1 Negli anni Novanta, Rem Koolhaas progettò una casa nei pressi di Bordeaux per la dinastia di editori Lemoîne. Con una superficie di 500 mq, l'edificio, portato a termine nel 1998, va annoverato tra le più importanti architetture contemporanee. L'uso eccezionale della tecnologia — come la gigantesca piattaforma che si muove verticalmente tra i diversi piani dell'edificio — era direttamente motivato da una tragedia personale: la famiglia aveva già incominciato a discutere del progetto con svariati architetti, quando il committente sopravvisse a un grave incidente automobilistico che lo lasciò paralizzato dalla cintola in giù. Fu dunque necessario adattare la casa alle esigenze di una persona che utilizzava una sedia a rotelle.
2 A differenza dei colleghi architetti che provarono ad aggirare il problema attraverso una disposizione delle stanze rigorosamente orizzontale, Koolhaas scelse di sottolinearlo e persino di esasperarlo, facendone il marchio estetico della sua soluzione progettuale: un'ampia piattaforma saliva e scendeva tra i tre piani dell'edificio, come una 'stanza' con un pavimento mobile in senso verticale. Fluttuando tra armadi, scaffali di libri e bottiglie di vino, il committente, ora scomparso, poteva accedere ai ripiani e alle superfici più alti meglio di una persona non disabile in un normale contesto di interni. L'estrema semplificazione del rapporto con la verticalità, solitamente irraggiungibile per chi è costretto su una sedia a rotelle, era un risultato spettacolare. Koolhaas trasformò un disastro in un trionfo: il pavimento si libra e fluttua tra i vari livelli come per magia.
3 L'idea di rendere letteralmente mobile il più importante di tutti gli elementi costruttivi — il pavimento — dovrebbe essere tenuta sempre presente se si vuole capire come — sottolineando con il linguaggio immaginifico, proprio dell'edificio, l'imagination d'une vie — l'artista Petra Blaisse radicalizzi, nel suo intervento progettuale, l'idea di dissolvere i confini e di rendere mobili gli elementi tradizionalmente statici.
4 Casa Lemoîne consiste essenzialmente di tre abitazioni sovrapposte: una affonda nel terreno; la seconda, interamente rivestita di vetro, è leggera e quasi immateriale, e si apre ad ampie vedute sulla foresta e sul paesaggio, oltre la Garonna e verso le antiche torri di Bordeaux; la terza, con un muro di calcestruzzo punteggiato di piccoli oblò, racchiude come in una capsula le camere da letto e i bagni privati, e combina felicemente un'atmosfera d'immersione e protezione con una sensazione di permeabilità, trasformando il muro in un rivestimento tessile della casa: una spugna che consente al mondo circostante d'infiltrarsi gentilmente nell'edificio.
6 L'ottimistica estetica dell'impossibile che anima la forma dell'intera casa è riecheggiata e adottata nell'installazione tessile di Petra Blaisse. L'effetto trompe l'œil della stoffa leggera è esaltato dal fatto che il tessuto, che in realtà copre il vetro, contiene esso stesso una finestra circolare di plastica, attraverso la quale la veduta della foresta sembra un quadro—non diversamente da come ci appare l'oscurità del mare attraverso l'oblò dell'accogliente cabina di una nave. In un'altra stanza, i rinforzi quadrati di stoffa applicati al velo leggero si fermano davanti agli oblò del muro di calcestruzzo. Quando le tende sono tirate, queste 'toppe' sembrano sculture astratte retroilluminate. La tenda, in origine un rivestimento bidimensionale, acquista profondità; la facciata tessile continua, originariamente bidimensionale, si trasforma in uno spazio.
7 Come un architetto utilizza una matita per abbozzare la pianta di un piano, allo stesso modo è possibile creare una stanza temporanea tirando una tenda, lunghissima e leggera, lungo il soffitto, da un lato all'altro della loggia. In questa parte della villa di Bordeaux, lo spazio esterno può essere convertito in una sala interna con un unico, semplice gesto che trasforma, in un atto di delicata 'spaziofagia', l'esterno in interno, come avviene con la linea della costa e il mare — un fenomeno cui allude il nome dello studio di Petra Blaisse: Inside Outside. Questa stanza è temporanea, come una tenda da campo, costruita con gesti calmi. È uno spazio interno, nel quale l'esterno è escluso alla vista, ma può essere percepito nei suoi elementi atmosferici, come vento, umidità, calore e freddo: è sempre presente, e, benché nascosto, può essere addirittura esaltato come esperienza dei sensi. Anche in questo caso, l'opera di Petra Blaisse riecheggia, variandola, l'idea di permeabilità caratteristica dell'architettura di Rem Koolhaas per l'abitante disabile.
9 Nelle ex camere da letto dei bambini, invece, le tende sono fatte di un leggero materiale blu, lucido e leggermente riflettente, che ricorda la tela cerata o i giocattoli degli anni Settanta. Si tratta di un materiale insolito per un interno, un materiale che ricorda le superfici deformate di un oggetto lucido o quelle di un'automobile. Quando funge da parete, la tenda assume improvvisamente le proprietà di uno specchio — ovvero, di un oggetto che dissolve e allarga lo spazio. Nel tessuto appare una fenditura: le tende sembrano fluttuare nello spazio con la medesima, improbabile fragilità con la quale la casa si libra sul terreno. La luce colpisce il pavimento al di sotto dell'orlo, disegnando una linea tortuosa; il confine tra interno ed esterno è vago, mobile, non chiaramente definito.
