sotto molti aspetti. Usando principalmente materiali granulari naturali è arrivato a incorporare nei suoi progetti ceneri da cremazione e cocaina. E tuttavia i suoi scultorei e audaci pezzi d’arredamento raramente si vendono nel contesto di una galleria. Mastrangelo spesso preferisce esporre i suoi lavori direttamente. “Parte del mio scopo, nell’iniziativa di FM/S Presents, consiste nell’invitare giovani artisti e giovani designer a farsi imprenditori”, spiega. “Voglio mostrare loro come essere autonomi, come vendere le loro opere senza intermediari.”

Lo scorso settembre, in occasione dell’inaugurazione del suo nuovissimo studio di 3.000 metri quadrati, ha ospitato la prima edizione della mostra annuale “In Good Company”. “L’anno scorso ho tenuto quattro personali e invece di aprirne una quinta ho deciso di allestire una collettiva con lavori di designer statunitensi”, spiega Mastrangelo. “Mi sono reso conto che ero a un punto della mia carriera in cui volevo iniziare a restituire qualcosa. L’idea era dare a questi giovani talenti la possibilità di presentare le loro opere migliori senza pressioni commerciali. Cercare di dare una voce migliore al design americano.”

A meno di essere ferratissimi nella materia per lo più il design americano viene identificato con il Modernismo della metà del secolo scorso: gli Eames, Nelson, Saarinen, Knoll e via dicendo.

Benché il vasto studio sia situato nel remoto quartiere di Brooklyn, nella zona orientale di New York, la serata inaugurale ha visto la presenza di oltre settecento visitatori. In mostra c’era una disparata ma attenta selezione di opere: insieme ad altri pezzi contemporanei una lampada di poliuretano nero di Material Lust, i contenitori Moon di Anna Karlin, una consolle di plastica azzurra del Facture Studio, delle poltrone dello Studio Giancarlo Valle, la scultura 602 Block della Wintercheck Factory (oggi Wentrcek Zebulon) e un dipinto a base di sabbia dello stesso ospite.

Per l’edizione di quest’anno di “In Good Company: Material Culture” (aperta fino al 5 ottobre) Mastrangelo ha chiesto di collaborare con lui nella curatela a Hannah Martin, critica del design di Architectural Digest. “Possiede un panorama vasto e un’immensa conoscenza di quel che sta accadendo in questo momento”, ci dice.

“Ultimamente vado in cerca di chi trova modi alternativi di presentare il suo lavoro, in sedi che non siano fiere o saloni commerciali: entrambe soluzioni che, come sappiamo tutti, costano soldi”, spiega Martin. “Negli Stati Uniti non c’è attualmente un buon sistema che aiuti i designer alle prime armi a intraprendere la carriera. Fernando e io ci siamo entrambi resi conto di quanta parte del design che vedevamo quotidianamente fosse di origine europea. Il che era un motivo in più di far vedere qualcos’altro. È talmente raro che il design americano – soprattutto le opere contemporanee emergenti – sia messo in rilievo e considerato per se stesso”, spiega Martin. I due, in base alle osservazioni comuni e agli stessi interessi, hanno deciso di unire le forze e ideare per la mostra di quest’anno un nuovo progetto che andasse in questa direzione.

L’idea era dare a questi giovani talenti la possibilità di presentare le loro opere migliori senza pressioni commerciali. Cercare di dare una voce migliore al design americano

Visitando varie mostre di progetti di diploma – come quella della Rhode Island School of Design (RISD) – i due hanno individuato aspetti rilevanti ma trascurati dello zeitgeist nazionale. “A meno di essere ferratissimi nella materia per lo più il design americano viene identificato con il Modernismo della metà del secolo scorso: gli Eames, Nelson, Saarinen, Knoll e via dicendo”, spiega Martin. “Tuttavia io ritengo che quello cui stiamo assistendo oggi sia un’interessante reazione a tutta quell’elegante concezione ispirata all’idea della forma che segue la funzione. In Olanda e in Italia si è già verificata un’energica e radicale reazione al Modernismo del XX secolo, ma in America siamo solo agli inizi.” Da quest’analisi la coppia anticonformista ha tratto la tesi curatoriale che ha guidato le sue scelte. Esposta nella mostra di quest’anno c’è una disparata collezione di tessuti, specchi, ceramiche, armadi, tavoli e sedie.

Dove Drury Hornbuckle, Pansy, 2018
Dove Drury Hornbuckle, Pansy, 2018

“Si sta tornando a comprare mobili in modo più fondato sull’esperienza. Si vuol sapere dove sono stati fabbricati”, riflette Mastrangelo. I designer reagiscono integrando nei loro lavori le tecniche industriali e dirottando nella realizzazione di pezzi unici idee trovate nei processi industriali. “Volevamo mettere in luce talenti che usano materiali e processi interessanti, di solito banali ma in questo caso innalzati a livello d’arte. La Plum Table di Ian Cochron è fatta di plastica, con un processo usato di solito nella produzione di grande serie, e che le conferisce bellezza. Altre opere sono state create usando componenti prefabbricati, ordinati sul web e montati in modo originale.” In contrapposizione all’uso del compensato e del laminato plastico del Modernismo della metà del XX secolo la lampada MS di Ryan Lauderdale è realizzata con componenti reperiti nella produzione industriale.

“È un ritorno all’artigianato impreciso e imprevedibile, la reinvenzione di materiali industriali in funzione dell’artigianato di qualità e della tiratura limitata”, aggiunge Martin. Tra gli altri designer della mostra ci sono Harry Nuriev del Crosby Studio, Ariana Massouh, Juliana Polastri, Thing Thing, Aaron Blendowski, Brecht Gander, Dove Drury Hornbuckle, Dozie Kanu, Erica Sellers, Jessica Martin, Serban Ionescu, Yuko Nishikawa e Only Love is Real.

Mastrangelo sottolinea soprattutto l’esistenza di una qualità scultorea che è l’elemento unificante di questa mostra. Spera in futuro di fare un netto passo indietro e di lasciar agire autonomamente un curatore incaricato. Ciascuna delle prossime edizioni di “In Good Company” presenterà un gruppo di talenti completamente nuovo. Nell’ambito della piattaforma FM/S Presents è anche produttore di una serie di interviste pubblicate con la nuova applicazione IGTV di Instagram. Alcune di esse presentano professionisti noti che insegnano nozioni pratiche, mentre altre sono profili con visite agli studi di creativi emergenti.

Titolo mostra:
In Good Company 2018
Date di apertura:
7 settembre – 5 ottobre 2018
Luogo:
FM/S
Indirizzo:
134 Hinsdale Street, Brooklyn NY

Ultimi articoli di Design

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram