Architettura con le ali

Disegnato nel 1923 con forme e proporzioni di un edificio e inedite soluzioni tecniche e abitative – come la zona riposo composta da 4 amache sospese – JAHU è l’ultimo esemplare al mondo del Marchetti Savoia S.55, uno dei più affascinanti velivoli dell’industria aeronautica italiana.

Capita spesso di identificare in un edificio forme o dettagli di un velivolo. È invece più difficile il contrario: trovare cioè un velivolo con forme e proporzioni di un edificio. Il fascino del velivolo S.55 vive proprio in questa dissonanza.

Il corpo anteriore pieno, con i due grossi volumi compatti alla grande ala, entra in contrasto dialettico con la parte posteriore, leggera, composta dai due soli longheroni che sorreggono i grossi piani coda.

Affascinati soluzioni tecniche e abitative erano destinate al trasporto dei passeggeri. Le due grandi ali in legno, in grado di sorreggere 56 persone potevano essere facilmente separate dal corpo centrale, e così i motori, i longheroni posteriori, i piani di coda e i galleggianti.

JAHU
JAHU fotografato nel Museo Tam di São Carlos, in Brasile, dove è custodito
I due grossi scafi destinati a rendere più stabile il velivolo in alto mare, nella versione civile, accoglievano da 8 a 10 passeggeri, che potevano disporre di una zona riposo, composta da 4 amache (due per galleggiante) sospese nella parte posteriore. La cabina per i due piloti, era sistemata al centro dell’ala e comunicava con i due volumi laterali attraverso due cunicoli. È difficile capire quale meccanica consegna certi progetti alla storia, quali “recondite armonie” lo rendano un’idea attuale anche in epoche successive alla sua.
JAHU fotografato nel Museo Tam di São Carlos, in Brasile, dove è custodito
JAHU fotografato nel Museo Tam di São Carlos, in Brasile, dove è custodito fotografato nel Museo Tam di São Carlos, in Brasile, dove è custodito. Dettaglio del motore

Nel museo TAM di São Carlos in Brasile, la Fondazione Santos Dumond conserva nella sua collezione JAHU, l’unico esemplare al mondo del Savoia 55 (S.55), uno dei più affascinati velivoli dell’industria aeronautica italiana, disegnato nel 1923 dall’ingegner Alessandro Marchetti.

JAHU, che oggi compie 90 anni, è un progetto senza tempo e tuttora incanta dalle pagine web fan di tutto il mondo con un’innumerevole quantità di immagini e informazioni tecniche.

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JAHU fotografato nel Museo Tam di São Carlos, in Brasile, dove è custodito

Presentato dalla SIAI (Società Idrovolanti Alta Italia) al concorso indetto dall’aeronautica militare, il velivolo venne subito scartato per il suo disegno anticonvenzionale: “Non si giudica interessante e non merita di essere riprodotto oltre il primo esemplare…”.

Allo Stato Maggiore turbava il corpo fusoliera limitato alla parte anteriore, unito ai piani di coda con due longheroni soltanto, e i due motori elevati in un castello sopra l’ala. Fu la nascente aviazione civile a rendere giustizia al progetto. I successi ottenuti come aereo postale, nelle rotte mediterranee, convinsero l’aeronautica a ricredersi e, nel 1926, fu ordinato un primo lotto di 15 esemplari.

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JAHU restauro dello scafo destro
Le trasvolate atlantiche in Brasile e negli Stati Uniti, organizzate da Italo Balbo tra il 1930 e 1933, gli fecero vivere il suo periodo di massima visibilità. È curioso sapere, che nella trasvolata in Brasile, 11 velivoli della formazione, vennero barattati con 50.000 sacchi di caffè, sbarcati da un mercantile a Genova. Nell’immaginario di ogni Italiano del Ventennio, in Italia o all’estero, vi era una “eroica trasvolata atlantica” di questo grosso idrovolante che lo riscattava da una situazione economica (la depressione del ’28) instabile.
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S.66, successore del modello S.55
Messo a riposo negli anni Quaranta, alcuni esemplari riuscirono a passare indenni il conflitto, fino alla metà degli anni Sessanta quando l’ultimo reduce della trasvolata, l’I-BALB, venne sezionato dagli alunni di un istituto tecnico romano. Non si sa se a muovere tale scempio fu una memoria scomoda (era il velivolo guidato da Italo Balbo) oppure incuranza della storia.
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Disegno dello scafo del modello S.55
È triste pensare che di tale velivolo rimanga un solo un esemplare. Ma siamo fortunati che JAHU esista ancora, anche se in Brasile: se veramente avessimo capito il valore storico di quel velivolo, non l’avremmo tagliato a pezzi. Sorte capitata a elementi importanti del nostro patrimonio architettonico, come il centro ippico progettato da Carlo Mollino negli anni Trenta, distrutto per fare spazio a un centro residenziale, oppure alla nave Elettra, il laboratorio di Guglielmo Marconi, sezionato negli anni Settanta.

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