10 I confini tra effimero e statico diventano fluidi. La classica idea moderna di curtain wall viene tradotta dal piano metaforico a quello letterale: la parete danza, è una foglia e una follia. Le stanze sono disegnate nello spazio con la medesima improbabile leggerezza con la quale un architetto disegna una linea su un foglio di carta bianco.
Il muro diventa una spugna che consente al mondo circostante d’infiltrarsi gentilmente nell’edificio.
13 I concetti di pubblico e privato, di interno ed esterno sono resi meno netti, lasciando emergere il motivo paradossale della soglia come labirinto. Mentre la classica edilizia europea tende tradizionalmente a demarcare il confine tra pubblico e privato con una porta in un muro — una barriera che deve essere aperta e varcata perché si possa penetrare nello spazio interno —, il labirinto costituisce un confine vago. Uno spazio denso, creato da strati di tessuto è un ostacolo sottile: non ha porte e nulla indica la collocazione precisa del confine. Il fenomeno della barriera senza barriera è di origine nordafricana: nel suk, sul lato della strada (che è spesso coperto da teli per proteggersi dal sole, e forma, quindi, già una sorta di spazio interno), le merci, come tappeti e vestiti, sono appese in file serrate; da una zona-magazzino si accede, attraverso una tenda, a spazi più privati, come la cucina, dove i membri della famiglia siedono gli uni accanto agli altri. La transizione tra zona privata e zona pubblica è estremamente fluida. Al posto di una porta, si trovano generalmente un groviglio di tende e cumuli di oggetti; nondimeno, nessun estraneo oserebbe penetrare in queste aree private, per la semplice ragione che si perderebbe in una selva labirintica.
15 Per quanto bizzarra possa sembrarci oggi la storia antropomorfica dell'architettura di Semper, essa pose le condizioni per lo sviluppo del modello concettuale secondo il quale una facciata poteva essere leggera, temporanea e rimovibile: un indumento di breve durata. L'attuale tentativo di Petra Blaisse di dare una nuova veste alla casa di Bordeaux sembra giocare con questa figura di pensiero. Le tende che svolazzano dentro e fuori e il poroso muro di calcestruzzo di colore ruggine sono l'immagine di un ideale sociale: l'edificio non è un bunker esclusivo, ma un filtro, attraverso il quale il mondo pervade la casa. L'edificio è una macchina sociale; la facciata continua di tende è il sipario di un palcoscenico, di uno spazio che mette in scena un nuovo genere di rapporto sociale.
16 La dinamica sociale di uno spazio instabile in continua metamorfosi è stata rappresentata in tempi molto recenti da Petra Blaisse nel Padiglione olandese della Biennale di Architettura di Venezia dello scorso anno. Se gli edifici di epoca barocca, come San Carlo alle Quattro Fontane di Borromini, sembrano mutare continuamente forma agli occhi di chi li percorre, l'installazione di Venezia ha tentato una strada opposta: l'osservatore smetteva di camminare e restava fermo, immobile in mezzo a tende che si spostavano continuamente, scorrendo lungo complesse guide fissate al soffitto e formando stanze sempre nuove, e che compivano curve sinuose all'interno dell'edificio vuoto — come gli irreali costumi liberamente svolazzanti di Isadora Duncan e Loïe Fuller, le famose danzatrici della Belle Époque. Lo studio di Blaisse ha trascorso tre mesi a disegnare tracce nel Padiglione, dividendo e formando gruppi. Non si trattava semplicemente di una scultura abitabile, quanto di un modello per sanare uno spazio vuoto e disfunzionale, nel quale interventi leggeri e temporanei — tende o pannelli di stoffa — consentivano nuove esperienze collettive.
Come ogni buon edificio, l'installazione ha ottenuto un risultato, abbandonando la cornice normativa nella quale lo spazio era stato pensato, progettato e definito. < br/> 17 La turbolenza di un'architettura che creava stanze sempre nuove in un guscio vuoto con mezzi relativamente semplici ha fatto di questo edificio il palcoscenico di un nuovo tipo di collettività: chiunque vi entrasse diveniva oggetto di un atto misterioso, di un'architettura attivista, i cui dinamici movimenti nello spazio consentivano nuovi incontri, nuove configurazioni temporanee, nuove situazioni. L'architettura tessile, che avvolge la vita di una famiglia a Bordeaux, si è ampliata in urbanismo tessile a Venezia. < br/>
19 Il Padiglione di Petra Blaisse ha creato una controesperienza. Era uno spazio senza lettere, senza messaggi, senza attività prestabilite. Non vi era nulla da comprare: era solamente uno spazio di deviazione e diversione, un palcoscenico che invitava, con modi seducenti, a evadere e a fare una sosta, a chiacchierare e a incrociare persone sconosciute. Questa potrebbe essere la materia grezza per una nuova narrazione della vita pubblica. Niklas Maak, Giornalista residente a Berlino, critico d'arte per la Frankfurter Allgemeine Zeitung
Gruppo di progettazione: Petra Blaisse, Peter Niessen con Barbara Pais, Francesca Sartori
Realizzazione tende: Gerriets GmbH; Atelier de Babou—Isabelle Hautefeuille e Anne Vergeron
Realizzazione tappeto: Lifestyle Carpets
Materiali: Seta Indian Douppion e seta Habutai (appartamento per ospiti e appartamento custode); seta Antung-Honan (bagno e camera da letto padronale); PVC (balcone); pellicola lucida (PVC), pellicola trasparente (PVC), ecopelle (PVC), tessuto oscurante (PC, PL, CO) (camere da letto bambini); cotone + pellicola trasparente (zona giorno); maglia sintetica (polietilene) (terrazza)
Completamento: 11/2012