Domus, ovvero le frontiere del design dal 1928. Dialogo con Mark Porter

È l’autore della nuova formula grafica del sito di Domus. Scozzese, ha studiato a Oxford, vive e lavora a Londra ed è tra più noti grafici editoriali al mondo.

È l’autore della nuova formula grafica del sito di Domus, è uno dei più noti news designer del mondo. Classe 1960, scozzese con studi a Oxford, Mark Porter arriva a Londra alla fine degli anni Ottanta, iniziando a collaborare con gruppi editoriali dove disegna libri e mostra una strana vena, fatta di fantasia e rigore insieme. Un mix inedito persino per Carnaby Street. Il vero debutto sulla scena internazionale è però nel 1995, quando viene chiamato al The Guardian per ridisegnare l’allegato settimanale ma dove dopo poche settimane viene nominato art director responsabile di tutto il giornale.

Il nuovo direttore, il mitico Alan Rusbridger, sta immaginando un nuovo modello, di contenuti ed estetica, in grado di intercettare la trasformazione della sinistra ma prima ancora della società inglese, che culminerà nella Cool Britannia di Tony Blair. Per questo vuole un prodotto moderno e inedito, che rompa con gli schemi classici della tradizione e sappia introdurre quello che Joseph Nye ad Harvard inizia in quegli anni a chiamare soft power. Porter ridisegna dunque le griglie e soprattutto la testata, che pur rimanendo fedele al font originale si trasforma e inizia “spostarsi” sulla pagina, in base alle notizie. Quindi introduce il T2, il supplemento culturale che fa scuola in tutto il mondo. Infine, prima di lasciare il gruppo nel 2010 per fondare un suo studio, ripensa il sito del The Guardian, dichiarando così per sempre la non trasferibilità della carta sul web. Da allora Porter lavora ovunque, spaziando da successi come l’italiano Internazionale alla rivisitazione di grandi classici come il francese L’Express, spingendosi alla televisione olandese Rtl, al quotidiano svedese Svenska Dagbladet, alla fondazione britannica Nesta.

Walter Mariotti: Domus è un’istituzione. E in quasi novant’anni di storia si è avvalsa non solo della direzione di grandi architetti, ma anche di grandi designer, di cui sarebbe difficile fare i nomi per non dimenticarne. Tutto questo ti ha intimorito?
Mark Porter:
Forse intimorito non è la parola giusta. Diciamo che questo grande passato è una fonte di ispirazione, e la possibilità di confrontarsi con una storia così importante alza il livello da un lato della sfida, dall’altro della responsabilità. Elementi entrambi decisivi per ogni nuovo progetto. Walter Mariotti: Qual è il percorso concettuale che hai seguito per ridisegnare il sito?
Mark Porter:
Ho iniziato cercando di capire la personalità della pubblicazione e dell’audience. Questo è importante in generale, ma in particolare credo per Domus, perché appunto Domus non è un punto di riferimento ma il punto di riferimento per il design. Quindi, qualunque fosse il nuovo progetto, questo doveva da un lato essere in dialogo con la storia ma dall’altro nuovo, come nuovo è lo strumento, nato e pensato per le persone che vivono oggi nel XXI secolo dopo la rivoluzione dei social media.

Walter Mariotti: Come ti sei mosso?
Mark Porter:
Abbiamo fatto ricerche sulla storia della rivista, di cui ci hanno colpito molte cose ma soprattutto due: colore e tipografia. Questo è stato importante specialmente per la costruzione del nuovo logo, che nel sito si sposta a sinistra e cambia asse. Quindi abbiamo ragionato sullo scenario competitivo, sia quello delle altre riviste blasonate sia quello dei social media. Walter Mariotti: Che cosa è emerso da queste analisi?
Mark Porter:
Qualcosa di molto importante, che la grafica quando è associata con l’architettura tende a definirsi in maniera neutra, monocromatica, precisa e silenziosa. Un modo forse per rendere protagoniste le strutture, i palazzi, le piazze. Invece, la storia di Domus va contro questa tendenza: è una storia più colorata e direi anche “energetica”.

