Piccoli giganti

Il “futuro antico” del Made in Italy ci porta alla scoperta di alcune aziende – tra cui Cangiari e Taroni – la cui intraprendenza e impreditorialità legata ai territori fanno da scuola.

Cangiari, marchio di moda etica di fascia alta, realizza capi sartoriali e tessuti personalizzabili in lana, alpaca e lino, avvalendosi di filati e colorazioni totalmente biologiche
Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1013, numero speciale di maggio 2017.
Nell’estate del 2016, Denise Bonapace, progettista e docente al Fashion Institute of Technology, fa un viaggio nella Locride, ospite del Gruppo Cooperativo GOEL e lì conosce, studia e collabora con Cangiari (in dialetto calabrese “cambiare”), il primo marchio di moda etica di fascia alta in Italia, che la cooperativa ha aperto da qualche anno, con due ambiziose missioni: recuperare e inventariare la preziosa tradizione orale delle vecchie magistre tessitrici e riscattare il territorio dalla ‘ndrangheta e dalle massonerie deviate, infiltrate nel tessuto politico, sociale e culturale.
Cangiari, marchio di moda etica di fascia alta, realizza capi sartoriali e tessuti personalizzabili in lana, alpaca e lino, avvalendosi di filati e colorazioni totalmente biologiche
Cangiari, marchio di moda etica di fascia alta, realizza capi sartoriali e tessuti personalizzabili in lana, alpaca e lino, avvalendosi di filati e colorazioni totalmente biologiche
Da questo incontro nascerà la collezione di cuscini Cirò per il marchio Internoitaliano, nella quale Denise sperimenta il disegno con cui Cangiari sta diventando riconoscibile e che si ottiene intrecciando fili di diversa dimensione e tipologia; è detto “a Pitteja”, un motivo chiuso che richiama la femminilità e la protezione evocata dalla famiglia. Con il tema del cuscino, il marchio, a sua volta, torna a testare antiche tipologie che superano l’arredo del corpo verso quello della casa, come i corredi originari poi estinti nella mutazione del costume e nello smarrimento della antica lavorazione artigianale. È proprio l’indignazione di alcune giovani donne calabresi per la perdita, con queste antiche figure sociali che ne detenevano il segreto, delle istruzioni della complessa intelaiatura tradizionale, che porta GOEL a rintracciare, decriptare e trascrivere a favore della memoria universale gli algoritmi contenuti nelle vecchie nenie intonate da queste signore, spesso analfabete, per ricordare le migliaia di passaggi diversi che i diversi fili devono fare nell’armatura del telaio. Una missione dai contorni utopici voluta non solo per dare la possibilità a nuove volenterose tessitrici d’imparare e ritrasmettere un mestiere, ma anche di vederlo poi sfilare in passarella.
Cangiari, marchio di moda etica di fascia alta, realizza capi sartoriali e tessuti personalizzabili in lana, alpaca e lino, avvalendosi di filati e colorazioni totalmente biologiche
Cangiari, marchio di moda etica di fascia alta, realizza capi sartoriali e tessuti personalizzabili in lana, alpaca e lino, avvalendosi di filati e colorazioni totalmente biologiche
Dice Vincenzo Linarello, presidente del Gruppo Cooperativo GOEL e di Cangiari, un karma che abita tra la consapevolezza robusta della terra e lo sguardo alto che sembra non poter incrociare quello civettuolo del fashion a cui siamo abituati: “eravamo già presenti nella filiera agroalimentare e nel turismo sfidando procedure poco trasparenti a cui parte del nostro territorio si è sempre dovuto piegare, ma per aumentare il consenso nella nostra realtà, dovevamo – che ci piacesse o no – trovare un potente mezzo di amplificazione, e questo è stato la moda per noi. Il calabrese patisce lo stigma della ‘ndrangheta; l’immagine simbolica che evoca la fierezza di una passerella, non la restituisce nessun altro ambito. Volevamo raccontare con Cangiari che l’etica non è una via di retroguardia, non è faccenda per pochi eroi che s’immolano alla causa, o fanno compromessi con la realtà. Volevamo dire che l’etica è competitiva, sostenibile, bella e altrettanto che la ‘ndrangheta non solo è ingiusta ma anche inutile e controproducente”.
Cangiari, marchio di moda etica di fascia alta, realizza capi sartoriali e tessuti personalizzabili in lana, alpaca e lino, avvalendosi di filati e colorazioni totalmente biologiche
Cangiari, marchio di moda etica di fascia alta, realizza capi sartoriali e tessuti personalizzabili in lana, alpaca e lino, avvalendosi di filati e colorazioni totalmente biologiche
Ci spostiamo 2500 km a nord, all’Imperial College di Londra dove, il novembre scorso, uno studente originario di Urbino, Luca Alessandrini, si aggiudica l’“International Student Innovation Award 2016” per aver progettato un violino in seta di ragno, sostanzialmente importando un’innovazione tecnologica importante in uno strumento che non viene aggiornato da decenni. Accanto alla seta di ragno, derivata da un allevamento di ragni australiani a Oxford, Luca impiega la seta purissima di una delle più antiche aziende seriche comasche: la Taroni. Della seta riscopre incredibili proprietà di robustezza ed elasticità che sfidano quelle della fibra di carbonio; di nuovo, il design che guarda fuori dal proprio ombelicale terreno d’elezione del mobile e del prodotto e rinviene, potenziandole, materie prime e lavorazioni di cui l’Italia è culla da centinaia di anni. Mentre per Cangiari, dobbiamo tornare all’epoca grecanica bizantina (la Magna Grecia da cui arrivano le prime testimonianze di tessitura della lana e del cotone ha il proprio cuore precisamente nella attuale Locride), la storia della seta in Europa, del distretto comasco e di Taroni ha le sue origini dopo la Guerra delle due Rose, verso la fine del Quattrocento, che tra i propri effetti secondari e più trascurati, produsse invece la rilevante diminuzione della lana in circolazione. “E’ stato allora che Gian Galeazzo Sforza riunisce intorno a sé, nel ducato di Milano, alcune tra le menti più illuminate del tempo, tra le quali Leonardo da Vinci, a cui chiede di studiare l’arte della seta per sostituire quella in decadenza della lana”. Lo racconta Michele Canepa, seconda generazione di una tra le più grandi e importanti aziende seriche del territorio con radici nel ‘700, che – fuoriuscito dall’azienda di famiglia – alla fine degli anni Novanta acquisisce la Taroni, a sua volta oggi al nuovo passaggio generazionale con l’ingresso del figlio di Michele, Maximilian, direttore creativo dell’azienda. Una passione e conoscenza profonde che trasmette mentre sfoglia la sua collezione di libri centenari nei quali è illustrata la bachicultura cinese e, più recentemente, è attestata l’attività comasca come polo serico definitivo che a inizio Novecento subentra al primato di Lione.
Due dei punti di forza dell'azienda fondata da Amedeo Taroni sono il totale controllo dei colori in fase di tintura e il continuo rinnovamento con impianti tecnologici d'avanguardia accanto a quelli tradizionali
Due dei punti di forza dell'azienda fondata da Amedeo Taroni sono il totale controllo dei colori in fase di tintura e il continuo rinnovamento con impianti tecnologici d'avanguardia accanto a quelli tradizionali
Di quell’investitura culturale anche la Taroni di oggi è pregna e per un secolo trasferisce questo sapere su una produzione che diventerà unica nel suo genere. “Taroni produce, per esempio, ancora oggi un crêpe georgette che è più ricco di tutti quelli presenti sul mercato. La Duchesse tinta in filo 1324, il Satin Cuir, il Faille Double sono ancora oggi prodotti rispettando le tecniche di costruzione dell’inizio ‘900”. Accanto a macchine più avanzate, si lavora quindi ancora oggi su telai che hanno più di sessant’anni, sperimentando vivacemente su queste lavorazioni, introducendo varianti, conducendo esplorazioni oltre i limiti apparenti del materiale, con un campionario di colori che ha reso famosa l’azienda nel mondo e con la qualità migliore possibile di seta, che ormai da decenni, arriva come greggia dalla Cina. “Si tratta per noi di prediligere la qualità a ogni costo, facendo un prodotto che non segue i ritmi troppo veloci e poco rigorosi che imporrebbe una certa moda, ma pensato per durare e resistere nel tempo. Ed è questa la ragione del nostro successo in controtendenza rispetto al mercato del prêt-à-porter più generalista” sostiene Maximilian Canepa, che si è formato in giro per il mondo tra fotografia e arte e ora, dal suo ufficio di Grandate, intravede proprio nella strada dell’arte, del design e di una nuova moda le sfide per mantenere attiva la produzione di Taroni.
Due dei punti di forza dell'azienda fondata da Amedeo Taroni sono il totale controllo dei colori in fase di tintura e il continuo rinnovamento con impianti tecnologici d'avanguardia accanto a quelli tradizionali
Due dei punti di forza dell'azienda fondata da Amedeo Taroni sono il totale controllo dei colori in fase di tintura e il continuo rinnovamento con impianti tecnologici d'avanguardia accanto a quelli tradizionali

Quello che non si può raccontare.
Poi ci sono segreti meno aneddotici e intriganti, e cioè quelli che impongono ad aziende come queste di non poter rivelare le firme dell’alta moda con cui collaborano o i celebri costumi per il cinema che, come nel caso di Taroni, hanno realizzato o i vip che hanno vestito, anche se molto li aiuterebbe a farsi conoscere. È una regola del gioco, per altro in controtendenza con un’epoca in cui i grandi stilisti si vantavano di collaborare con maestranze locali dell’artigianato: Capucci, Fendi, Mila Schön, Valentino e Saint Laurent, solo per nominarne alcuni storici...

Quello che si deve raccontare.
Come l’archivio di Cangiari è un costituendo patrimonio intellettuale che si nutre del meticoloso e generosissimo lavoro di riordino, interpretazione e trascrizione del passato, “la conservazione e valorizzazione dell’archivio di Taroni - dice Margherita Rosina, storica del tessuto che sta studiando il caso comasco - è stato un gesto di grande lungimiranza che ha richiesto tempi lunghi e personale specializzato.” Per avere un’idea dei numeri, più di 6.000 articoli sono stati schedati e digitalizzati; a questi si devono aggiungere circa 3.000 cappellotti (o tirelle), cioè campioni di grandi dimensioni con le relative varianti colori, la cui archiviazione è tuttora in corso. “Signor Canepa – lo saluta Margherita Rosina – ho visto Capucci ieri. Dice di riferirle che va tutto molto bene ma vorrebbe un viola più viola. Di dirle solo così, che lei avrebbe capito”.
Ecco il segreto.
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