Walter Mariotti: Però la storia di Domus è la storia di una rivista cartacea, mentre tu hai ridisegnato un sito. Quale dialogo vedi tra i due oggetti?
Mark Porter:
Come dici sempre tu, Walter, sono oggetti diversi, devono essere diversi e per certi versi anche indipendenti. Però devono contenere ed esprimere lo stesso spirito. Per i lettori questo spirito, che potremmo anche chiamare stile, deve essere riconoscibile e diverso assieme, perché si tratta in realtà di due oggetti molto diversi. Walter Mariotti: Qual è la differenza maggiore?
Mark Porter:
L’elemento tempo, perché la rivista esce ogni mese, il sito si aggiorna più volte durante 24 ore. Poi altre caratteristiche: il giornale è un oggetto fisico, che occupa uno spazio e produce sensazioni immediate sulla pelle. È un oggetto perfetto e bellissimo, ma statico, mentre il sito non è un oggetto, si vive attraverso un vetro e soprattutto deve essere dinamico. Quindi tutta la riflessione gioca su questi due poli, sullo scegliere i due lati della personalità di Domus. Da un lato la perfezione di un oggetto concluso e lento, dall’altra la velocità di un mezzo che deve dare informazioni.

Walter Mariotti: Poi c’è il tema della diversa audience.
Mark Porter:
Direi il problema della diversa audience. Se è chiaro infatti chi sono i lettori e l’audience del magazine, e quindi si può tarare, è molto meno chiaro chi sono i fruitori del sito, che contemporaneamente ha audience e scale diverse nella stessa unità di tempo. Anche la rivista ce le ha, ma molto meno e in scala ridotta. Quindi disegnare per il sito è mettere tutte queste componenti assieme, mentre disegnare per la rivista è tenerli separati. Walter Mariotti: All’inizio si pensava che i siti fossero la traduzione del cartaceo. Tu come la vedi?
Mark Porter:
È una visione obsoleta, comprensibile all’inizio ma del tutto sbagliata. Non può essere un tema di traduzione, perché tradurre un cartaceo in digitale sarebbe un fallimento e un fallimento sarebbe fare il contrario. Il punto è fare diverse cose mantenendo uno stesso spirito e uno stesso DNA. Molti scelgono di fare prima una rivista cartacea e poi quella digitale, alcuni stanno sperimentando l’opposto. In entrambi i casi sono prodotti diversi che configurano esperienze diverse.

Walter Mariotti: “Digital first” si dice oggi. È vero? Non c’è un futuro per la carta?
Mark Porter:
Ci sarà sempre un ruolo per la carta. Io non sono fra quelli che pensano che la carta morirà. Forse la commodity print scomparirà, le notizie che vengono aggiornate in tempo reale oggi dai siti, ma ci sarà sempre un pubblico in grado di apprezzare un prodotto di qualità, che fa fare un’esperienza di lusso e di ricchezza, mentre il digitale non lo permette perché tutto è fruito attraverso un vetro e così non c’è differenza tra un prodotto e un altro. Senza dimenticare che il prodotto cartaceo ha poi un peso, un odore, un’interazione fisica con il lettore. È un oggetto, ma anche un corpo.

Walter Mariotti: In questo processo vedi differenze fra l’Italia e il resto del mondo?
Mark Porter:
Nel mondo evoluto le dinamiche sono le stesse, le persone sono sempre di più e hanno comportamenti sempre più simili. Il problema del news design si riduce così a un problema di news business, di modello sostenibile per il business del giornalismo, di ruolo prima che di modo. La differenza è quella della velocità, che accomuna Italia e Svezia che attraversano gli stessi metodi di focalizzare e definire l’audience. Solo in un paio di paesi al mondo le cose vanno al contrario e si registra una crescita della carta: in India e in Cina. Ma sono casi speciali. Walter Mariotti: Se dovessi indicare un aspetto cruciale del futuro, quale sarebbe?
Mark Porter:
I contenuti. I contenuti restano il vero tema del giornalismo: come rendere sostenibili i costi per produrre contenuti di qualità. Dopodiché il modello operativo: siti, quotidiani e riviste sono cose diverse che lavorano a velocità diverse ma soprattutto che sono interpretati da persone diverse, i direttori, e da art director diversi. Come mantenere continuità in tutti questi cambiamenti, come fare un sito che è sempre diverso pur mantenendo layout, uso degli spazi e gestione delle notizie, questa è l’equazione da risolvere nel futuro. 

  • Walter Mariotti